DIARIO
Come potrei dimenticare il primo giorno di scuola?
Scendemmo in strada di buon mattino,ma prima papà immortalò l'evento con una serie di foto sul balcone del salotto.
Aurora impeccabile nel suo grembiulino bianco , fiocco azzurro e gonnellino corto, il sottoscritto ,che pareva il suo negativo,grembiule celeste ,fiocco bianco malamente annodato, pantaloncini a giro collo ed un noiosissimo colletto rigido, che impediva il libero movimento della testa e con un fastidioso sfrigolio causava dolorosissime ustioni al tenero collo di un povero bambino già piuttosto incazzato per l'alzataccia e la costrizione ad un'anomala strigliata a fondo per la speciale occasione.
Dopo il servizio fotografico ci mettemmo sulle spalle le cartelle nuove fiammanti nelle quali mamma aveva infilato la merenda per la ricreazione e montammo in auto con papà e mamma verso la nuova avventura.
La scuola m'apparve subito sinistra,un cupo istituto religioso, un agghiacciante edificio popolato da figure inquietanti,nere come la morte.
La prima sensazione provata dopo aver varcato la soglia dell'aula fu di autentico terrore! Quei corvacci che giravano per i corridoi sempre due a due mi facevano una gran paura.
Il buon giorno si vide dal mattino.
Pochi giorni dopo le insegnanti convocarono i miei e senza inutili preamboli comunicarono la dura ma inevitabile sentenza ,Aurora avrebbe potuto proseguire ma per me "non era cosa".
La decisione non mi dispiaceva ,anzi, ma che esagerazione!
In fondo la notevole quantità d'inchiostro applicata diligentemente in ugual misura sulle mani su quell'odioso collare bianco e sul grembiulino celeste , i gessetti spalmati nelle tasche scucite o il fiocco che penzolava fino a trascinarsi sotto le scarpe slacciate,non giustificavano il mio prematuro allontanamento a scopo precauzionale dall'Istituto.
Ero un buon elemento,un bravo e rispettoso scolaro ma avevo solo cinque anni…come potevo farmi capire da quelle antipatiche suore? Inglesi per di più!
L'anno seguente appurata l'indubbia incompatibilità tra il sottoscritto e gli ordini religiosi, i miei optarono per l'iscrizione ad un istituto d'istruzione pubblico ,la scuola elementare "Contardo Ferrini".
Insegnanti più comprensivi e meno esigenti sostituirono le spaventose suore inglesi,il profitto scolastico non mutò granché ma l'approccio con la scuola fu meno devastante per la mia fragile personalità,per dirla tutta insomma se la voglia di studiare restava pochina l'ambiente era perlomeno più confortevole.
La maestra Buscemi m'insegnò durante i primi due anni a tenere decentemente in mano una penna mostrandomi la differenza tra questa e una vanga , a disegnare le prime stanghette, a scrivere le prime vocali e a balbettare le prime elementari frasi sui libri di testo.
L'anno successivo venimmo affidati al laconico maestro Favara, strano tipo d'insegnante, arrivava con la sua Dauphine grigio topo ed appena entrato in aula disponeva diligentemente sulla cattedra la sua borsa di pelle, ne estraeva con un minuzioso cerimoniale il quotidiano ed un sacchetto con un paio di cornetti.
Effettuato l'appello ordinava al primo della classe di scrivere alcune frasi alla lavagna,il nostro compito era quello di scomporle in sillabe, poi stendeva il giornale sulla cattedra apriva il cartoccio e cominciava a leggere e a mangiare.
Immancabilmente ogni giorno finiva per appisolarsi fino a sprofondare in un profondo sonno,solo il molesto suono della campanella che annunciava la ricreazione lo scuoteva da quel sereno letargo.
In quinta elementare si presentò in classe il maestro Pomponi che con infinita pazienza e lodevole abnegazione tentò d'insegnarmi i primi essenziali rudimenti d'aritmetica senza peraltro riuscirci.
Io e l'ostica materia iniziammo una singolare gara dalla quale uscì fatalmente sconfitto e con le ossa rotte ,da allora cominciammo a litigare non arrivando mai ad un onorevole trattato di pace se è vero come è tristemente vero che ,alla veneranda età di quarantaquattro anni,non sono ancora in grado di risolvere una divisione a due cifre,non parliamo delle virgole poi che sono per me oggetti non meglio identificati che galleggiano negli spazi siderali di quello sconfinato e incomprensibile buco nero che ha le orribili fattezze della matematica.
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