DIARIO

Lety


Tornai all'università, lì durante la pausa di una lezione di storia dell'illuminismo, unico trenta e lode riportato nel mio poco felice curriculum universitario, incontrai nel corridoio una moretta niente male, si fece avanti non rammento con quale espediente, scambiammo due chiacchiere ,uscimmo qualche volta insieme poi della nostra amicizia non se ne fece più nulla , non ricordo perché né la memoria mi assiste nel ricordarne il nome .
Cominciai a farmi lunghe passeggiate durante le quali preparavo gli esami leggendo i libercoli come fossero breviari alla maniera del curato del paese ,calzate le mie indistruttibili adidas me ne uscivo di buon mattino per tornare verso l'ora del pranzo dopo aver percorso una mezza dozzina di chilometri assorto nella lettura.
Di tanto in tanto entravo in qualche parco incontrato sul mio cammino, il più delle volte Villa Ada, e, steso all'ombra di qualche albero nella stagione primaverile o seduto sulla panchina di turno in quella invernale per godere del tepore di un sole malato , studiavo e ripetevo mentalmente la pagina appena scorsa tornando sovente indietro per rinfrescare la memoria, come metodo non era granché e i risultati si videro più tardi.
Non parlavo più con nessuno, non avevo voglia di vedere i vecchi amici ed anche quando, arrivata l'estate , me ne tornavo al mio paesello me ne stavo solo soletto a pensare ai fatti miei, ero arrivato al punto che se durante le mie rilassanti scarpinate lungo la via del braccio vedevo da lontano qualcuno che mi veniva incontro percorrendo la strada in senso opposto, tornavo indietro o svicolavo imboccando qualche disagevole sentiero che mi consentisse di evitare incontri indesiderati che avrebbero potuto disturbare la mia serafica quiete.
Si presentò così, alla scadenza prevista come tutti gli altri che l'avevano preceduto, anche il 1979, anno fondamentale, decisivo, incontrai quella che sarebbe diventata la compagna della mia vita, ma anche allora, credevo veramente che sarebbe durata?
Giorni importanti, risolutivi, crescevo, o meglio, diventavo grande , e con me invecchiava il mondo attorno.
Era un piovoso mattino di aprile ,giorno di festa, terribilmente noioso come numerosi altri prima ,stancamente inanellati alle mie spalle, non avevo nulla da fare, ciondolavo pigramente, il gomito appoggiato alla mascella, le gambe acciambellate, appollaiato sul tavolo ovale ,lo sguardo assente teneva d'occhio il mondo immobile al di là della finestra della mia camera, al solito la musica dei Genesis, stuprata dalla consunta puntina del vecchio giradischi ,era lì a farmi compagnia.
D'un tratto squillò il telefono, scesi lentamente dal trespolo per andare a rispondere certo che fosse qualche cliente di papà che, nonostante la festività, avesse urgente bisogno dei suoi preziosi consigli, il suono era insistente, ricordava il trillo dell'apparecchio di Paperino quando zio Paperone chiama lo scapestrato nipote per affidargli qualche ingrato compito, afferrai la cornetta e risposi, papà ovviamente mi aveva seguito, con un cenno della mano lo rassicurai sul destinatario della telefonata : Fabrizio, un amico dimenticato, ricomparso da qualche tempo, mi chiedeva se avessi voglia di uscire con lui, la sua ragazza e una sua amica.
Non me lo feci ripetere, avevo bisogno di distrarmi, trascorso troppo tempo con me stesso cominciavo ad averne abbastanza di quella monocorde compagnia: fissammo l'appuntamento a casa sua per le prime ore del pomeriggio.
Com'era mia consolidata consuetudine arrivai con largo anticipo al rendez-vous nell'appartamento di via Tripoli dove , in compagnia degli amici di un tempo ,avevo consumato qualche anno prima le deliziose cenette a base di monumentali frittate di cipolla spruzzate dal sincero vinello bianco prodotto nelle vigne di Franco.
M'accomodai in salotto dove Fabrizio mi presentò Marilena, la sua compagna, conversammo amabilmente in attesa dell'arrivo della misteriosa amica per una buona mezzora poi suonò il campanello.
Era lei, la mia dolce Lety, attraente, fine, un bel viso incorniciato dai capelli castani raccolti dietro a coda di cavallo, lineamenti delicati, occhi scuri, pericolosamente furbi, appena velati da un paio di occhiali tondi, indossava su un corpo ben fatto un elegante completino azzurro, nel complesso una bellezza non certo appariscente ma certamente accattivante. Nulla di più, d'altronde era un pezzo che le ragazze non mi facevano più l'effetto d'un tempo, la sintomatologia da salivazione zero e mani gelate con preoccupante accelerazione cardiaca era una malattia appartenente a tempi lontani che credevo ormai d'aver superato. Sbagliavo.
