DIARIO

Marina

Nel maggio del 1975, frequentavo il secondo liceo, conobbi Marina , questa volta non fu un colpo di fulmine, mi piaceva, niente di più, quando un soleggiato pomeriggio in quel di villa Ada le chiesi di diventare la mia ragazza non mi batteva forte il cuore né sarei rimasto deluso più di tanto se la sua risposta fosse stata no, ma non lo fu e, come spesso accade, la simpatia, come un torrentello in piena, maturò trasformandosi giorno dopo giorno in un sentimento sincero che sgorgò nel mare del primo grande amore. Toccante è?
Passarono in fretta i primi due mesi poi il destino, che ha la perniciosa disposizione a complicare le cose, ci mise il suo zampino, avevamo appena cominciato a conoscerci quando l'estate ci divise.
La scuola era appena finita , avevo faticosamente ottenuto una stentata promozione, come al solito m'aspettava il Paradiso in terra dove distendere le ossa e riposare le mie stanche meningi provate da un anno di snervante studio dedicandomi al mio sport preferito l'eccitante caccia alla topa villeggiante.
Questa volta però Pagliara pareva una destinazione quasi sgradita, qualcosa non andava in me, durante l'anno scolastico avevo contato i giorni, che mi separavano dalle vacanze estive, ma niente era più lo stesso anche gli amici non erano più quelli di un tempo, la maggior parte di loro s'era fidanzata e i componenti della comitiva, una volta inseparabili, cominciavano a distaccarsene defluendo in piccoli rigagnoli di coppie che preferivano star sole.
E poi…mi mancava qualcosa. Non impiegai molto a capire cosa, era lei, ad un primo attimo di spavento subentrò una tenera malinconia e quel senso d'inquietudine che ti fa star male, ma tanto male da farti sentire bene. Cominciammo a scriverci tutti i giorni per sentirci più vicini e questa volta presi a contare le ore che mi dividevano dal ritorno a Roma. L'aria fresca di Settembre ci vide di nuovo insieme e questa volta capimmo di volerci davvero bene, iniziammo a vederci tutti i giorni divenendo inscindibili ,ciascuno dei due entrò di prepotenza nella vita dell'altro, io feci conoscenza con i suoi genitori lei con i miei, per la prima volta avevo una ragazza "ufficiale".
Presi a trascurare tutto il resto, il calcio, la musica, gli amici, sapevo che sarebbe capitato prima o poi, ad altri era successo prima di me e non ci trovavo niente di strano, stavo diventando grande.
L'ultimo anno di scuola, quello della maturità, si poteva ormai discutere di matrimonio, figli e lavoro, pensieri che non m'avevano neppure sfiorato fino ad allora, continuavo a vedere gli amici ma tutti noi conducevamo ormai due vite parallele, fino alle sette di sera con le nostre nuove compagne ,dopo il tramonto tornavamo a riunirci per chiacchierare di sport o per scherzare e spettegolare sulle nostre vicende sentimentali.
Lo studio quell'anno si fece, se possibile, ancor più impegnativo e faticoso, trascorrevo interi pomeriggi sui libri di testo insieme a Giacomo per preparare l'esame, quel poco tempo che rimaneva lo dedicavo ovviamente alla mia ragazza, ci si vedeva la sera dopo cena per passare qualche ora insieme e la domenica si andava insieme al mare, al lago di Bracciano o a Colonna dove i suoi avevano una villetta.
Arrivò puntuale il giorno dell'esame ed andò com'era sempre andato tutto il resto nella mia vita, senza infamia e senza lode, per dirla alla Verdone, la solita arrabattata sufficienza di cui mi ero sempre compiaciuto e di cui m'accontento ancor oggi per non farmi troppo male cadendo da un piano troppo alto qualora, com'è probabile nella vita, dovesse verificarsi tale evento.
