DIARIO

...e le altre

Un'altra pulzella che lasciò il segno nel fragile cuore del tiddo in amore fu una certa Rossella abitante in un lussuoso appartamento in via Lucrino, un pomeriggio in allegra compagnia ci dilettavamo con il gioco della bottiglia, passatempo allora in voga tra le comitive in cerca di emozioni "forti", per chi non lo ricordasse si trattava di indirizzare, facendo roteare la bottiglia sul pavimento, un bacio, un pugno, una carezza o quel che si desiderava al compagno di gioco indicato dal collo della bottiglia stessa quando questa si fermava, il rituale che seguiva doveva compiersi al riparo da occhi indiscreti sotto una coperta tenuta sollevata dagli altri giocatori. La bionda fanciulla, ancora sgraziata nei modi ma assolutamente "interessante" per il resto propose un bacio e avvitata la bottiglia la fece piroettare vorticosamente sul parquet, manco a dirlo il fortunato destinatario fu il sottoscritto, scivolai lascivo con la mia disinvolta compagna sotto la coperta e fui investito da un travolgente bacio "con la lingua"(quando si conversava tra amici gloriandoci delle nostre fugaci conquiste si soleva in tal modo distinguere i baci "veri" dai bacini sulle labbra) il risucchio mi lasciò senza fiato .
Non la rividi più ma continuai a pensare a lei per mesi, alta, occhi azzurri ,biondissima, lunghe gambe affusolate, tettine a goccia modello coppa di champagne e un culo da infarto quanto bastava insomma per annientare senza scampo un esordiente nella caccia alla topa come me.
La biondina fu uno dei tanti Jet supersonici che transitarono sotto le mie spesse lenti senza che riuscissi ad afferrarli e trattenerli oltre l'istante e ,come gli altri, lasciò soltanto la traccia nel cielo dei miei sentimenti scavando un profondo solco nel mio acerbo cuore ('azzo come so' poetico), non sto qui a descrivervi l'odore di tale scia lasciando a voi tale piacevole incombenza.
Nel frattempo studiavo, fresca come studiavo, prendevo inutilmente ripetizioni di matematica e cominciavo a strimpellare le prime stridule note zappettando la chitarra da un amico di Paolo, Claudio Quinti.
La notte non si dormiva più, mi sembrava una perdita di tempo, preferivo comporre canzoni e ascoltare musica pop ,probabilmente rompevo le palle ai miei che avrebbero voluto riposare ,tuttavia la fase critica del passaggio all'età adulta suggerì ai miei due sfortunati conviventi una certa soglia di tolleranza consentendomi di dedicarmi ad attività più o meno rumorose, certamente "più" che "meno", senza scassarmi troppo le bocce.
A proposito di bocce!
Al "Giulio Cesare" era il periodo dei Collettivi e delle Assemblee contro tutto e tutti, altro che "nuclei antiglobalizzazione" ,là, con la scusa dell'impegno politico foriero di turbinosi quanto irrealizzabili sconvolgimenti sociali, si faceva facilmente amicizia con la fauna a due tette del luogo, cavallone assatanate tutto "la topa è mia e me la gestisco io" che però della topa in questione non ti facevano nemmeno sentire l'odore, anzi ,la puzza, considerata la scarsa igiene che vigeva all'epoca dei fatti tra le femministe urlanti, ciò nonostante le fantasie sessuali del prode Tiddo galoppavano frenetiche dietro le precitate puledrine.
Conversando con loro cominciai a mettere un po' d'ordine tra le mie lacunose nozioni circa l'altra metà del cielo apprendendo tra l'altro, con vivo stupore, che le mestruazioni non venivano forzatamente alla fine del mese come credevo io, un po' come lo stipendio al 27.
I chiarimenti fornitimi in precedenza da mia sorella Aurora sulla curiosa faccenda non avevano fugato tutti i miei dubbi nè chiarito la visione d'insieme.
Insomma più le frequentavo più mi piacevano, le donne dico, cominciai così a trascurare svaghi meno rischiosi come il calcio, la musica e i fumetti, per darmi un tono indossavo cenci spiegazzati da straccione, preferibilmente sfrangiati, inseguito dalle preghiere commoventi di mamma che mi implorava invano di poter "mettere due punti" ai calzoni strappati, assumevo così quell'aspetto da musicofilo mezzofatto che seduceva a quei tempi le topoline in calore.
Si profilava all'orizzonte anche la possibilità di spararsi canne a tutto spiano com'era accaduto per le seghe in tempi più remoti, le provai ma ad essere sincero, non avvertii granché , rimasero soltanto l'arma in più per catturare quella selvaggina recalcitrante che non sembrava cedere senza la prospettiva di suggestioni "particolari".
In quegli anni ero piuttosto preoccupato per il mio look, capelli lunghi, ben oliati da grasso naturale, con un taglio alla "me so' arzato stammatina ma nun me va de fa' 'n cazzo", arruffati e incollati alle tempie modellavano ,all'altezza della fronte, una tendina alla Guglielmo Oberdan ,il volto era solcato da crateri arrossati con montagnole biancastre venate di rosso, i più la chiamavano acne giovanile,a me sembrava il massacro di forte Apache,un vero disastro, la faccia a volte sembrava esplodere di pus (bleah!) e i primi peli di barba ispidi che cominciavano a spuntare a fatica tra brufoli sanguinolenti e punti neri non miglioravano certo l' aspetto complessivo.
Due lenti spesse incorniciate da un'orribile montatura di tartaruga nera rimpicciolivano due occhi miopi e spauriti completando il quadro.
Il resto non era male in fondo, alto quanto basta , longilineo ma con spalle larghe, la mia aitante figura seduceva l'immaginario erotico della femmina (come sono animalesco!),insomma cuccavo alla grande…anzi avrei potuto cuccare alla grande se solo avessi provato a farmi avanti, il problema era tutto lì, anche quando me la mettevano sotto il naso non me ne accorgevo.
Come quel mattino nel laboratorio di fisica quando una certa Teresa, bionda e giunonica cittadina di Topolinia, tentò di farmi capire con "parole e opere" che era lì ,pronta a togliermi il fiore della verginità, nonostante inequivocabili carezze, licenziosi sfregamenti e molteplici tentativi di seduzione, tanto per non smentire la mia fama di grullo, non compresi un "beneamato" e continuai a seguire la lezione.

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