DIARIO
Lavori in corso.
Come avevo previsto la pesante scure impugnata a due mani dal nuovo locatore, l'ineffabile don Raimondo Penne, e dal nuovo amministratore di condominio s'abbatté con una violenza inaudita sul bilancio domestico tagliando di netto la capacità d'acquisto del nucleo familiare.
In breve s'aprirono numerose falle nel modesto conto in banca dei due parsimoniosi coniugi,la sospirata scrittura dei magri emolumenti corrisposti dal comune di Roma, annotata ormai a matita, veniva prontamente azzerata dall'operazione successiva relativa alla pigione.
Vestiti alla moda e scarpe griffate restarono nelle vetrine dei negozi,
uova, patate e pastasciutta tornarono alla ribalta sulla tavola apparecchiata, i bucolici paesaggi dei rilievi abruzzesi ripresero a far da sfondo alle nostre brevi vacanze estive .
Valutazioni alquanto discutibili avevano nel frattempo massacrato l'arredo urbano di quel roccioso e fiero paesello d'Abruzzo deturpandone quel caratteristico aspetto montano e facendole assumere la fisionomia di una vezzosa e bizzosa cittadina marina.
Anche l'appartamento di Ladispoli, ormai affittato tutto l'anno, era diventato off limits per l'accigliata famigliola.
Operai diversi buchi alla cinghia prima di capitolare, tenni duro per qualche anno prima di decidere ,poi, quando la crepa assunse il preoccupante aspetto di una voragine e il rischio di finire strangolato dall'usuraio di turno si fece più probabile, prossimo al disastro gestionale, compresi che era arrivato il momento di trasferire l' arredo d'agenzia da piazza Gondar a viale Libia liberandomi così di parte delle spese, la quota condominiale e le utenze relative al vecchio ufficio.
Tutto questo comportava un certo rischio, ignoravo infatti quale reazione avrebbe potuto avere una clientela impigrita e abituata a frequentare la sede storica, oltre a ciò avrei dovuto abbandonare per sempre la stanza dov'ero cresciuto e, soprattutto, tagliare definitivamente quel cordone ombelicale mai interamente reciso che ancora mi legava a mia madre.
Proprio quest'ultima circostanza mi persuase alfine al fatidico passo.
Riscattai la mia polizza vita e quella di Letizia, ci rimisi qualche lira ma il gruzzoletto mi permise di sistemare sospesi e debiti,mi recai dal notaio per chiudere l'ormai superflua società, di cui ero rimasto unico socio, e aprire la nuova ditta individuale a mio nome, infine, contattato il capo area di Axa ,chiesi ed ottenni di volturare anche il mandato agenziale.
Portate a termine le incombenze d'ordine amministrativo non mi restava che ristrutturare l'appartamento di viale Libia previa un'opportuna modifica al contratto d'affitto che me ne consentisse anche l'uso commerciale .
L'avido padrone approvò senza riserve la nuova destinazione d'uso preferendo però nella circostanza intestare appartamento e nuovo contratto di locazione al figlio Simonpietro ,mio attuale aguzzino.
Quando incaricai il mio amico Tonino di cominciare i lavori il sole d'agosto aveva già arroventato le mura del palazzo a due passi dalla "Upim", era l'estate del 1999.
Di villeggiatura quell'anno non se ne parlò nemmeno,prima di tutto il portafoglio era malinconicamente vuoto , oltre a ciò occorreva fare in fretta a mettere su i nuovi locali d'agenzia prima che tornasse dalle ferie la torma degli assicurati, da me avvisata con una circostanziata lettera dell'epocale trasferimento in corso.
Dopo aver innalzato al centro dello sconfinato salone un pannello divisorio per la creazione di un ambiente dove sistemare lo studio, un paio di biondi e robusti operai polacchi posizionarono i nuovi interruttori e tinteggiarono le pareti ,l'armadio a muro situato in corridoio diventò l'archivio d'agenzia, in breve i nuovi ambienti erano pronti ad accogliere l'abbronzata e riposata clientela, restava solo da traslocare il mobilio dal vecchio al nuovo ufficio.
Nella canicola di quella tarda mattinata di agosto l'appartamento di piazza Gondar appariva persino più vuoto e immenso, ancora una volta la malconcia proprietaria se n'era temporaneamente allontanata per una delle ormai abituali degenze in qualche casa di cura - non ricordo quale - all'interno si avvertivano soltanto i colpi secchi del martello impugnato dai due già segnalati muratori dell'est - improvvisatisi per l'occasione falegnami e facchini - che provvedevano a smontare pezzo per pezzo la giurassica libreria del mio studio sollevando nugoli di pulviscolo che s'incendiava attraversando le fenditure della serranda abbassata.
A poco a poco le quattro pareti della nota stanza, adibita da qualche anno ad agenzia, dove avevo trascorso sia l'infanzia che l'età della ragione , si svuotarono, prima la scrivania poi la libreria infine le ultime suppellettili. Fissato a un chiodo arrugginito rimase appeso un calendario, che ancor oggi evidenzia il mese del mesto abbandono, sotto ad esso il mobiletto grigio fottuto alla Levante assicurazioni dove conservo tuttora la mia collezione di Tex. Sul consumato parquet opaco irrimediabilmente graffiato restò evidenziato ad imperitura memoria l'inconfondibile contorno dell'arredamento appena rimosso.
Ancora una volta un pugno mi colpì duro allo stomaco, gli occhi si riempirono di lacrime - riuscii a trattenerle a stento- lasciai transitare un lungo brivido lungo la schiena, respirai a fondo e ,chiusa la porta dietro di me, abbandonai quella infuocata stanza ormai vuota.
Si chiudeva per sempre la leggendaria epopea della gloriosa Aurass, dalle sue ceneri emergeva, briosa e spumeggiante, la nuova vedette delle agenzie di assicurazioni , la ditta individuale "Marco Tiddi".
Questo intrigante itinerario sul filo della memoria potrebbe concludersi anche così , ai confini del nuovo secolo il finale di questo accattivante ritratto generazionale sospeso tra ironia e nostalgia appare prevedibile. Eppure ,quando tutto sembra ormai scritto e i giorni s'avviano lungo la soporifera china dell'ovvio, improvviso sopraggiunge a spezzare questa stanca tranche de vie qualcosa d'insolito, echeggiando anzi il titolo di un celebre film di qualche tempo fa,oserei suggerire "Qualcosa di biondo".
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