DIARIO
Donne
La notte dormivo in camera con mio cugino Maurizio,ma le notti allora non erano fatte per dormire,il tempo rimasto prima del ritorno in cittą dovevamo utilizzarlo per colossali sbornie e divertenti burle.
Al ritorno dalle nostre ragazzate anche le poche ore che restavano prima dello spuntar del giorno le impiegavamo per parlare dei nostri tormenti d'amore,la passione per l'altra metą del cielo cominciava infatti a far breccia nei nostri giovani cuori.
Ognuno di noi era pił o meno segretamente innamorato , il guaio pił grosso consisteva nel fatto che, essendoci in giro ben poca fauna di sesso femminile rispetto alla gran quantitą di maschi in calore,si era tutti in caccia della stessa selvaggina.
Come era gią accaduto ai nostri fratelli maggiori era arrivato anche per noi il tempo degli ormoni in fermento e dei balli notturni in piazza,al campo di bocce di Nannina o in qualche confortevole prato in fondo al paese sotto un cielo trapuntato da migliaia di stelle complici o rischiarato da una Luna impicciona.
Qualche anno dopo ci si inizierą a nascondere nelle stalle al riparo da occhi indiscreti e le cose cominceranno fatalmente a complicarsi
ma per ora l'amore ,quello con la "a" maiuscola,č ancora lontano nel tempo, vuoi mettere al suo confronto una piacevole "passatella" o un'incursione notturna nei campi per farsi una gustosa "cotta" di patate alla faccia di quel povero contadino che ha faticato tutta una stagione per strappare qualche frutto al suo arido podere!
Nel periodo compreso tra gli ultimi giorni d'agosto e la fine di settembre le nostre bravate raggiungevano il culmine, la maggior parte dei "romani" se ne tornava in cittą e il paese restava alla nostra completa mercé , senza pił freni forzavamo la serratura delle abitazioni ormai disabitate soltanto per il gusto di farci un caffč, tracannare bibite,vini e liquori lasciati sconsideratamente nelle cantine o per farci una spaghettata con il necessario scovato nella credenza delle cucine.
Quando il sole tramontava al di lą dei monti e s'avvicinava l'ora di cena non era il caso d'allontanarsi,nei cortili e nei portici di fronte alle case si sentiva quel tipico profumo di cucina che fa venire l'acquolina in bocca,i papą cominciavano ad affettare il pane e le mamme mettevano l'acqua sul fuoco per la pasta,c'era solo il tempo per fare un salto nella fucina di zio Aristide,l'Archimede Pitagorico del paese, falegname fabbro,idraulico e via dicendo,qualsiasi cosa vi venga in mente lui la sapeva fare.
Uno spettacolo vederlo lavorare tra le mura della sua officina tra limature,trucioli di legno,pennelli,viti, chiodi di tutte le misure e strani arnesi che solo lui sapeva far funzionare.
Sulle pareti grezze erano attaccati i poster a colori di vecchi film del ciclo "spaghetti western"che allora andavano per la maggiore e l'interno era impregnato di un particolare odore di colla e vernici,tutto era perfettamente in ordine ed anche il pił insignificante pezzetto di legno il pił piccolo avanzo di nastro adesivo era conservato con cura in un' arrugginita scatola di latta di biscotti, poteva tornar utile pił in lą per qualche lavoretto.
Il vecchio zio Aristide, magro come un chiodo,il naso adunco e la barbetta bianca ,mal rasata e ispida era muto ma riusciva a comunicare con tutti noi grazie a quel misterioso aggeggio nascosto dietro l'orecchio che amplificava la sua voce dandole un singolare timbro metallico.
Era l'anima della festa che si teneva in paese a metą agosto in onore del patrono del paese,Sant'Antonio, dalle sue abili mani sottili e scarne prendevano forma ogni anno i fondali per gli spettacoli serali, le decorazioni, gli ornamenti e i festoni, che ciondolavano sospesi tra una casa e l'altra ma soprattutto Gemma,l'inquietante pupazzona di legno e cartapesta che ballava in piazza al ritmo incalzante della banda ,animata dalle gambe in gił dal vigore dei giovanotti ,simulacro di gioia e trepidazione per dozzine di bimbi che le correvano incontro durante la sua danza rituale per poi darsela a gambe levate quando piroettando si faceva troppo vicina e che, attoniti, la osservavano lentamente bruciare alla fine dei festeggiamenti.
Era sempre questo misterioso ed eclettico Geppetto che organizzava i giochi dei bambini, la corsa dei sacchi, la gara della pignatta, quella della pastasciutta o l'albero della cuccagna.
Il grasso opportunamente spalmato, per rendere pił ardua la scalata, sull'alto palo interrato perpendicolarmente di fronte alla bottega di Nannina non riuscģ ad ostacolare la sicura arrampicata di un esemplare metą ragazzino metą scimmia come me (ricordate?) ed anche il fortino che riuscģ ad afferrare in cima all'albero della cuccagna,vincendo quella competizione in chissą quale anno, era opera sua.
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