DIARIO
Pioggia in paese
Purtroppo il fantastico modellino di "Forte Apache" sopravvisse il breve spazio di un mese,rientrato infatti a Roma dopo le vacanze,quelle quattro sottili palizzate di legno separate da altrettante torrette ,malgrado la strenua difesa delle intrepide giacche blu,bruciarono sul parquet della mia stanza a seguito dell'incendio appiccato da una coraggiosa banda di indiani ribelli fuggiti dalla riserva che ancora una volta sconfissero gli invasori bianchi.
Anche la gara della pastasciutta era,è proprio il caso di dirlo,"pane per i miei denti",un vero specialista!
Mani legate dietro la schiena curvata in avanti e occhialetti ,come al solito, allacciati con un elastico dietro la nuca per non farli scivolare dal naso nella foga della sfida,al via inabissavo la mia faccia nella scodella spazzando via in pochi minuti quel fumante intreccio di spaghetti ,poi con il muso e il colletto della maglietta insudiciati dal buon sugo di lepre cucinato da zia Rosina , giravo il capo verso destra e verso sinistra per una rapida occhiata ai piatti degli avversari ancora pieni a metà e, petto in fuori,mi concedevo al gagliardo applauso della folla che assisteva alla competizione circondando il monumento di fronte al quale era stata imbandita la tavola .
Scendeva poi la sera, si diffondeva l'intenso odore dei camini accesi tutt'intorno,il freddo si faceva pungente e l'aria , gonfia di pioggia,
annunciava imminente il temporale mentre i primi tuoni brontolavano rimbalzando da una cima all'altra dei monti che circondano il paese.
Un lampo folgorava la Cona,ancora un cupo fragore di rombi,lo stormire delle fronde degli alberi poi il cielo si faceva più scuro e cominciava a tirare secchiate d'acqua sulle case che previdenti avevano serrato le imposte. Una folgore rantolava più vicina la pioggia veniva giù sempre più fitta ed io mi godevo lo spettacolo al riparo sotto l'arco della scuola,batteva insistente sui tetti poi scivolava lungo le grondaie riversandosi nei catini e nei barili , dopo averli colmati traboccava sul terreno impregnato e prendeva a serpeggiare tra i sassi bianchi e viscidi portando con sé terriccio e ciottoli,infine si raccoglieva nell' incavo ai piedi del monumento ai caduti e con un ultimo sussulto spariva ingoiata dal tombino di fronte alla piazza sotto la croce di ferro.
Nelle stalle gli animali cullati dal picchiettio della pioggia sulle travi di legno s'addormentavano esausti.
Dal mio confortevole rifugio udivo forte le grida e lo schiamazzo dei vecchi che fumando e bestemmiando giocavano a briscola nella bottega di zio Adolfo discutendo animosamente per il lancio di una carta piuttosto che un'altra.
Chi s'era attardato,ingannato da un sole incerto,a passeggiare sulla via della Madonna tornava precipitosamente in paese con la giacchetta sulla testa per ripararsi dalla pioggia sempre più battente.
Le ombre sparivano completamente,l'odore d'erba bagnata si faceva più pregno,il martellio del temporale più incessante e si scatenava il finimondo poi,come per incanto,la pioggia prendeva a scemare e tornava a far capolino timido il sole.
La gente tornava in strada e solo il petulante ticchettio delle gocce d'acqua che dalle grondaie cadevano nei recipienti e nelle tinozze attorno agli edifici ricordava loro l'acquazzone che ormai, balbettando gli ultimi mugugni d'agonia ,s'allontanava verso Pianezze offuscato da una densa coltre di nebbia che copriva le cime più alte.
Ancora il tempo per una partita a bocce una partita a carte o una camminata lungo la via del braccio fino al muretto per ammirare il sempre sbalorditivo spettacolo dell'arcobaleno che solcava il cielo sopra la torre, poi di nuovo a casa .
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