DIARIO
Ciò
Anch'io stavo per deporre il pistolone nella fondina ma prima di sparare le ultime cartucce a salve c'era tempo per castigare ancora qualche colombella, approfittando della fortunata circostanza che, come già ampiamente rivelato qualche chilometro d'inchiostro più indietro, le donne all'epoca dei fatti descritti mi trovavano francamente irresistibile.
Dimenticavo di aggiornarvi sull'arrivo in casa Tiddi qualche mese prima delle nozze di Piero di una vispa gattina , sfolgoranti occhi paglierini, pelo liscio e lucido nero come il demonio antitetico ad uno sbarazzino ciuffo bianco che si distingueva sulla pancia.
"Che", questo il nome che le avevo assegnato in onore del leggendario guerrigliero argentino , simpatica femmina componente la numerosa prole messa al mondo da qualche giorno dalla gatta della mia amica Tiziana, fece il suo ingresso clandestino nell'abitazione della famiglia Tiddi una sera come tante al ritorno del mio abituale girovagare, guardingo la introdussi nell'appartamento di nascosto,poi, dopo averla chiusa nel bagno di servizio, allora scarsamente frequentato, me ne andai a dormire senza rivelarne la presenza al resto della truppa.
La gattina durante le ore della notte, sentendosi prigioniera cominciò ovviamente a miagolare e a raspare con le sue piccole unghie contro la porta del gabinetto svegliando l'intera cittadinanza che, scoperto l'indesiderato ospite, m'intimò senza appello di liberarmene al più presto sorda alle mie lacrimevoli preghiere.
Tenni duro per qualche giorno , l'accattivante animaletto, dopo il poco felice debutto, si guadagnò dapprima le simpatie di mamma poi quelle di papà finendo per diventare il settimo membro della famiglia, l'unico che continuava a rifuggirlo, il primogenito ,qualche mese dopo traslocò in via Sicilia lasciando una volta per tutte campo libero al nuovo arrivato.
L' amabile felino, ribattezzato da mia madre Cio', perdendo così per sempre il suo cliché rivoluzionar-proletario, ci tenne compagnia per oltre cinque anni divenendo un tenero amico per tutti noi, la sera aspettava il nostro ritorno per giocare saltando agilmente contro le cornici delle porte pungolato dal movimento saettante delle nostre dita, la notte s'acciambellava in fondo al letto matrimoniale per dormire con i suoi genitori adottivi e negli interminabili e angosciosi giorni della malattia di Paolo rimase accanto al suo giaciglio come ne avvertisse la sofferenza restando accovacciato per ore ai suoi piedi.
Un giorno poi, durante il trasferimento estivo della famigliola dalla capitale alla consueta residenza estiva, nel corso della sconsiderata sosta concessaci per mangiare un boccone, si fa per dire, in un casereccio ristorante di Tagliacozzo, sgusciò fuori dalla gabbia e prese a gironzolare nel cortile interno dove era apparecchiato il nostro tavolo, qui purtroppo incontrò un poco raccomandabile gattaccio selvatico e finì per innamorarsene perdutamente, al termine del pranzo infatti quando tentammo di riprenderla ci si rivoltò contro ,arruffò il pelo e si rifiutò di tornare nella sua provvisoria prigione per continuare il viaggio, i ripetuti tentativi esercitati per convincerla a seguirci risultarono inutili, l'ingrata micia senza degnarci di un segno di saluto se la svignò con il suo compagno scomparendo in breve tra l'erba alta del giardino attiguo.
Riprendiamo ora a svolgere la pellicola di quei giorni e ad occuparci del feroce disincanto che derivò dalla fine annunciata del primo vero amore.
Conclusa in modo così straziante la prolungata relazione con Marina mi accorsi d'avere parecchio tempo a disposizione , tanto valeva spenderlo in maniera produttiva ,mi iscrissi così ad un corso di Karatè presso il circolo Carlo Levi ma mi scassai subito i coglioni, non facevano che esortarti alla concentrazione come dovessi cagare tutto il giorno, figurarsi se poteva starmi bene incazzato com'ero.
Appesi così il Kimono nell'armadio e tornai in palestra al "President Club" di via Santa Maria Goretti dove conobbi un testa di cazzo incredibile che aveva preso il mio posto nel letto accanto alla mia ex ,incredibilmente m'accorsi di non provare gelosia nei suoi confronti ma soltanto una curiosa forma di compassione, era l'indubbio sintomo di un definitivo risanamento da quel mal d'amore, la convalescenza sarebbe stata lunga ma la guarigione certa.
Quella mia vita formato adolescenziale, sia pure sorretta da una trama esile e disimpegnata , diretta fino ad allora con mestiere da una regia impeccabile, cominciò a venarsi di malinconia e la gradevole e spigliata struttura ad incastro di quei giorni lieti assunse lentamente le cadenze di un lento adagio imballato in una dimessa confezione di routine che finì per trascinarmi verso l'apoteosi della noia.
Venne l'anno dei mondiali d'Argentina.
Il calcio m'aveva sempre intrigato ma avevo sempre preferito giocarlo piuttosto che subirlo assistendo pigramente in poltrona agli incontri trasmessi sul piccolo schermo, quel torneo al contrario m'appassionò e per la prima volta presenziai con i miei amici, emigrando ora a casa dell'uno ora a quella dell'altro, a tutte le partite della nazionale fino alla sua dolorosa eliminazione, era il deprimente periodo nel corso del quale ,in fase terminale d'entusiasmo, ci accompagnavamo rassegnati alle "galline", ragazze svogliate con cui giocoforza eravamo costretti ad ammazzare il tempo. Ricordate? Ne ho già parlato.
Si trattava ormai degli ultimi rigurgiti di un cameratismo ormai al tramonto che vegliava abulico il cadavere di una comitiva in avanzato stato di decomposizione.
Struggente vero? Ma come mi vengono vorrei sapere?
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