DIARIO
Notti di paura e giochi di bimbo
Chi pagava il conto di quelle interminabili notti era Paolo che
nel cuore della notte mi sentiva scivolare nel suo letto morto di paura.
Comprendeva la mia angoscia e mi lasciava dormire il resto della
notte insieme a lui,in fondo qualche anno prima aveva vissuto quelle
stesse paure chiedendo aiuto a Piero tenendo stretti i capelli del
fratello maggiore tra le manine per farsi coraggio.
Aurora m’accompagnava al bagno,la chiamavo con un fil di
voce ,svelta svelta s’alzava dal suo letto e mi prendeva per mano.Non
inforcavo neanche gli occhiali , mi lasciavo guidare lungo il corridoio
che portava al bagno grande,mi restava accanto fino a che avevo
svuotato il serbatoio poi mi riportava a letto.
In quel tempo ero io la femminuccia di casa considerando anche
il fatto che i fratelli si divertivano a dirmi che ce l’avevo di gomma
importato da Hong Kong.Non me la prendevo ero il più piccolo di
casa e mi divertiva averli intorno . Lella invece se la prendeva tanto
per gli scherzi dei fratelloni soprattutto quelli orditi dal più grande.
In attesa del pranzo seduti sulla panca attorno al tavolo del
tinello io e Paolo con il piatto tra le mani fingevamo di guidare
l’automobile mentre Piero cominciava a stuzzicare Aurora,a quel
tempo piuttosto paffutella,chiamandola Aurora Turina. Il pianto della
poverina arrivava alle orecchie di mamma che in cucina stava
finendo di preparare i piatti ,ma, al suo arrivo ,Piero come se nulla
fosse accaduto assumeva un’aria innocente e compassata negando
d’aver fatto piangere la sorella. Gli altri due maschiacci dovevano
stare al gioco altrimenti sarebbe finito lo spasso.
Povera Lelletta senza di lei forse oggi non sarei quì a raccontarvi
questa storia.
Quante volte avrà richiamato l’attenzione di mamma
perchè ero salito su un armadio o sul davanzale della finestra?
Cominciarono a chiamarmi il “negro”,non ho mai capito
la ragione precisa. Forse perchè ero piuttosto accomodante e
servizievole, o più probabilmente perchè mi divertivo a ciondolare da
scale,armadi e davanzali.
Come arrivava la sera e s’avvicinava l’ora del rientro di
Paolo che era “grande” e poteva uscire da solo,beato lui,mi
nascondevo sotto i letti o dietro scaffali e porte ed aspettavo che mi
venisse a cercare.
Al suo rientro il fratellone che ormai conosceva le mie
abitudini frugava sotto i letti,dietro le porte o sopra gli armadi e
quando infine riusciva a scovarmi ridevamo insieme di gusto.
Quando raramente mamma mi lasciava uscire con lui, e
quando soprattutto era disposto a portarmi con sè,toccavo il cielo con
un dito.
Spesso andavamo al cinema “Boito” in via Mascagni ,con i
biglietti omaggio dono di zio William ,a vedere i film d’avventura.
Un pomeriggio dopo aver visto “Alamo” tornammo a casa di
corsa incitando i nostri immaginari destrieri ad un galoppo
forsennato schiaffeggiando i nostri fianchi ,incauta sella, rendendoli
gonfi e color rosso fuoco con venature di verde “livido” tendenti al
nero di seppia.
O quel pomeriggio in cui Paolo,novello Guglielmo Tell,nel
lanciare le frecciette del tiro a segno intorno alla mia sagoma
addossata alla parete della stanza,m’infilzò al fianco!
Giorni felici, spensierati mentre mamma e papà cercavano di far
quadrare il magro bilancio familiare...ma noi non ne sapevamo niente,
per noi era solo un gioco vivere.
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