DIARIO

Roberto


La femmina che avevo scelto e portato a suo tempo all'altare era un magnifico esemplare da riproduzione,non ebbi quindi alcuna difficoltà ad impallinarla nuovamente perché provvedesse a scodellarmi un secondo erede.
A differenza di quanto è avvenuto per l' esuberante primogenito ,il filiforme e flemmatico Roberto è nato, cresciuto e venuto su, decisamente troppo considerato che a quindici anni mi sovrasta dall'alto del suo metro e ottantacinque, senza che me ne sia reso perfettamente conto.
Ricordo confusamente il giorno della sua nascita avvenuta ,come di routine ,alla divisione neonatologica, Reparto Nido V, del Policlinico Universitario "A. Gemelli".
La telefonata sopraggiunse inattesa e intempestiva mentre mi trovavo al lavoro, la replica alla richiesta di una mia sollecita comparsa sul luogo dell'evento non fu delle più adeguate, lo riconosco:
"Tiette la panza e dije ar pupo d'aspetta', tra 'n po' arrivo! C'ho da' fa' co' 'n paro d'assicurati poi vengo!"
Il fatto che lavorassi per mio padre, anziché facilitarmi le cose, le complicava considerevolmente, non volendo infatti dare l'impressione di approfittare della situazione evitavo ritardi ingiustificati o uscite anticipate attendendomi scrupolosamente a quanto vergato a sangue a caratteri cubitali sul frontespizio della mia cartella di lavoro dove il principale infilava le scartoffie da sbrigare.
Il decalogo definito "La tabella del perfetto schiavo" dopo la lapidaria premessa " Il capo ha sempre ragione", così proseguiva:
1) Ama il tuo principale come te stesso.
2) Non farlo mai arrabbiare:è vecchio.
3) Quando perde le cose fingi di averle smarrite tu.
4) Non t'azzardare a chiedere anticipi.
5) Trascrivi i numeri di telefono sulle cartellette delle polizze.
6) Quando prendi i soldi dalla busta inserisci sempre l'appunto, se poi i quattrini ce li metti tu è meglio.
7) Recupera le buste vecchie,rigira il nastro della calcolatrice,metti i punti alla pinzatrice, riposiziona la spina della macchina da scrivere che si sfila in continuazione,recupera i fermagli.
8) A chi telefona chiedi sempre chi è, cosa vuole e il numero di scarpe, se si rifiuta picchialo.
9) Tempera sempre la matita al boss e non fregargli la penna nera.
10) Non perdergli i foglietti : ne fa la collezione!
Quando finalmente arrivai trafelato al fatidico appuntamento la tapina attendeva pazientemente seduta in pizzo ad una poltroncina accanto all'uscio di casa, le gambe unite e strette, una mano premuta sulla topa a mo' di tappo l'altra appoggiata su un fianco per cercare di lenire il dolore, afferrai la valigia la caricai in macchina e ci avviammo nel pieno dell'ora di punta lungo la via Olimpica.
Attraversammo in mezzo a un traffico della Madonna l'intera città prima di raggiungere via Trionfale, Lety aveva scelto il più lontano dei nosocomi per avere accanto il suo ginecologo che ovviamente non si fece vedere che dopo la nascita del marmocchio.
Nella concitazione del momento non risparmiai alla poverina neppure un tombino o una buca delle disastrate strade della capitale e mancò poco che mi scodellasse l'erede sul sedile della Fiesta.
Questa volta mi organizzai al meglio per alleviare l'ansia ed ingannare la prevedibile lunga attesa con acqua minerale, panini imbottiti e una ventina di ottimi "Tex" d'annata scelti tra i più vecchi e appassionanti. Non ebbi il tempo neppure di sfogliare la prima pagina o addentare la prima pagnottella, il pargolo questa volta non si fece attendere e, non appena l'ostetrica bussò ,saltò fuori senza farsi pregare, sbadigliò, stropicciò gli occhietti, stiracchiò i braccini poi , preso il telecomando e accesa la tivù seguì un paio d' azioni del campionato N.B.A. e tornò a dormire.
Era il 30 marzo 1987, tre giorni più tardi , questa volta non ci furono complicazioni, eravamo di nuovo tutti a casa.
