DIARIO
Arriva la cicogna
A questo punto la memoria si fa più nitida e muove in fretta le mie dita facendo rivivere sulla carta, anzi sul monitor griffato "Toshiba", gli eventi di quel freddo lunedì di febbraio, un fuoco di fila di emozioni, apprensioni e batticuori che si dipanano nel rapido volgere di una notte scandita dalle pallide luci al neon della silenziosa sala d'attesa del "Policlinico Agostino Gemelli".
Quello stesso pomeriggio sarei dovuto andare a spuntar colonne al Totocalcio per incrementare il misero budget familiare, confidavo che il piccolo me ne desse la possibilità sgusciando fuori in fretta dal suo confortevole rifugio , non andò come speravo.
Se la prese comoda il poltrone, trascorsi l'intera giornata in compagnia della suocera ad aspettare che si decidesse a far capolino mentre Lety se la spassava in sala travaglio .
Sopraggiunse così la notte, non mi ero nemmeno organizzato con la solita carrettata di Tex per ingannare l'attesa,non mi restò che trascorrere quelle interminabili ore a macinare chilometri percorrendo avanti e indietro i lunghi corridoi lucidi dell'ospedale.
Di tanto in tanto mi fermavo accanto alla porta chiusa della sala parto per sbirciare oltre i vetri opachi poi tornavo a sedere sulla scomoda panca della sala d'aspetto per chiudere un poco gli occhi,la testa china sul gomito, e cercare di riposare.
Alle 7,25 del mattino successivo,era il 15 febbraio 1983, il pargolo vinse finalmente la naturale titubanza a venire al mondo , schizzò fuori come un proiettile lacerando i tessuti della malcapitata mamma e finendo per miracolo tra le braccia protese dell'ostetrica.
La nonna, che aveva trascorso l'intera notte insonne ad aspettare il nipote, decise di recarsi in bagno un minuto prima che l'infermiera s'affacciasse sulla porta della sala d'attesa per annunciare il lieto evento e accompagnarci dal nuovo arrivato.
La tallonai fino alla nursery poi mi fece segno di fermarmi , entrò sola , sollevò un fagottino e con un sorriso compiaciuto me lo mostrò oltre il cristallo poi lo depose nuovamente nella culla, Livia mi raggiunse poco dopo, rimasi a lungo ad osservarlo mentre rosso paonazzo s'agitava e sgambettava strillando come un' indemoniato, era mio figlio un cucciolo di Tiddi , la storia cominciava da capo.
Poco dopo ci raggiunse nonno Walter con la sua valigetta da lavoro, una rapida visita prima di cominciare a correre per la città a caccia di premi da incassare e nuovi assicurati da tampinare.
Le complicazioni dovute al repentino e devastante sprint del piccolo Alessandro impedirono alla madre di uscire dal policlinico dopo i canonici tre giorni,ne trascorsero infatti dieci prima che si decidessero a dimetterla, l'aria di febbraio era ancora pungente, la primavera ancora lontana, decidemmo così di fermarci ancora qualche giorno in via dei Foscari ospiti dei nonni materni prima di tornarcene a Ladispoli.
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