Capitolo 15
Più o meno alla stessa ora a
Roma, in un elegante appartamento del quartiere Prati, Barbara aveva appena
finito di cenare in compagnia dei genitori e di alcuni amici di famiglia.
“Sono stanca papà. Posso
ritirarmi ?”Domandò.
Cornelio prima di dare il
suo consenso, si voltò istintivamente per chiedere il benestare alla
moglie, la donna , infastidita, annuì
con un gesto del capo badando a non
perdere di vista il budino spalmato nel piatto. Solo a quel punto l’omino
acconsentì: “Vai pure cara. ”
La ragazza salutò gli ospiti
, uscì dalla sala da pranzo e si avviò verso il corridoio che l’avrebbe
condotta nella sua cameretta al riparo da occhi indiscreti.
Chiusa la porta dietro di sé
si avvicinò alla finestra senza accendere nemmeno la luce, fuori la pioggia era
battente, di tanto in tanto i lampi guizzavano illuminando a giorno il contorno
dei caseggiati ritagliati all’orizzonte, seguiti pochi secondi dopo dal rombo
del tuono che sembrava scuotere le fondamenta del palazzo.
Si soffermò ad osservare i
marciapiede lucidi di pioggia martellati dal temporale. Riflettevano le luci
offuscate della latteria all’angolo mentre un vento gelido spazzava il viale
sottostante . Per strada poca gente , due anziani coniugi avevano trovato riparo sotto un balcone , una coppia di fidanzati era riuscita a sgattaiolare
nell’androne dell’ edificio del civico di fronte. Il portone era rimasto socchiuso,
di tanto in tanto la ragazza , preoccupata per l’ora che s’era fatta tarda ,
faceva capolino per controllare se la pioggia fosse calata d’intensità .
Restò immobile ancora
qualche minuto in quel cantuccio, nascosta dietro ai vetri imperlati di goccioline
d’acqua che , convergendo verso il centro , si raccoglievano in un singolo
rigagnolo per poi scivolare unite verso il telaio in basso .
D’un tratto si scosse dai
suoi pensieri e , con gesti lenti,
cominciò a liberarsi dei vestiti.
Sbottonò la camicetta, aveva deciso di coricarsi per cercare di prendere
sonno , la giornata era stata lunga, quella cena noiosa , il maltempo aveva poi
finito per rendere ancor più malinconiche quelle ore contribuendo a
confezionare quel groppo alla gola che pareva soffocarla.
Afferrò il cuscino
dall’armadio che arrivava fino al soffitto , stava per raggiungere il letto
quando intravide la sua immagine riflessa nello specchio e , soggiogata dalla
vanità , non seppe resistere all’anelito di esplorare il suo corpo che ogni
giorno sembrava cambiare.
Accese l’abat jour
appoggiata sul comò in noce lavorato , alto e panciuto, il viso le s’illuminò,
lasciò scivolare dalle spalle la camicetta ormai slacciata ma prima di sfilare
le maniche indugiò a lungo ad esaminare i seni velati da un reggipetto nero .
Li palpò per accertarsi se fossero cresciuti ancora, li tirò fuori , erano sodi
e floridi , pungenti nei capezzoli circondati da un ombra rosa che parevano
punte di spilli.
Slacciò la gonna che si
fermò sui fianchi, l’allungò fino alle caviglie poi la sfilò. In punta di
piedi, le braccia piegate sui fianchi,
cercò di compiere con lo sguardo un giro completo attorno al suo bel
corpo per controllare le natiche sporgenti che erano sempre state il suo punto
debole . Inutile , la testa seguiva il busto e quello il bacino. Provò
ancora, tese i muscoli fino a restare
senza fiato curvando il collo per
cercare di dirigere lo sguardo . Niente da fare.
Il chiarore della lampada
che si alzava e si abbassava gettando riverberi sulla volta del soffitto
delineava in chiaroscuro le rotondità della ragazza accarezzandole la pelle
liscia con delicati contrasti che esaltavano le sue forme.
Sciolse i capelli e scosse
la testa, allungò la mano per cercare la spazzola senza tuttavia perdersi di
vista. Separò con le dita la frangetta in piccole ciocche che raccolse dietro
la nuca , si rimirò ancora un po’ analizzando ogni angolo del viso , ogni
piccola imperfezione, poi lasciò cadere di nuovo i capelli sciolti sulle spalle
nude. Si avvicinò al suo volto riflesso alitando a pochi centimetri dallo
specchio, girò il viso, prima a destra , poi a sinistra, si scrutò attentamente
alzando un pochino il mento, seguì la curvatura delle ciglia, si allontanò per
un istante , infine si riaccostò all’
immagine e con le dita rincorse il taglio degli occhi.
Si morse il labbro
inferiore, lo umettò con un gesto della lingua, estrasse il rossetto dalla
trousse e lo passò sulle labbra, prima sopra, poi sotto. Lo ripose con cura,
accennò un sorriso di compiacimento, abbassò lo sguardo , impugnò la maniglia
dorata del cassetto e tirò fuori la camicia da notte rigonfia di pizzi . La spiegò , l’arrotolò fino alle spalle e l’
indossò allungandola fino alle ginocchia .
Era già tardi quando s’infilò sotto le coperte , sistemò le lenzuola fresche di bucato , chiuse gli occhi e si lasciò andare . S’addormentò in pochi minuti.