Capitolo 14
In quello
stesso momento ad un centinaio di chilometri dalla capitale aveva appena smesso di piovere e il cerchio
del sole fregiava d’oro i bordi dei nuvoloni scuri montati a panna . Luca ,
uscito dalla grotta di San Lorenzo , il
provvidenziale riparo dove aveva atteso la luce del giorno, aveva preso a
scendere il ripido canalone abbozzato sul versante orientale del monte
Girifalco che conduce a Corcumello e
nel giro di pochi minuti l’avrebbe portato a valle.
La corteccia
fradicia degli alberi e le foglie inzuppate riflettevano nei suoi occhi la luce
del sole che sbirciava dalle nubi ancora basse . L’acqua ristagnava tra i
cespugli poi s’incanalava lungo i rigagnoli della terra trascinando con se le
foglioline staccatesi dai rami degli alberi .
La vallata
sottostante si avvicinava sempre di più, era sterminata , un mosaico di terreni
suddiviso in una serie innumerevole di scomparti verdi e dorati a forma di
quadrato, di triangolo , di rombo e di trapezio. Il riverbero del sole era
abbagliante, al limitare del bosco il paesaggio cambiava, qualche chiazza
marrone , alcune pozzanghere simili a minuscole paludi poi lo sguardo penetrava
i rami degli alberi e scorgeva le acque limpide del lago .
Le ultime balze sembravano
le più pericolose, il sentiero era quasi scomparso e per raggiungere la pendici
del monte occorreva muoversi con cautela aggrappandosi alle sporgenze rese umide dalla pioggia appena accennate sulla roccia.
Dopo aver rischiato più
volte di precipitare raggiunse finalmente le pendici del monte , riprese fiato
, controllò il palmo delle mani graffiato dai rovi , tentò di pulire le ferite
con il fazzoletto che teneva annodato attorno al collo poi si voltò ad
osservare l’ immensa distesa d’acqua che conduceva il suo sguardo fino alle
prime case del paese.
Il lago era di un azzurro
brillante , il sole , ripreso coraggio dopo il temporale , rifletteva la sua
luce ancora incerta su quella superficie
levigata appena increspata da un alito di vento. Accanto ad umile
casolare gli arbusti di oleandro ricamati sulla riva avevano nei fiori il
colore delle rose , nelle fronde il portamento dell’alloro.
Luca salì sul pontile dove
sonnecchiava un anziano pescatore e restò muto ad ammirare quel meraviglioso spettacolo che nostro
Signore sembrava aver affrescato apposta per lui in quell’angolo di mondo.
“Da ...da Pa
..Paliano.”Balbettò il ragazzo colto alla sprovvista.
“Da Paliano ? E che ci fai
da queste parti?”
“Sono venuto per vedere il
lago e visitare il paese.”
L’uomo rimase piuttosto
perplesso a quell’affermazione , con aria interrogativa sollevò il labbro
inferiore , aggrottò le sopracciglia poi proseguì.
“Come ti chiami?”
“Luca.”
“Hai fame Luca ?”
“Ho lo stomaco che tira
calci come un mulo.”
“Siedi accanto a me e
racconta. Se vuoi mangiare dovrai aspettare che abbocchino, forse dovremo stare
qui tutto il giorno.”
Luca fissò quel volto
bruciato dal sole dall’aspetto mite , seguì con attenzione le operazioni svolte
con perizia da quelle mani esperte che,
controllato il mulinello , applicavano l’esca , bilanciavano la canna e
la facevano roteare prima di tuffare l’amo nelle acque tranquille del lago.
Sentiva di potersi fidare, era stremato , piegò le ginocchia , si sistemò a
sedere, lasciò penzolare le gambe oltre le tavole della banchina e cominciò a
raccontare i suoi guai a quell’uomo che sembrava aver tanta voglia
d’ascoltarlo.
Trascorsero là l’intera
giornata , la distesa d’acqua brillava degli ultimi bagliori al tramonto quando
i due raccolsero canne, esche ed ammennicoli vari per far ritorno in paese
. La pesca era stata tutt’altro che abbondante, solo un paio di pesciolini
mezzi morti di fame ammiccavano dalla bisaccia appesa alla spalla del
pescatore.
Una grande macchia scura era
frattanto calata sul lago nascondendo
la riva opposta . Assistito all’ultimo rantolio del sole che, dopo aver ciondolato ancora qualche minuto
sulla linea dei monti, era stato
ingoiato dalle acque del lago Luca raggiunse il suo nuovo amico che si era già
calato sul barcone ormeggiato sotto al pontile.
“Vieni con me?” Domandò il
vecchio al ragazzo cercando di stabilizzare con le braccia l’imbarcazione che
oscillava paurosamente sulle acque inclinata di lato.
