DIARIO

El Tid cuccador


Quando le telefonavo per tastare il terreno, con la segreta speranza di tastare il resto più tardi, mi rendevo conto che l'appetitosa fanciulla non pendeva certamente dalle mie labbra, cominciai così a lavorarmi l'amica per giungere a lei aggirando l'ostacolo di quella sua imprevista ritrosia a concedersi a cotanto maschiaccio.
Con Marilena parlavo volentieri e le sue confidenze mi permisero di scoprire uno ad uno i punti deboli dell'ambita preda, allorché iniziai ad avvertire i preoccupanti sintomi dell'innamoramento , incessanti bruciori che ti mordicchiano lo stomaco , fiato corto e persistente gnocco in gola , capì che le crisi d'astinenza potevano essere eliminate e quella sensazione di vuoto colmata solo dall' espugnazione del cuore di quel magnifico esemplare di femmina; cominciai perciò a forzare il gioco per vedere le sue carte e, mi auguravo molto presto, anche il resto.
Ancora una volta il Luneur mi sembrò il terreno ideale per catturare la ricalcitrante puledra , domarla una volta per tutte e poterla poi montare senza rischi.
Dopo qualche tour sulle attrazioni del luna park la mia astuta complice, opportunamente addestrata, s'appartò con il suo partner, il momento era propizio, sdraiato sul prato al tepore di un tiepido sole accanto all'oggetto del sordido desiderio non rinviai oltre l'esecuzione e, risoluto, andai subito al sodo. No! Non nel senso che le toccai le poppe! Che avete capito? Le chiesi semplicemente se avesse voluto dividere con me il tempo che ci restava da vivere su questa terra…bhè, non proprio in questi termini, la sostanza però era questa.
L'agghiacciante risposta fu una delle più tragiche che una donna possa dare al suo spasimante: "Ci devo pensare."
Cosa avesse da riflettere sulla fortuna che le era capitata è ancora un mistero, ma, civettuola, era intenzionata a farmela sospirare più del dovuto.
Anche quella giornata tirò le cuoia , la notte stava per dare il cambio al giorno …no…che cacchio dico…era il giorno che stava per smontare e passare le consegne alla notte…bho! Son cazzi loro!
Rientrai a casa piuttosto avvilito, consumai controvoglia una frugale cena, roba da far piangere un vitello , poi mi ritirai in camera mia, all'epoca lo studio di papà, infine, assicuratomi che quest'ultimo, canotta bianca plissettata modello bagnino e pantalone celeste del pigiama giro collo, fosse già sprofondato in poltrona a sorbirsi il programma scelto da mamma, presi possesso del telefono per il resto della serata pronto se fosse stato necessario a mantenerne il dominio fino al mattino successivo.
Rimosse a fatica le scarpe da tennis le piazzai sotto la poltroncina accanto alla scrivania riservata ai clienti, sfilai i nauseabondi calzettoni e li appallottolai , mi liberai infine dei non meno puzzolenti jeans e della camicia ,implacabile arma letale in modo particolare laddove la manica lambiva le ascelle.
L'abbondante sudorazione frutto del primo caldo primaverile e del particolare momento emozionale non consentiva la sopravvivenza di qualsivoglia forma di vita nel raggio di un centinaio di metri ed anche l'affettuosa gattina che m'aveva seguito , stordita dalle sulfuree esalazioni .se la diede a gambe lasciandomi solo a meditare sul da farsi.
Accartocciai il pestilenziale involucro e lo sistemai con cura su quella stessa sedia dove il giorno dopo l'avv. Tiddi avrebbe fatto accomodare gli assicurati, a questo punto ebbi la decenza e la magnanimità di tenere perlomeno le mutande evitando così a quegli sventurati più gravi conseguenze quali vertigini, mancamenti o irrimediabili lesioni alle mucose nasali.
Non avevo intenzione di perdere altro tempo, composi in fretta il suo numero di telefono, ottenuto a fatica quello stesso pomeriggio, e restai in attesa, rispose dopo un paio di minuti , sono certo che fosse già lì da un pezzo , la mano sulla cornetta, pronta a rispondere alla telefonata, le chiesi quale fosse la sua decisione , ci girò un po' intorno, cincischiò, cambiò discorso più di una volta poi, messa alle strette, emise la sentenza.
Inutile dirvi quale fu la sua risposta se è vero come è vero che siamo sposati da quasi vent'anni e abbiamo messo al mondo tre tiddini nuovi di zecca.
Da allora la mia vita cambiò.
La piccola frequentava ancora le superiori , l'istituto tecnico femminile di Villa Paganini, io temporeggiavo nelle aule dell' ateneo di viale Regina Margherita proseguendo con scarso costrutto la mia esperienza universitaria, al termine delle lezioni andavo a prenderla a scuola e l'accompagnavo con la Vespetta 50, che aveva nel frattempo sostituito il vecchio "Ben", a casa, o meglio nelle vicinanze, smontava infatti di fronte all'ufficio postale di piazza Bologna e proseguiva a piedi, preferì infatti in un primo tempo nascondermi dove abitasse e, nonostante le mie ovvie insistenze, per diverso tempo non intese appagare la mia ragionevole curiosità.
Solo più tardi capì il perché .
A sera, con grande gioia di papà ma soprattutto della, allora, Sip , ci incollavamo con la Vinavil al telefono e in un paio d'ore di dialogo ,anzi di monologo, la menzognera mi raccontava una marea di cazzate : viveva in un gigantesco e signorile appartamento e a lei era riservata un'intera ala della lussuosa abitazione.
Io, frastornato ,sorseggiavo ingenuamente tutte le frottole che mi propinava senza minimamente dubitare sulla veridicità di quelle favole, rimanevo incantato ad ascoltare quella voce persuasiva che mi rovesciava addosso centinaia di parole al minuto con la brillantezza di una conduttrice televisiva, la disinvoltura di una soubrette e la velocità di una mitragliatrice.
L'appartamento di via Tripoli, teatro del fortunato incontro ,fu anche l'alcova del primo appuntamento biblico ,mentre Marilena e il suo compagno fornicavano furiosamente nella camera dei genitori del mio amico, provvidenzialmente fuori città, io e la mia nuova ragazza ci appartammo nella stanza di Silvia, una delle sorelle gemelle di Fabrizio, e nonostante la costante e inopportuna presenza di un'ombra curva e minuta che s'aggirava irrequieta lungo i corridoi transitando più volte di fronte alla porta a vetri, la nonna mezza rincoglionita, placammo finalmente la nostra sete d'amore consumando avidamente il travolgente fuoco del desiderio.
Fresca che abile letterato !
Non sto qui a descrivervi la piacevole sorpresa provata dalla mia focosa amante di fronte a tanta esuberanza , non sarebbe né fine né elegante.
Non mi bastava più il poco tempo che trascorrevo con lei.
Non ne potevo più fare a meno, quando non c'era mi mancava il respiro, avevo capito che i suoi genitori non le lasciavano molta libertà ed io ero stanco di quella relazione a metà, la volevo tutta per me e per ottenere questo non mi restava che saltare il fosso e chiederle di farmi conoscere il resto della truppa.
Inizialmente esitò poi finì per accontentarmi.






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