Non ricordo d'aver mai cambiato o imboccato il secondogenito, di lui s'occupava sempre la madre che ormai disoccupata ,aveva più tempo a disposizione per seguirlo di quanto non ne avesse avuto per il fratello.
Tener dietro a quei due irrequieti maschiacci tuttavia e allo stesso tempo tener pulita la casa senza alcun aiuto non era faccenda di poco conto, anche nonna Livia cominciava a perdere colpi , e su di me poteva contare ben poco, considerati gli orari impossibili e i pressanti impegni di lavoro.
Per ovvi motivi avevamo concordato di evitare al nuovo arrivato un crudele quanto superfluo soggiorno all'asilo nido e le ,non proprio eccellenti, condizioni di salute del fratello maggiore ,perenne candela pendula al nasino arrossato dai kleenex tipica del "puer-asilis", ci consigliarono il più delle volte di evitare a quest'ultimo l'alzataccia mattutina indispensabile per entrare in orario alla scuola materna .
Poteva capitare quindi ,con una certa frequenza, d'incontrare nei dintorni del mercato di Piazza Gimma ,addobbata come un albero di Natale, una stravolta Letizia con mezza dozzina di variopinte buste di plastica appese alle braccia, trascinare il pesante carrello della spesa con una mano e tentare di trattenere il figlio più grande che tentava di divincolarsi con l'altra cercando in pari tempo di non far cadere il piccolo appeso al collo.
Quei pochi quattrini che riuscivo a passarle, dopo aver pensato a luce,gas, telefono e condominio ,per metter su tre pasti al giorno , calzare e vestire quattro cristiani, di cui due in miniatura e per questo soggetti a continui e preoccupanti mutamenti morfologici , non potevano certo bastarle, me ne rendevo perfettamente conto, ma salvo rubare o vincere alla lotteria non vedevo in giro soluzioni che potessero modificare l'attuale situazione.
La mia ingegnosa compagna, nonostante nascondesse insospettabili risorse e fosse in grado di produrre miracoli simili a quelli della Vergine Maria, era ormai alla frutta, nervosa, irascibile ma soprattutto stanca di fare soltanto la brava massaia.
La seconda gravidanza le aveva lasciato qualche chilo di troppo e il nervosismo contribuiva a stimolarle l'appetito ,la silhouette ne aveva ovviamente risentito.
Non ne potevo più di vederla così, sapevo che per scuoterla sarebbe stato necessario diversificarle la vita, trovarle un nuovo lavoro, ma dove scovarlo in tempi tanto incerti?
Andammo avanti così per qualche tempo, ingoiando tonnellate di pastasciutta acquistata alla Sma sotto casa ,quintali di pane e mortadella affettata con maestria dal villico Sor Pietro,quantità industriali di uova e patate e qualche chilo di macinato, tritato dalle mani esperte del gigantesco Sor Pace curvo sul bancone con quel suo ironico sorriso di dileggio che lasciava sottintendere :" Non puoi permetterti proprio nient'altro è ?".
Bistecche e pesce? Lo stretto necessario.
Intanto i coniugi Tiddi-Giampaolo nel nuovo appartamento di via Lina Cavalieri s'erano dati subito da fare e il 25 settembre 1987 avevano completato la squadra con l'acquisto a parametro zero di Valerio.
Aurora e Marco Simoncini dal loro canto per non essere da meno e soprattutto per non rimanere indietro nel computo delle coppie avevano messo in cantiere Benedetta che venne al mondo circa un anno più tardi, il 22 ottobre 1988.
I ricordi a questo punto si fanno più vicini ,cominciano a scorrere nella memoria come un fiume in piena, è difficile filtrare quelli principali da fermare sulla carta , in fondo nell'arco di una vita sono pochi gli attimi salienti che la caratterizzano ,istanti poi che spesso ti passano accanto senza che nemmeno te ne accorga.
Enigmatico vero? Lo riconosco, con predisposizione all'ermetico e pedanti venature di nostalgico. Ma che volete? Si tratta di un'evidente tara caratteriale.


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