Capitolo 3
Nonna Teresina
La casa di nonna Teresina
aveva pochi vani, quelli abitati erano tutti al piano rialzato, sotto c’erano
la stalla , di fronte al loggiato, e la
cantina situata nella parte più fresca della casa dove il sole batteva di meno.
Una grande finestra dava
luce alla cucina , il camino era collocato un gradino più in alto del
pavimento. Accanto al focolare , ben accatastate una sopra l’altra, una mezza
dozzina di fascine di legna secca.
La stanza attigua fungeva da
magazzino, vi si depositavano gli arnesi da lavoro e ci si potevano
trovare i setacci, la pala per la
farina, i prosciutti e le salcicce . E’ da lì che uscì Aurora con la scopa di
saggina in mano.
Linda aiutava la madre nelle
faccende , Maria si godeva il calore del fuoco scegliendo con cura qualche
pezzo di legna da portare l’indomani al maestro per scaldare l’aula della
vecchia scuola . Il piccolo Luca, in braccio al nonno seduto sulla sedia sbilenca
e nera di fumo posta accanto alla tavola apparecchiata, la osservava
incuriosito.
“Accendi la lintèrna Teresi’
, e scansa quia zicanèlla sta troppe annànzi aje callàre !” Esclamò nonno Petrantonio.
Il bimbo intanto era
scivolato via dal suo grembo ed aveva raggiunto la sorella accanto al camino
attaccandosi al suo braccio. La tirò per la manica ma quella , scrollate le spalle, lo scansò borbottando. Avvilito
sollevò più volte il labbro inferiore fino a coprire quello superiore ,
singhiozzò ma non riuscì a piangere.
Raggiunse i giocattoli
ammonticchiati accanto alla legnaia, li avrebbe dati via tutti volentieri in
cambio di un papà che gli facesse mettere la testa fra le ginocchia, lo
prendesse per le braccia passate in mezzo alle gambette per fargli fare la
capriola in aria. Aveva una gran voglia di piangere e la bocca gli s’incurvava
agli angoli per trattenere il singhiozzo.
Si rannicchiò in un angolo
in attesa che qualcuno si ricordasse di lui .
Linda, sempre lei, s’intenerì, posò il padellino per il
soffritto sulla tavola e lo prese in braccio, arcuò il palmo della mano per
accarezzargli la testina ripiegata sulla spalla e lo coccolò intonando con il
sorriso sulla bocca e un pizzico di malizia la solita cantilena..
“Luca zitte...Luca
zitte...Luca zitte...”
Il doppio senso insito nella
canzoncina suscitò come sempre l’ilarità dei presenti mentre Maria, forse pentita,
osservava la scena in silenzio. La sorella maggiore la fulminò:
“S’iccisa ! E sci che si
scattusa ! Senti che cresciareglio tu fratèglie.”
Ad interrompere il
quotidiano battibecco tra le due sorelle
sopraggiunse la solita domanda
del suocero alla nuora :
“Ha scritte Raffaele?”
Aurora non rispose, sembrava
preoccupata. Posò la ramazza accanto all’acquaio e sganciò dalla lunga stecca
di legno appesa al muro il ramaiolo e
la padella di stagno per la frittata.
Intervenne allora nonna
Teresina.
“La posta vène doppedimà.” Ricoprì con un telo il pane messo a lievitare sull’asse di legno
poi continuò” Virgilio è revenute ,
sìcche , sicche. Quie ciaramataro è
state ferite , ma tene le cereveglie curto . Dove sta non le save . Sime fortunate come glie cane in
chiesa. ”
Pietrantonitte rivolse lo
sguardo verso la foto del figlio soldato appoggiata sulla credenza , alzò gli
occhi al cielo congiungendo le mani in segno di preghiera e sospirò
:“Sand’Antonie me ! ” Poi , rivolgendosi ad Aurora che versava il vino dalla
damigiana nel fiasco “ Lo si pigliàte dalla ‘otte ? Dammene nà cria . Tènghe fridde . ”
La giornata trascorse come
le altre , gli abitanti di quella casa
continuarono ad aspettare il ritorno del congiunto , non potevano sapere che proprio in quel momento Raffaele
combatteva la sua ultima battaglia .
Sempre vigile, presente,
instancabile , sulla linea del fuoco, tra i fischi delle pallottole e gli
scoppi delle granate, pronto ad incoraggiare i suoi soldati .
Quel pomeriggio trascinò il
plotone verso le linee nemiche. Ad un suo ordine i combattenti saltarono fuori
dalle trincee come formiche impazzite, sembravano volare. Qualcuno
colpito in fronte si abbatté al suolo morendo sul colpo , altri , centrati al petto o all’addome, gemendo
nel fango , attesero la morte come una liberazione. I più fortunati ,
feriti alle gambe o alle braccia capirono che sarebbero tornati a casa ,
probabilmente storpi , ma vivi.
Le schegge di granata ne
falciarono a grappoli, il terreno era accidentato, irto di pietre e di spini,
rotto dalle buche delle bombarde. La lotta alla lunga apparve impari , il
sergente si rifugiò con i suoi uomini in una caverna tra le pietraie del Carso,
il nemico la bombardò. Perirono tutti, forse sepolti vivi , forse uccisi
nell’esplosione , nessuno riuscì mai a saperlo con certezza, Raffaele con loro
.
Qualche tempo dopo in Italia
scoppiò la Spagnola, la terribile epidemia decimò il paese . Il virus colpì
anche tanta gente giovane e sana , tra questi Aurora e il piccolo Luca e in
pochi giorni se li portò via , poi altrettanto misteriosamente com’era iniziata
scomparve di botto. Rimaste orfane le due sorelle furono costrette ad andare a
servizio dalla Signora in cambio di un
piatto di polenta scondita e di un giaciglio dove dormire. Nonna Teresina non
poteva permettersi di tenerle con sé, i pochi quattrini che il marito , modesto
cocchiere dei principi Torlonia nella
tenuta di Avezzano, le portava quando tornava a mezz’agosto non bastavano per tutti.
A Linda e Maria fin dalla
più tenera età furono riservati i
lavori più umili, sguattere in cucina, lavandaie al fosso , serve in casa. Costrette ad attingere l’acqua alla fonte ,
a tener pulite le stalle dal letame e
a spazzare il cortile , dedicavano il
poco tempo rimasto alle orazioni
ritirandosi nel tardo pomeriggio in chiesa per il rosario e la funzione
vespertina .
Anche la pensione di guerra
, che era stato loro assegnata dopo l’eroica morte del padre , era finita nelle mani dello zio,
nominato , non si sa bene da chi, loro tutore .
Quando Maria , stanca di
quelle umiliazioni , prima di lasciare il villino andò a chiedere conto di
quanto le spettasse si sentì rispondere che il denaro era servito per
crescerla. Non si ribellò , preferì ingoiare il boccone e chiudere
definitivamente quel triste capitolo lasciandosi tutto alle spalle.
La sorella maggiore ,
d’indole più mite e remissiva, non era invece riuscita a sfuggire quella povera
vita che , se non altro , le assicurava un pasto caldo e un tetto sotto il
quale ripararsi.
Qualche anno dopo restò
incinta , il padre del bambino, un umile mezzadro , preferì squagliarsela ,
andò a cercar fortuna in Argentina,
Linda non lo vide più . Quando
il bimbo venne alla luce la madre lo
chiamò Luca, come il fratellino
scomparso.