DIARIO

Fiume Liri

Tuttavia il luogo preferito da tutti noi, dove trascorrevamo spensierati gli assolati pomeriggi estivi, era il "fiume".
Raggiunta, attraverso la via delle Scalette o quella dei Vignavi ,la statale che raggiunge Petrella Liri dopo una lunga teoria di curve e brevi rettilinei, la lasciavamo dove oggi è collocato il secondo bivio, allora non esisteva, che porta in paese entrando dalla parte opposta alla via della Madonna.
Scavalcato il muretto di recinzione della strada ci addentravamo nella vasta distesa erbosa che si estende fino a raggiungere all'orizzonte le pendici dei monti di Pianezze.
Dopo un paio d'ore di faticoso cammino raggiungevamo il fiume Liri,un sinuoso fiumiciattolo che serpeggia tra l'erba alta e ad ogni ansa raccoglie le sue acque in stagni limpidi che ,risucchiati dal fondo melmoso, si lasciano andare a qualche rapida piroetta prima di tuffarsi in spumeggianti cascatelle .
Senza indossare costumi che nessuno di noi possedeva ci immergevamo nell'acqua gelata di quel torrente annaspando come cagnolini cercando, con la punta dei piedi ,il fondo lastricato dai ciottoli levigati .
Un pomeriggio sguazzavamo allegramente completamente nudi in quelle acque limpide assieme ad un gran numero di pesci e girini quando si presentarono, ospiti inattese, le ragazzine della comitiva che, sdraiatesi tranquillamente lungo le sponde ,cominciarono a conversare tra di loro impedendoci di uscire da quel fiume gelido.
Infine, paghe della burla, si decisero, quando già l'ombra della sera era scesa sulle rive, a lasciarci in pace e , imboccato il sentiero appena tracciato nell'erba, s'avviarono lungo la via per far ritorno in paese.
Emergemmo finalmente da quelle acque glaciali simili a bastoncini Findus e chi pagò il prezzo più alto di quello scherzo fu Nino che si beccò una mezza polmonite terminando anzitempo la sua vacanza .
Quante ne combinavamo!
A sera ,quando i nostri fratelli più grandi andavano a ballare nella veranda della scuola ,c'armavamo di palloncini ,opportunamente riempiti d'acqua alla fontanella collocata all'inizio del paese,e cominciavamo un fitto lancio all'indirizzo delle coppie lascivamente avvinghiate che si lasciavano andare ai peccaminosi balli lenti di quel periodo,fuggendo subito dopo velocissimi per sparpagliarci in tutte le direzioni inseguiti dai maschi del branco che quando riuscivano a pizzicarci non esitavano a metterci la testa sotto il getto della fontanella per insegnarci a non rompergli più le uova nel paniere.
Una notte ci introducemmo di nascosto, scavalcando furtivi il cancello del cortile, nel villino della maestra sottraendole tutti i vasi di fiori che mettemmo a mollo nel lavatoio di Fonti Nova,non soddisfatti tornammo in paese e sostituimmo una ad una tutte le tendine scacciamosche alle porte delle case che affacciavano sulla via principale partendo da via della Madonna fino a raggiungere Pagliaterra.
Protette dalle tenebre delle ore notturne le nostre scorribande si facevano ancora più audaci come quando, schierati in fila indiana lungo il viale di fronte alla bottega di zio Adolfo con i calzoni calati fino alle ginocchia,con il minimo "sforzo", "mollammo" le nostre pestilenziali "creature"che vennero scoperte con evidente ribrezzo dai primi passanti del giorno dopo.
Ancor più grossa la combinammo quando in piena notte entrammo di soppiatto in chiesa , sgattaiolammo in sacrestia ed acceso il vecchio giradischi utilizzato da Don Ezio per richiamare i fedeli al vespro serale o alla funzione domenicale ,sostituimmo sul piatto il disco dell'"Ave Maria" con quello di "Whola Lotta Love" dei Led Zeppelin,il silenzio della notte fu improvvisamente squarciato dal ritmo incalzante di Robert Plant e soci che svegliò l'intero paese mentre una dozzina di folletti dispettosi si dileguavamo protetti dall'oscurità.
A settembre la mia famiglia rientrava a Roma ma io rimanevo a Pagliara ospite di zia Marcella , delle sue dorate patatine fritte e delle sue deliziose minestrine, fino all'inizio della scuola che allora non cominciava prima di ottobre.

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