DIARIO

Viale Etiopia,34


Ma lasciamo nelle loro lussuose tane questi nauseabondi topi di palazzo e torniamo a seguire le appassionanti vicende del nostro spassoso trio.
Quando l'estate incendiava le città, portando con sé caldo torrido e interminabili giornate d'afa e sole, l'agenzia chiudeva bottega cosicché la famigliola sedeva sui roventi sedili della Ford Fiesta e se la svignava per andare a trascorrere qualche giorno di villeggiatura sulla sabbia ferrosa di Ladispoli o tra i monti brulli di Pagliara dei Marsi.
Già a quell'epoca tuttavia le mie ferie duravano poco più di una settimana, il lavoro non mi dava tregua, gli affezionati e zelanti clienti sembravano fartelo apposta, avevano bisogno di te soprattutto quando era ora di godersi un po' di meritato riposo. Allorquando, pregustando già l'ombra del tuo ombrellone piantato a due passi dal bagnasciuga della costa laziale o la quiete delle notti estive nel tuo paesello tra i monti della Marsica, stavi per vistare l'ultimo foglio cassa prima di filartela in vacanza , stabilivano che era giunta l'ora d'acquistare la nuova automobile o di schiantare la vecchia contro un camion in retromarcia costringendoti a rimandare il giorno della partenza.
Eppure quella galera cominciava a piacermi,oltre alla pesante fatica e alle consuete preoccupazioni cominciava ad offrire anche le prime soddisfazioni.
Nel frattempo Paolo e Cinzia avevano deciso di lasciare l'appartamento di viale Etiopia dove avevano trascorso i primi anni di matrimonio e dove era nata Federica il 12 novembre 1983 .
Quel piccolo appartamento luminoso di settantacinque metri quadrati nelle adiacenze di viale Libia composto da balcone, due camere, bagno e cucina, al di là della ferrovia, che per loro era diventato troppo scomodo per viverci in tre, a me , mia moglie e il piccolo ghiacciolo andava invece benissimo offrendoci la doppia occasione di salutare per sempre il ruvido sor Peppe insieme al suo inospitale igloo e di tornare,com'era nei progetti, nel nostro adorato quartiere.
A tutto ciò s'aggiungeva il non trascurabile particolare che, essendo la proprietaria di quel raffinato alloggio a due passi dal viale Libia una certa Fernanda Bellizi, le generose nonne potevano risparmiarsi il salasso dell'affitto di via Incisa in Val d'Arno dirottando così i loro risparmi verso grandi magazzini e negozi specializzati per calzare e vestire il nipote la cui statura non cresceva di pari passo con lo sviluppo delle capacità d'acquisto di mamma e papà.
Un nuovo desiderio realizzato , di sogni d'altronde vivevamo giorno per giorno nella speranza che prima o poi si sarebbero avverati ed ancor oggi, nonostante i tanti obiettivi raggiunti continuiamo ad inseguire nuovi traguardi come quello,difficilmente raggiungibile- a meno che non capiti di vincere alla lotteria o svaligiare una banca -di possedere prima o poi una casa tutta nostra.
Puntuale il giorno del nostro terzo trasloco arrivò.
Fratello ,cognata e nipotina, preso possesso del nuovo alloggio in zona Serpentara, avevano sloggiato da non più di un paio d'ore allorché il vessillo del casato tornò a sventolare sul balcone di viale Etiopia: l'indomita generalessa Letizia, sguardo fiero e pupo al collo, al comando di un manipolo di accaldati facchini, scarsamente coadiuvata dal sottoscritto, aveva trionfalmente occupato quota trentaquattro portando con sé mobilio,seggioloni e buste della SMA.
Correva l'anno 1985, stavo per cambiare di nuovo impiego pur rimanendo nel tradizionale e amabile contesto di furti, incendi, infortuni, incidenti stradali,sinistri catastrofali e simili piacevolezze.



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