DIARIO

Marcolino nel paese delle Meraviglie

Di tanto in tanto si andava tutti insieme sotto un sole rovente a dar la caccia a lucertole,serpi e altre povere bestiole ,domiciliate,poverine, sul monte Gerifalco o nei dintorni di Pianezze,in qualche caso, in mancanza di prede,finivamo per prenderci di mira tra di noi con spiacevoli conseguenze per i più sfortunati centrati da pietre micidiali lanciate da fionde sempre più evolute.
Sulla montagna, nei pressi della diramazione dove la mulattiera prosegue verso la cona o scende in direzione del bottino dell'acqua,avevamo costruito con pietrisco,grossi massi e cemento una sorta di fortino dove ci trinceravamo in attesa dell'arrivo degli immaginari briganti provenienti dalla vecchia torre in rovina che si ergeva di fronte l'Arcigalante. Più a valle tra la fitta vegetazione al di sotto della via della Madonna, all'altezza del cimitero,avevamo edificato una capanna decisamente più rifinita.
Dopo aver interrato grossi rami nodosi nel terriccio umido del sottobosco accanto ai pianili, li avevamo legati insieme con arbusti verdi e pruni spinosi lasciando una piccola feritoia , protetta da una porticina di rami intrecciati, per consentire l'ingresso , avevamo poi innalzato una sorta di tetto con ramoscelli verdi, paglia e foglie secche ,e infine piastrellato l'interno con mattonelle sottratte proprio in casa mia ,necessarie per una delle tante ristrutturazioni di "villetta Fernandella".
Non sempre uscivo con i compagni,spesso preferivo restarmene nello spiazzo di fronte casa a giocare per conto mio,disponevo buona parte del mio esercito di soldatini,quelli minuscoli dell'Atlantic, sulle mattonelle del terrazzino,gli altri ,nascosti nel parapetto di mattoncini che separava la veranda dal piazzale,erano pronti a tendere l'imboscata .
Dopo averli distribuiti meticolosamente lungo l'intero perimetro della loggia davo inizio alla carneficina,tedeschi,inglesi,americani e giapponesi,non meno di duecento combattenti con tanto di pistole,fucili e mitragliatrici,s'affrontavano in eroiche battaglie che difficilmente terminavano con un vincitore .
Spesso mi recavo con papà al villino della maestra a Fonti Nova. Il baldo genitore conversava con zio Italino che,ormai quasi completamente cieco, impiegava il tempo rimastogli ad impagliare sedie,nel frattempo io e Lucietta,la nipote che veniva in villeggiatura da Guardiagrele,dopo aver gustato la crostata ancora fumante preparata da zia Rosina, correvamo a giocare in giardino.
Arrivava l'ora del pranzo e quando papà veniva a cercarmi per rientrare in paese, il più delle volte mi trovava sdraiato all'ombra degli alberi ad assaporare serenamente insieme alla mia compagna di giochi le mele appetitose dell'orto di zio Italino.
Non dimenticherò mai le simpatiche gote vermiglie di quella ragazzina, le treccine more che incorniciavano quel grazioso visetto e i suoi occhioni scuri, né potrò scordare la spensieratezza e l'allegria di quelle ore trascorse insieme.
Solo qualche estate insieme poi scomparve,era cresciuta , la vacanza in montagna dalla zia, evidentemente, non le bastava più.
Vent' anni dopo, inattesa ,la sorte volle che le nostre strade s'incontrassero nuovamente,un dialogo epistolare che durò un paio d'anni scaturito dal fortuito incontro con la sorella Maria Grazia, che ne prese il posto al villino, con la quale pure ebbi una sincera amicizia e tenni, al ritorno dalle vacanze,un nutrito scambio di lettere per diverso tempo.
All'epoca le chat non esistevano , se volevi scambiare quattro chiacchiere con qualcuno dovevi prendere carta e penna, recarti dal tabaccaio o presso l'ufficio postale e spedire la missiva con tanto di francobollo attendendo pazientemente che il postino la recapitasse per poi aspettare che l'eventuale risposta percorresse il cammino inverso.
Il tempo reale delle e.mail era ancora lontano ma l'attesa stuzzicava la fantasia e stimolava l'ingegno rendendo molto meno virtuali le amicizie.
Stiamo parlando tuttavia di avvenimenti di là da venire,ingraniamo la retromarcia e torniamo a quel tempo fatato.

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