DIARIO
Ladispoli
Nel frattempo la meta delle mie vacanze estive , trascorse sino ad allora, se escludiamo un paio di fallimentari esperienze di campeggio in Trentino e Puglia all'epoca del flirt con Marina , all'ombra del monte Girifalco ad oziare sui prati erbosi attorno al paese e a camminare per i contorti sentieri dei dintorni , stava per cambiare rotta lasciandosi alle spalle i brulli monti della Marsica per dirigersi verso le sponde azzurrine del Tirreno.
Era un afoso sabato pomeriggio di luglio quando la frizzante morosa mi propose di andare a trovare il fratello, in ferie con la sua famigliola a Ladispoli dove i genitori avevano acquistato qualche anno prima un grazioso appartamentino due camere, servizi e ampio balcone.
Il mattino seguente ,vistosa T-shirt acquamarina attillata ad esaltare l'atletica figura, comodi e impalpabili jeans, adidas calzate pericolosamente senza pedalini ,berretto stampo Capitan Findus e immancabili rayban alla Top-Gun, mi presentai verso le otto alla guida della scintillante Mini Clubman color nocciola, prestatami per l'occasione da un preoccupatissimo Paolo, in via dei Foscari dove m'aspettava la mia impaziente compagna di viaggio .
Poco dopo imboccammo l'Olimpica sotto una canicola infernale nonostante avessimo scelto le prime ore del giorno e, dopo un'estenuante coda sulla statale Aurelia ,la prima di una lunga serie, e un paio di allucinanti ore di viaggio, parcheggiammo l'auto esausta sotto la residenza estiva della famiglia Liotta nella ridente ,che c'avranno poi da ridere 'ste "amene" località di villeggiatura, cittadina laziale adagiata sulle rive del mare nostrum.
Già, proprio così, ero riuscito ad ottenere finalmente la sospirata patente,era stata dura ma infine la perseverante costanza e la ferrea volontà erano riuscite ad avere la meglio su quella che era una mia evidente incapacità alla conduzione di un veicolo che avesse più di due ruote, concedetemi una breve divagazione a questo proposito, torneremo più avanti a sbirciare tra le imposte di via Spoleto, socchiuse per l'insopportabile calura.
La Vespetta che ero riuscito a farmi comprare , mettendo in croce il facoltoso genitore ,quando la malconcia marmitta del povero "Ben" aveva esalato l'ultimo puzzolente respiro, come annotato qualche pagina indietro, non rispondeva più alle mutate esigenze della mia nuova vita di coppia,ma conseguire la licenza di guida non sarebbe stata certamente impresa da poco per chi già da bambino nel tentativo di imbroccare la porta della stanzetta centrava in pieno il telaio della medesima facendo tremare le fondamenta dell' imponente palazzo edificato accanto alle rive dell'Aniene e rabbrividire gli inquilini dello stesso, ero conscio che l'accentuata miopia avrebbe reso lo sforzo quasi certamente vano.
Gia qualche anno prima ,subito dopo il diploma, istigato all' imprudenza dalla mia giovane età avevo tentato di raggiungere l' improbabile traguardo e, visto che ero stato raccomandato, pratica di routine a quei tempi, m'avevano trombato per ben due volte all'esame di pratica, insistere non era mai stato il mio forte così avevo lasciato perdere ,in fondo non me ne poteva frega' de meno.
Questa volta però, anche per le "disinteressate" pressioni psicologiche del futuro suocero che aveva immobilizzato la sua Fiat 127 carta da zucchero nel parcheggio sotto casa disegnandone la sagoma in maniera ormai indelebile sull'asfalto, fui costretto a riprovarci.
Alla visita oculistica barai in maniera dissennata presentandomi munito di lenti a contatto senza confessarlo all'esaminatore il quale,nonostante tutto, mi prescrisse l'obbligo di lenti !? Se solo si fosse reso conto che già le portavo m'avrebbe prescritto con tutta probabilità il cane.
Questa volta superai la prova senza difficoltà quasi certamente grazie all'assenza di mediazioni e il doloroso dramma dell'incomunicabilità tra il sottoscritto e il volante ebbe finalmente termine.
Ok! Adesso possiamo tornare al mare a mostrar...… con quel che segue.
Venne ad aprirci una sorta di "Bud Spencer" taglia "extralarge"madido di sudore come una monaca sotto il sole di ferragosto, Rosario ,il fratello di Lety, un folto barbone nero circondato da qualche chilogrammo in eccesso,faccione sorridente due piccole fessure al posto degli occhi e un paio di calzoncini,si fa per dire,giropanza che tentavano inutilmente di trattenere lo strabordare di un gigantesco cocomero che poteva somigliare ad uno stomaco.
Attorno all'energumeno starnazzavano due ochette schizzate , le figlie Micaela e Giordana, mentre in cucina ci aspettavano la mogliettina Franca e, come al solito intenta a preparare il pranzo,la sora Livia.
Il primo incontro con la cucina di casa Liotta si rivelò infausto, di fronte ai miei occhi inorriditi fumava un nauseabondo piatto di pasta al tonno, l'unica pietanza che non avrei mai voluto trovarmi davanti, ma così va il mondo.
Fortunatamente la sagace suocera comprese immediatamente dal mio sbatter nervoso di denti sulla forchetta pencolante il dramma che stavo vivendo e rimosse pietosa la pastasciutta da sotto il mio naso sostituendola con un paio di impressionanti fettine panate che sbranai in poco meno di cinque minuti per far posto alle successive, da quel giorno cominciai lentamente ma inesorabilmente ad ingrassare.
Sario faceva venir fame solo a guardarlo e la futura suocera non era da meno, per lei la sublime arte culinaria non aveva segreti… o quasi , il suo brodo in verità risultava alquanto "delicato" per usare un eufemismo,ma a questo rimediava don Antonino maestro degli involtini al sugo e, appunto, del consommè, indimenticabile tra le mie saporite rimembranze gastronomiche quello, impreziosito dai tortellini rigonfi di carne della sora Wanda, del primo capodanno trascorso a brindare attorno alla tavola imbandita per le feste in via dei Foscari 10, potrebbe provare forse a sbiadirne la memoria soltanto il gustoso pesce arrosto divorato, ospite dei chiassosi parenti calabresi della futura first lady, l'estate successiva in quel di Palmi, residenza della florida sorellona Marilena e del serafico cognato Mimmo.
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