DIARIO

La sera delle tonsille

La sera dell’operazione ,saranno state le sei del pomeriggio,il cielo era buio e pioveva forte,rivoli d’acqua si formavano sui vetri della finestra accanto al lettino,la pioggia tintinnava insistente, accanto a me c’erano mamma e Liliana, la domestica, d’un tratto entrò un infermiere, ci chiese di prepararci. Mamma fece per accompagnarmi ma fu trattenuta da quell’omone tutto vestito di bianco,per nulla rassicurante.
Poco dopo mi trovai dentro un grande e freddo ascensore tutto in metallo con il carnefice e Liliana, ma giunti al piano,prima di entrare nella stanza degli orrori,l’infermierone le ordinò di fermarsi, con gli occhi rossi che trattenevano a stento le lacrime cercai lo sguardo rassicurante della mia ultima amica,poi avvertì la mano ruvida del mio accompagnatore nella mia e con il capo chino varcai la soglia.
Alzai lo sguardo e mi guardai attorno c’era un forte odore di disinfettante ,dava alla gola, prima ancora di potermi rendere perfettamente conto di quel che stava per accadere mi afferrarono,mi legarono ad una sediaccia mani e piedi e mentre l’infermiere mi teneva fermo il chirurgo mi spalancò la bocca infilandomi un ferro in gola e l’altro nel naso. Provai a liberarmi dimenandomi come un forsennato ma fu tutto inutile.
Probabilmente quel medicastro quel giorno aveva una gran fretta ma certo non fece nulla per incoraggiare quel bambino spaventato, strappò quel che doveva e mi lasciò a vomitare sangue,poi rivolgendosi a quell’altro tipastro lo invitò a riaccompagnarmi in camera.
Rimasi amareggiato per quel trattamento che proprio non mi aspettavo, ero triste, ma non potevo proferir parola , fui costretto a tenerni tutto dentro.
Fu la prima esperienza di vita,compresi da quel giorno che quando ti rode qualcosa è inutile parlarne con gli altri, meglio inghiottire il rospo e aspettare che ti passi. Mamma tentò di consolarmi ma non volevo nessuno intorno,mi avevano ingannato,lei per prima con tutte quelle chiacchiere per tentare di tranquillizzarmi, mi avevano raccontato un mucchio di bugie e mentire allora era un peccato grave per i bambini ,figurarsi se a raccontar frottole erano i grandi.
Aprirono l’armadietto e tirarono fuori il premio...quel povero orsacchiotto volò nella stanza colpito al centro di quell’antipatico muso bianco,da un violento pugno sferrato con tutta la rabbia che avevo in corpo.
Pian pianino dimenticai quell’amara giornata , la collera si raffreddò , tra gli scaffali della mia cameretta,tra soldatini e automobiline, ritrovai Clemente lo portai con me per qualche notte tentando di ricucire quel rapporto reciso sul nascere. Diventò un amico inseparabile con cui dividere le gioie e i timori della fanciullezza.
Qualche anno dopo, quando ormai grandicello già pensavo alle ragazze e alla musica rock, ricordo che mamma lo scovò sporco e impolverato tra le cianfrusaglie dello sgabuzzino.
Lo regalammo ai bambini poveri insieme ai vestiti che non ci stavano più e alle scarpe troppo strette...provai un nodo alla gola ,era triste separarsi per sempre da quel simpatico amico peloso.
Chissà dove sarà ormai? Probabilmente sarà stato buttato nella spazzatura o dimenticato in qualche soffitta buia, ma forse, chissà, anche in questo momento un bimbo spaventato lo stringerà al petto chiedendo a quel musetto bianco e a quegli occhioni tristi un conforto nelle notti scure piene di streghe e lupi cattivi.
Già quant’erano lunghe le notti quand’ero piccolo!

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