DIARIO
Le mie prigioni
Nei primi anni di vita il mandato dell'agenzia di assicurazioni era rimasto intestato a "Walter Tiddi", il titolare nel 1982 aveva preferito fondare, con la denominazione "Aurorass s.r.l.", modificata poi per evidenti ragioni cacofoniche in "Aurass s.r.l." , l' impresa di famiglia.
Tre anni più tardi,il 1985 appunto,la società a responsabilità limitata era stata trasformata in società a nome collettivo con il nome di "Aurass di Tiddi Walter & c. s.n.c.", con la defezione dei mie tre fratelli che avevano preferito abbandonare la barca temendo di navigare in acque agitate.
"& c." ero io ma contavo ancora poco,e in fondo più che a "& C." somigliavo a "E.T.", in realtà ero "M.T."
Vabbhe! Ho cazzarato un po' troppo, lo riconosco, ho esagerato.
L'amministratore della società, tale Walter Tiddi ,oltre a mantenere la leadership dell'Aurass vessando il proprio personale ,cioè chi vi scrive, prestava la sua apprezzata opera come consulente legale alla Sanremo assicurazioni il cui proprietario e capo indiscusso era il Cav. Antonio Di Bella, così, senza neppure consultarmi, concordò con questi la mia assunzione presso l'agenzia generale della Compagnia di Piazza delle Belle Arti ,gestita dalla procace figlia Carmela,una stuzzicante morona tanto bona quanto stronza.
Nonostante preferissi non abbandonare il mio fertile orticello per occuparmi del giardino degli altri finendo magari per renderlo anche più rigoglioso, mi resi conto che uno stipendio più congruo mi avrebbe consentito di tamponare almeno in parte la falla che si sarebbe inevitabilmente aperta nel bilancio domestico con il poderoso calcio in culo che di lì a poco il Comune di Roma avrebbe assestato a mia moglie, così, per il momento, mentre dentro di me schiumavo rabbia affettai fair play e mi trasferii in zona Prati alla corte dei Di Bella.
Come al solito avevo perso il controllo, il baluginare del posto fisso m'aveva accecato e fatto sbandare, ancora una volta avevo accettato un deleterio compromesso : scambiare il dono della mia indipendenza e autonomia con il beneficio di una paga certa.
Furono nove mesi d'inferno, il fatto che mi si imponesse cosa fare e cosa non fare mi mandava in bestia, la scarsa stima e considerazione che nutrivo poi per i miei superiori ,li ritenevo semplicemente degli incapaci, complicarono la situazione. Come già m'era accaduto in occasione dell'esperienza "Condotte" risultò subito chiaro che il mio temperamento libero e indipendente non avrebbe resistito a lungo al fuoco di fila di ordini e disposizioni di un impiego piatto e privo di stimoli né agli orari rigorosi che tale occupazione avrebbe comportato.
Malgrado tutto ,finché restai prigioniero in quel tenebroso ufficio collocato al primo piano di un signorile edificio di viale Giulio Cesare, il mio cartellino non annotò mai un minuto di ritardo né un solo giorno d'assenza, facendomi apprezzare per di più dai dirigenti per lo zelo e l'impegno profusi nel portare a termine i lavori che man mano mi si assegnavano.
Dopo pochi mesi tuttavia non ne potevo più.
Ne parlai con papà, ero certo m'avrebbe capito, in fondo anche a lui era capitata la stessa cosa anni addietro quando sbaraccava periodicamente la propria scrivania trasferendosi di poltrona in poltrona, gli chiesi d'assumermi definitivamente ,questa volta con tutti i crismi, in agenzia. Tentò ovviamente ancora una volta di dissuadermi. Chissà perché i genitori raramente desiderano che i figli seguano le loro orme?
Me ne andai infuriato ma deciso a tener duro, in un modo o nell'altro ero certo che l'avrei avuta vinta io.
E così fu! Sì, lo so,non si deve mai cominciare un periodo con la congiunzione "e" ma nun me ne po' frega' de meno.