“Davvero?”
“Certo.” Poi osservando con
desolazione la sacca pressoché vuota adagiata sul fondo della barca aggiunse “
Se ti accontenti di un pezzo di pane e un piatto di minestra.”
Luca sorrise e con un agile
piroetta balzò a bordo rischiando di far rovesciare la barca . Incrociato per un breve istante lo sguardo
di rimprovero del vecchio che a stento
era riuscito a tenere la linea di galleggiamento , fece finta di niente ,
sciolse il grosso nodo della fune che teneva ancorata la prua al molo, poi sedette accanto al
compagno di viaggio che , artigliati i
lunghi remi, li tuffò con un tonfo
sordo nell’acqua scura .
Giustino, questo il nome del
pescatore , era alto, largo di spalle e ben piantato, sulla maglia di lana portava una lunga giacca di cuoio color
nocciola , sotto la cinta indossava un
paio di braghe di fustagno tenute su con lo spago , coperte , all’altezza del ginocchio , da lunghi stivaloni neri. Aveva il naso a rampino e la bocca sottile ,
sul volto bruno, abbronzato dal sole e incorniciato da una curiosa barba a
mezzaluna, scintillavano due grandi
occhi chiari sottolineati da folte sopracciglia scure. I capelli erano crespi e, a dispetto dell’età , ancora
neri come la notte. Solo qualche riflesso d’argento schizzato sulle tempie e le
profonde rughe , scavate sulle guance e sulla fronte dal sole e dalla vita ,
lasciavano intuire che nel suo girovagare quell’uomo aveva osservato per almeno
settanta volte il tradizionale rito del succedersi immutabile delle stagioni.
Il sole in agonia aveva
insanguinato la linea dell’orizzonte schizzando il cielo di pennellate
vermiglie , al di là della sponda che s’avvicinava apparivano i contorni del
bosco, la luce di madreperla freddava i colori , la mano del Signore incupiva
il paesaggio mentre gli ultimi chiarori del giorno tessevano ricami di
straordinaria bellezza.
I viaggiatori accostarono ,
la foschia che li aveva accompagnati fino a riva si diradò all’improvviso e , al di là del bosco , apparvero le
luci di Corcumello, Giustino scese dalla barca, la assicurò con una robusta
corda all’ ormeggio e s’avviò verso quelle luci seguito da quel curioso
turista.
Nell’aria l’odore intenso
del fumo che si diffondeva dai comignoli e quella fragranza d’erba bagnata che
gli ricordava tanto il suo paese , avvertì un senso di nostalgia , rabbrividì
pensando a quel che aveva lasciato, tornò col pensiero a Barbara, al profumo
della sua pelle. Il desiderio di
rivederla gli cresceva dentro come fanno i funghi nell’umidità, ingoiò a
fatica, sentì il caldo delle lacrime
salirgli agli occhi ma le ritenne.
Entrarono in paese, un
fastidioso abbaiare di cani interrompeva di tanto in tanto il primo canto dei
grilli e le gaie risate di una frotta di marmocchi scalmanati . Accanto alle
abitazioni mucchi di legna da ardere se
ne stavano accatastati l’uno accanto
all’altro .
Una donna anziana , seduta sul gradino dell’uscio di casa, strofinava le mani tentando di mitigare il
freddo, a pochi passi un giovanotto grande e grosso , probabilmente il figlio,
ammonticchiava un covone di fieno sotto il muso di una cavalla che scalciava
assillata dal succhiare ininterrotto del puledrino appiccicato alle sue
mammelle gonfie.
Una giovane mamma , tenera e premurosa , col viso segnato dalla
fatica e gli occhi cerchiati dalla veglia , offriva il seno turgido alla bocca
della sua creatura accostando con l’indice ed il medio il capezzolo a quelle
tenere labbra. Il marito le sedeva accanto e osservava intenerito il piccolo
ora accarezzandogli la peluria rada che aveva sulla testa, ora cercando di divertirlo col il tintinnio
metallico di una grossa chiave ritmata contro il manico di una pala appoggiata
alla porta socchiusa della stalla .
Dentro la stalla era buio ,
le pareti trasudavano umidità ed un rivoltante puzzo di bestie. All’interno un
ragazzino scuro d’occhi , di pelle e di capelli , rinnovava lo strame, puliva con cura le lettiere, lavava lo
smaltitoio togliendone il letame , portava il mangime alle greppie e mungeva il
latte alle vacche. Si dava un gran da fare, sembrava infaticabile. In uno
stanzino attiguo il nonno impugnava il falcione e preparava il foraggio per gli
animali, persino lì era stato collocato un altarino della Vergine per
proteggere le bestie.