Terminati gli studi ,in attesa di parcheggiare per qualche anno all'università prima di cominciare a fare sul serio, le ore iniziarono a scorrere lente, avevo tempo, un'inconsueta novità per me, Marina era ancora con me ,erano ormai trascorsi due anni e mezzo da quel pomeriggio di maggio, tutto sembrava filare liscio, gite fuori porta, passeggiate mano nella mano, quel po' di sesso, saggiamente dosato che non guasta mai , almeno così credevo, insomma tutti gli ingredienti che caratterizzano una tranquilla vita di coppia, niente lasciava presagire la tempesta che si sarebbe scatenata di lì a poco.
Senza rendermene conto cominciò ad allontanarsi da me, non avevo dato il giusto peso ad alcuni inequivocabili segnali, ero troppo sicuro di me ed ero certo che se uno dei due si fosse stancato dell'altro quel qualcuno sarei stato io non certo quella ragazzina perdutamente innamorata, mi sbagliavo, le prime incomprensioni i primi antipatici battibecchi poi, di colpo, mi lasciò come se quei mesi vissuti insieme, quelle emozioni condivise non avessero lasciato tracce nel suo cuore.
Aveva cominciato a frequentare strani tipi nella scuola superiore dove s'era iscritta nei pressi di San Paolo, nell'istituto giravano canne e femminismo spicciolo, non era più lei, stavo per fare la fine del roscio, dopo averla svezzata stavo per perderla.
Durante gli ultimi incontri, non ho mai capito se facesse sul serio, cominciava a ridere come una scema senza riuscire a controllarsi, probabilmente era fatta ,completamente fuori di testa, cercai d'aiutarla ma non voleva più che mi prendessi cura di lei.
Il candido Zonfrillo si vendicò in quell'occasione delle burle inflittegli ai tempi del "sexy down" cornificandomi in modo imbarazzante provocato dalle moine di quella bambina ormai smarrita, li pescai a pomiciare svoltato l'angolo di Piazza Gondar dopo aver trascorso il pomeriggio insieme, una fitta allo stomaco lancinante, qualcosa di terrificante, l'ultimo ringraziando Dio, dopo quella sera non mi capitò più, di lì a poco avrei incontrato una ragazza meravigliosa rendendomi conto ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che non tutti i mali vengono per nuocere.
Di ferite Marina ne aveva lasciate e profonde, non riuscivo a darmi pace comprendendo soltanto in quel momento il bene che le volevo, una relazione troppo asfissiante per una ragazza così giovane, il primo amore, è vero, non si scorda mai, ma questo non significa che sia indistruttibile, il desiderio di nuove esperienze l'aveva spinta inesorabilmente ad allontanarsi da chi ,per primo, le aveva voluto bene.
L'avevo soffocata coprendola d'attenzioni, quelle premure che nessuna donna merita ma allora non lo sapevo.
Lentamente il tempo lenì anche quel dolore lasciandomi finalmente sul cuore una spessa coltre di pelo che mi consentì di vivere meglio la mia vita senza più credere alle favole, scrissi l'ennesima canzone, "Non avrei dovuto credere" appunto, ero cresciuto avevo superato la soglia dell'adolescenza dove tutto fa assai più male del dovuto.
Il parco di villa Chigi, dove oggi accompagno il piccolo Gabriele da bravo papà, diventò l'abituale ritrovo della combriccola costretta ad allontanarsi dalla sede storica di via Ogaden a causa dei violenti e ricorrenti litigi con i residenti infastiditi dai continui schiamazzi di ragazzi in cerca di svago.
Partitelle di calcio fino a tarda sera sulla pista di pattinaggio trasformata in campo di calcio, le "accanite", incontri di boxe all'acqua di rose tra vecchi amici e qualche disimpegnato flirt con compiacenti ragazze indolenti, tutto questo il bagaglio di giovani annoiati che ciondolavano da una panchina all'altra senza intravedere sbocchi per il futuro.





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