Dopo le doverose presentazioni ci recammo in autobus al Bi- Bo- Bar di piazza SS. Apostoli, sedemmo al tavolo , ordinammo e ,in attesa della gustosa coppa di gelato scelta, cominciammo a dialogare.
Capì subito di non andargli troppo a genio, il modo di pensare, di vestire, insomma il suo humus culturale era lontano anni luce dal mio , aveva un atteggiamento arrogante, un'aria sprezzante che non incontrava certo le mie simpatie, era decisamente antipatica e alla sua irritante compagnia preferì quella più immediata dell'amica con la quale passai l'intero pomeriggio a chiacchierare sotto lo sguardo perplesso del suo ragazzo che tentava senza successo d'interrompere i nostri discorsi o di scambiare quattro chiacchiere con il commensale superstite.
Anche quella serata ebbe termine , me ne tornai a casa deluso, avevo trascorso la giornata con nuovi amici ma il sapore che mi era rimasto in bocca era insipido, niente di nuovo, le ore continuavano a scivolarmi addosso senza scuotermi dal mio torpore, insomma due palle così. Così come? Così:00!
Sfogliavo svogliatamente le pagine dei libri di testo tentando di superare gli esami di lettere , Aurora da parte sua scorreva i codici per preparare quelli di legge, mamma sbrigava le faccende domestiche e Paolo e Cinzia aiutavano papà nel lavoro d'agenzia .
Lo sconforto stava per sopraffarmi, la vita scorreva monotona senza prendere un qualsiasi sentiero che portasse da qualche parte.
Fu qualche giorno dopo quel primo deprimente incontro che le cose cambiarono improvvisamente. Ancora un giorno segnato in rosso sul calendario, il 1° maggio, telefonò nuovamente Fabrizio chiedendo un nuovo meeting a quattro, non ne ero entusiasta, ma si sa, i giorni di festa sono i più lunghi da passare per chi non ha niente da fare, finì per acconsentire purché questa volta ci si vedesse da me.
Quando andai ad aprire la porta insieme al mio amico e alla sua morosa c'era un'altra ragazzina,simpatica, brillante, capelli sciolti, maglioncino rosso a vu senza camicetta sotto, un paio di jeans chiari, un incantevole sorriso da lasciare senza fiato.
Cazzo com'era graziosa!
Disorientato stentai a riconoscere sotto quel visetto tenero la scontrosa e altezzosa ragazza conosciuta qualche giorno prima, era diversa, terribilmente, meravigliosamente e pericolosamente diversa!
Questa volta, trascorsi tutto il pomeriggio ad ascoltare rapito le suadenti lusinghe di quella seducente sirena e a sniffare come un tossico il suo eccitante profumo, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
La frittata era fatta! M'ero innamorato! Di nuovo! Come un tempo! Forse peggio! Non avevo scampo! Non potevo crederci: fottuto come un pivello al primo appuntamento.
Quando a sera il vocio degli amici s'affievolì fino a scomparire, stavolta nell'aria qualcosa era rimasto insieme al suo profumo e agli asfissianti effluvi di quattro adolescenti in credito d'ormoni, il desiderio irrefrenabile di rivederla presto, turbato m'accorsi di provare di nuovo emozioni di cui avevo perso persino il ricordo, avevo paura, ma la consapevolezza di poterla incontrare di nuovo mi tranquillizzò, quella notte dormì poco pensai a lei, a come conquistarla e, con animo diverso, per la prima volta dopo tanto tempo, al sorgere del sole il giorno dopo.
Cacchio! Pennellata di pathos degna di un melò di fine secolo, non c'è che dire.
La tattica adottata per soggiogarla e piegarla ai miei voleri e "piaceri" (sozzo!) fu la solita: sguardo ispirato, atteggiamento anticonformista, aspetto trasandato quanto basta , interesse verso la vittima predestinata andante ma non troppo, aveva sempre funzionato, non vedevo perché avrei dovuto cambiarla proprio adesso.
Eppure questa volta la scaltra e rodata strategia ,confortata da decine di precedenti peccaminosi successi, non dava i risultati sperati, qualcosa non andava, avevo perso io lo smalto del seduttore impenitente o era la donzella un osso troppo duro per i denti ormai spuntati di un rubacuori disavvezzo ormai all'antica e nobile arte della caccia alla topa?
L'affascinante roditrice in questione tardava ad arrendersi prolungando la sua lenta agonia e posticipando la sua inevitabile capitolazione ,non mi restava che affidarmi all'astuto e disdicevole espediente dell' "arruffianamento per interposta persona".
Il corteggiamento sarebbe stato lungo ,le energie impiegate molte, ma rinfrancato dalla certezza dell'immancabile vittoria mossi infine i miei pezzi per l' inesorabile scacco alla regina.






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