Luca sentì il vento
mordergli la faccia e l’aria fredda della sera
penetrargli nelle ossa , continuò il suo cammino seguendo le orme del
suo anfitrione , altre povere case gli
passarono accanto una simile all’altra , finché non arrestò il suo cammino di
fronte ad una casupola isolata scivolata in un buco alla periferia
dell’abitato.
Era una modesta casetta a due piani protetta da un tetto di legno e tegole ,
addossata a questa una piccola tettoia custodiva gli attrezzi da lavoro per il piccolo orto adiacente.
Giustino invitò il giovane
amico ad entrare in casa . Era angusta ma
l’atmosfera era calda ed accogliente, la brace che sonnecchiava in fondo
al focolare stentava a rischiarare l’ambiente . A cercare di ravvivarla , in
ginocchio, di lato , una donnetta
gracile dal colorito giallo e le guance infossate , completamente vestita di
nero, che avvicinava con un lungo bastone i ramoscelli secchi dal bordo verso il centro del camino.
Il padrone di casa presentò
il ragazzo.
“Emma, questo è Luca.”
La donna si voltò lentamente
non trascurando di continuare ad attizzare il fuoco che aveva finalmente
ripreso vigore , poi, persuasa della
vitalità delle fiamme accostò la pertica alla parete , si alzò e avvicinò una
seggiola, con le gambe di legno ricurvo e il fondo di vimini, all’ospite che
ricambiò con un impacciato sorriso di circostanza la cortesia di quella che
doveva essere la figlia del pescatore.
Le nuvole nel frattempo si
erano dileguate e fuori brillava un gran lunone bianco, Luca , sfinito , si
accomodò su quella provvidenziale sedia che,
dopo tante ore all’addiaccio,
aveva per lui l’aspetto di un autentico trono . Con un sospiro si lasciò
andare reclinando il capo sul petto , distese le gambe legnose sotto al
tavolino e abbandonò le braccia lungo i fianchi fino a lambire il
pavimento.
“Stanco?”Osservò divertita
Emma.
“Distrutto.”Rispose Luca
preso alla sprovvista cercando di ricomporsi sulla sedia.
“ Stai. Stai. Non ti
preoccupare. Adesso preparo qualcosa da mettere sotto i denti.”
Il fuoco aveva ripreso a
saltellare nel focolare proiettando con gradazioni sommesse il suo chiarore
sulla parete di fronte , ad aiutarlo ad illuminare la cucina un paio di candele
con lo stoppino ricurvo mezzo soffocato dalla cera.
La donna sospese il paiolo
di rame sopra al fuoco ed offrì un bicchiere di vino rosso all’ospite.
“Riscaldati. Intanto che
cuoce la pasta ...” si interruppe di
colpo e tese l’orecchio portando contemporaneamente il dito davanti alle labbra
per invitare al silenzio i presenti , dalla stanza accanto s’udiva flebile il
frignare di un bambino.
“Clarice! Scusami tanto
figliolo ,devo lasciarti , la piccola piange.”
Luca fece per alzarsi, ma
quella ponendogli una mano sulla spalla lo trattenne : “Comodo! Comodo!” Poi, rivolta al padre : “Ai cucinati ci
pensate voi papà ? E apparecchiate! Nel cassetto della dispensa , l’ultimo in fondo, c’è la tovaglia . Quella rossa di
bucato! Mi raccomando. ”
L’uomo alzò gli occhi al
cielo e si avvicinò al paiolo di rame che bolliva sul fuoco , alzò il coperchio
e lasciò che il fumo si diradasse, poi, annusando la fragranza liberata
nell’aria, afferrò il mestolo appeso
al camino , lo tuffò nel minestrone e
assaporò la pietanza per saggiarne
l’aroma e controllarne la cottura .
“Ancora qualche minuto.”
Sentenziò .
L’aria sapeva di pancetta ,
di fumo e dei vapori che si levavano dalle patate bollenti. Ravvivò il fuoco
nel caminetto e tornò a sedere, ma subito dopo , memore delle raccomandazioni
della figlia , più simili in realtà a precise e inderogabili disposizioni , si
rialzò con una sorta di grugnito e cominciò di malavoglia a tirar fuori
scodelle , cucchiai e bicchieri dalla dispensa per disporli sulla tavola
continuando nel contempo a brontolare e sacramentare.
Accanto agli alari
incandescenti intanto una gattina nera dal pelo lucido e dagli occhi gialli e
scintillanti , per niente intimorita da quell’insolita presenza ,
fissava incuriosita il nuovo arrivato seduta nel cerchio della propria
coda.