Ventiquattrore dopo la nostra animata discussione l'avvocato Tiddi mi convocò informandomi che a fine anno la società '"Aurass di Tiddi Walter & c. s.n.c." m'avrebbe assunto con regolare contratto a tempo indeterminato.
Il mattino dopo appesi un calendario dietro la mia scrivania all'agenzia "Di Bella",dico sul serio, e presi a contare i giorni che mi separavano da quel 31 dicembre 1985, cancellando accuratamente con una "x" la giornata di lavoro appena trascorsa ogni qual volta timbravo sul tesserino l'ora dell'uscita.
Il conto alla rovescia ebbe termine ed anche quella sospirata data arrivò puntuale, ogni pena d'altronde raggiunge prima o poi il capolinea , basta saper aspettare con fiducia e pazienza, stringendo i denti soprattutto quando queste sembrano venir meno.
Allora non comprendevo per quale oscura ragione mio padre non desiderasse che crescessi professionalmente insieme e con lui ,oggi credo d'averlo capito, probabilmente il timore di farmi intraprendere una professione appesa ad un sottile filo, un filo in mano ad oscuri ed inquietanti personaggi dell'alta finanza.
Io stesso non so dirvi se consigliare ai miei figli di percorrere il sentiero tracciato dal nonno e percorso dal padre, correndo il rischio di cadere in un ginepraio di ansie e preoccupazioni ma sarò certamente fiero di loro qualora, mettendo a dura prova fegato e coronarie, decidessero di portare avanti il lavoro di un paio di generazioni, continuando a coltivare il loro terreno anziché spremere sudore sulla terra arida d'illustri sconosciuti.
Basta così! Con questo mio periodare rotondo corro il rischio di diventare banale, enfatico e colpevolmente vanesio.
Lavorando gomito a gomito con il principale mi resi conto che questi cominciava ad aver fiducia in me, osservando come ,nonostante gli scarsi insegnamenti, imparassi in fretta e ,quando un pomeriggio, ascoltando una sua conversazione telefonica, gli sentii pronunciare la frase:"Se non ci sono io, parli pure con mio figlio Marco che la servirà senz'altro meglio di me", compresi che era arrivata l'ora di tentare una manovra d'accerchiamento e mossa dopo mossa sferrare lo scacco al re e alla sua invadente personalità, un sovrano ormai stanco che in fondo non vedeva l'ora di abdicare e cedere il trono per poter riposare.
Pian pianino cominciò a mollare il timone dell'"Aurass" per affidarlo alla mia guida, non era semplice lavorare insieme ad uno come lui, sempre nervoso, esigente e teso come una corda di violino ma accanto a lui c'era solo da imparare , a rimanere nei paraggi avrei avuto tutto da guadagnare godendone di riverbero il prestigio.
I Clienti gli volevano tutti un gran bene nonostante l'indice di gradimento della sua figura professionale fosse appena una spanna al di sopra di quella dell'ufficiale giudiziario, talvolta aveva un atteggiamento incostante e indisponente,forse poco professionale, ma la sua vocazione era sempre e comunque quella di soddisfare le ragionevoli esigenze degli assicurati e di salvaguardarne i sacrosanti diritti ,anche a costo di furiosi contrasti con la Mandante. Prima Norditalia e Levante poi Firs e l'Abeille impararono a loro spese a conoscere l'ira funesta del Tidide Walter.
Poco per volta imparai che non bisogna mai aver paura di nessuno anche se chi ti sta davanti ha il temibile aspetto di un invincibile gigante.
A quel punto compresi che l'unica strada da imboccare, per chi come me era figlio di una generazione priva di prospettive e opportunità, era di fronte a me e che ,per quanto impervia e tortuosa,era l'unica che poteva portarmi da qualche parte . Non c'era più tempo per le oniriche fantasie e le azzardate ambizioni di quell'ascetico visionario che ero stato fino ad allora, la pista da percorrere, ringraziando il buon Dio e soprattutto la lungimiranza di mio padre, era stata da tempo segnata, una scrivania dietro la quale sedere e guadagnarmi il pane mi aspettava nella nota cameretta dov'ero cresciuto.
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