Capitolo 19
La notte non era ancora
tarda quando Luca scorse dal finestrino le luci di Roma , pochi minuti dopo il
treno fermò la sua corsa al binario sei.
Il ragazzo aiutò il
colonnello a scendere , ad aspettarlo in capo al convoglio c’era una donna ,
forse la figlia , i due compagni di viaggio
si salutarono poi si allontanarono in direzioni opposte .
L’aria era fredda ma non
aveva nulla a che vedere con quella delle sue parti, guardò in alto, il tempo sembrava incerto , il cielo non
prometteva niente di buono. Per strada non c’erano che pochi passanti , qualcuno
conversava su quanto era accaduto qualche ora prima in un vicolo poco lontano.
Camminavano tutti quasi di
corsa, Luca non riusciva a capire il motivo di tutta quella fretta , cercò di
fermarne qualcuno per chiedere informazioni ma solo al terzo tentativo riuscì
nel suo intento.
L’omone cui s’era rivolto
sembrava cordiale.
“Sapete dirmi come posso
arrivare in via Pompeo Magno?”
Il casuale interlocutore
apparve perplesso.
“Da qui?”
Luca alzò le spalle , aveva
capito che non sarebbe stato tanto facile accontentarlo.
“Ci sarà da trottare, ma non
è poi così lontano. Il tram che passa da quelle parti lo troverai in fondo a
quel viale alberato, poi dovrai proseguire a piedi . Ascoltami bene.”
L’omone cominciò a parlare e
, con dovizia di particolari , fornì a
quel curioso forestiero che sembrava venire da tanto lontano tutte le possibili
indicazioni sulle vie da percorrere , soffermandosi a precisare alcuni
importanti punti di riferimento che gli avrebbero impedito di perdersi nella
fitta ragnatela di strade e piazze della capitale.
Quando quasi un’ora più
tardi Luca attraversò ponte Margherita capì d’essere quasi arrivato, Barbara
gli aveva più volte descritto la zona, a quel punto sarebbe riuscito ad
arrivare davanti al suo portone anche ad occhi chiusi.
Il filarino di pioppi ai
bordi del viale era proprio come l’aveva sempre immaginato, La stanza al terzo piano dell’elegante
palazzina era ancora illuminata, dalla finestra socchiusa arrivavano nitide le
note di un pianoforte . Non era troppo tardi e nessuno sembrava lamentarsi .
Quella melodia Luca la conosceva bene, l’aveva sentita suonare tante volte da
Barbara nel grande salone a piano terra del villino. Capì d’averla trovata.
Il portone era aperto, si
guardò intorno, non c’era nessuno, salì le scale a quattro per volta ed arrivò
trafelato di fronte alla porta di noce dell’interno 10. Riprese fiato,
controllò il nome sulla targhetta d’ottone , la mano si ritrasse un paio di
volte dal pomo del campanello poi, finalmente,
trovò il coraggio di pigiarlo.
Quando l’omino sentì suonare
restò indeciso sul da farsi, forse sarebbe stato meglio non aprire. Chi poteva
mai essere a quell’ora?
La moglie ne interruppe i
pensieri.
“Non hai sentito il
campanello?”Disse con la solita aria di sufficienza provocatoria.
Non le rispose , come
sempre, eppure era curioso, si avvicino all’uscio , sollevò il piccolo cerchio
dorato ed osservò dallo spioncino inquadrando l’ospite che teneva la mano sulla
placca bronzea della porta di noce sagomata dalla cornice di marmo peperino.
“Possibile?” Pensò tirandosi
indietro di scatto. S’avvicino di nuovo al forellino , tornò a guardare sul
pianerottolo! “Ma sì è proprio lui.”Esclamò ad alta voce.
Spalancò la porta.
“Luca? Che ci fai qui?”
“Buonasera…c’è Barbara?”
Cornelio non aggiunse altro
, lo prese per mano, passò di fronte alla moglie rimasta di sasso sulla
poltrona del salotto e bussò alla porta della camera in fondo al corridoio..
“Barbara? Posso entrare?”
La figlia , piuttosto
seccata, sbuffò .
“Va bene papà? D’accordo! E’ ora di smettere. Tra un minuto. “
“Ci sono visite per te.”
L’espressione del viso
cambiò, si fece riflessiva, pensò d’ aver capito male . Chi mai poteva volerla
vedere? A quell’ora poi? Comunque era tardi, smise di picchiare sui tasti , si
avvicinò alla porta ma non fece in tempo a raggiungerla , Luca l’aveva già
aperta. Nel rivederla sentì il cuore salirgli in gola , il desiderio
d’abbracciarla sembrava incontenibile
ma seppe trattenersi.
“Luca!” Esclamò la ragazzina. “Sei proprio tu?”
Un istante dopo era già tra
le sue braccia. Il nuovo arrivato cercò lo sguardo dell’omino, Cornelio con un
gesto bonario della mano lo invitò a ricambiare quell’abbraccio , i due si
strinsero forte.
“Amore mio. Sei arrivato
finalmente!”
“Ne dubitavi davvero?”
Barbara lo guardò estasiata,
l’accarezzò avvertendo il ruvido della barba incolta, lo baciò teneramente
sulle labbra, le parole a quel punto diventarono superflue e lasciarono il
posto ad un silenzio ben più eloquente.
In quel momento sulla soglia
della stanza apparve la madre , osservò per qualche secondo i due ragazzi
ancora abbracciati , rivolse un’occhiata interrogativa al marito. L’incontro di
quegli sguardi durò poco, sul volto di entrambi la perplessità mutò in sorriso
poi , all’unisono, scoppiarono in una
fragorosa risata.
“Vi lasciamo soli.” Disse
Cornelio impugnando con una mano la maniglia della porta e cercando con l’altra
la spalla della consorte “Avrete un sacco di cose da raccontarvi. Mi
raccomando però! Solo pochi minuti , andiamo a preparare la stanza degli ospiti
. Per parlare avrete tempo domattina!”
Il vento fuori serpeggiava
tra le siepi e restava intrappolato tra le fronde dei pini, le ombre della
notte si erano fatte più fitte , nel cielo era spuntata ancora una volta la
luna, quella stessa luna che poco lontano , in un piccolo paese della
Marsica , stentava a farsi largo tra le
nuvole gonfie di pioggia.
Luca era sicuro, un giorno non tanto lontano sarebbe tornato ad osservare le stelle che brillano tremule nel cielo d’Abruzzo convinto, come sempre, di poterle contare.