Capitolo 5
La notte era chiara, la Luna
sembrava un’ostia, Gabriele , scavalcato con attenzione il cancello irto di
grate arricciolate che finivano con punte minacciose, si avvicinò al portone d’ingresso e lo forzò , controllò
che non ci fosse nessuno in giro ed entrò nel
villino . Attraversò silenzioso il lungo corridoio, nel buio i suoi
occhi sgranati fissavano incantati i fregi, gli stucchi , i drappi che tappezzavano le pareti e gli
eleganti lampadari che pendevano dal soffitto finemente decorato da preziosi
affreschi.
Disposti qua e là ninnoli e
gingilli dorati evocavano memorie di un
passato glorioso collocati su antichi
scrittoi , alle pareti erano appesi grandi quadri con pesanti cornici
arabescate che immortalavano improbabili antenati blasonati.
Aveva una gran paura mentre
percorreva trafelato la guida scarlatta che conduceva allo studio di zi’
Maestro . Spaventato dal martellare del cuore che gli batteva in gola ,
tratteneva il fiato arrestando il respiro di tanto in tanto come i grilli
all’eco del passo di un viandante.
D’improvviso un gran
baccano, un grosso vaso era finito a terra urtato dal piede maldestro del
giovane che con il cuore in gola esitò. Dalla camera adiacente apparve la
figura minuta di Barbara tratteggiata dal chiaro di luna che filtrava dalla
finestra, la giovane sbalordita indugiò ad osservare l’inatteso ospite.
“Zitta per carità!”
Supplicò l’improvvisato
ladro avvicinando l’indice alle labbra.
Lo sguardo sorpreso della
ragazza incontrò quello implorante dell’intruso che , dapprima impietrito,
riuscì finalmente a scuotersi e a scappare via . Col fiato grosso brancolò fino
all’ingresso , spalancò il portone ,attraversò il portico di corsa e
,scavalcato il cancello con un gran balzo ,si ritrovò finalmente in
strada. Era fatta, era fuori.
La corsa attraverso i campi s’arrestò soltanto nei pressi del fosso
del Ramicciaro. Stremato dalla fatica afferrò con le mani le gambe all’altezza
delle ginocchia e, piegato su se stesso , si fermò a riprender fiato. Il sangue gli batteva sulle tempie e
il cuore sembrava volergli saltare fuori dal petto. Provò un senso di sollievo
quando voltandosi indietro non vide altro che l’oscurità della notte e la luce
delle stelle che ritagliava a stento la
linea dell’Arcigalante all’orizzonte.
Si lasciò cadere spossato
sull’erba ad osservare le stelle , ancora incredulo rimuginò ansimante su quello scriteriato proposito, pensieri nuovi
gli nascevano e si mescolavano alle memorie . L’inquietudine lo perseguitava ,
ingoiò amaro, pose il capo tra le ginocchia e chiuse gli occhi. Felice di non
aver portato a termine quel piano disperato , ordito per sfuggire alla miseria,
distese le braccia dietro di sé , sollevò di nuovo la testa ad osservare il
cielo, poi, rasserenato come quando
dall’acquazzone sbuca fuori il sole , attese quieto il chiarore dell’alba .
Barbara nel frattempo ,
verificato che nessun altro era stato risvegliato dal frastuono di poco prima ,
accostò lentamente il portone facendo attenzione a non farlo cigolare, osservò
ancora un istante le piante rampicanti che scalavano il cancello in ferro
battuto rischiarato dal chiarore delle stelle e,tenendo sollevato da terra il
capo della lunga camicia da notte
ricamata , rientrò in camera sua.
Il giorno dopo Luca,
informato di quanto era accaduto quella notte da Barbara, si recò di buon’ora
dall’amico , in paese si era già sparsa la voce che al villino c’erano stati i
ladri ,”uno di fuori” si mormorava.
La mattina dopo
infatti, la Signora, resasi conto che il portone era stato
forzato, aveva immediatamente mandato a
chiamare Tancredi, il vecchio
maresciallo dei carabinieri, massima ,
ed unica, autorità a capo delle forze dell’ordine presenti in paese : un
paio di ragazzini di primo pelo poco inclini a proseguire gli studi e troppo
gracili per lavorare la terra .
Per nulla turbato
questi era arrivato dopo pochi minuti ,
aveva ringraziato Linda che le aveva offerto una tazza di caffè e si era
lasciato cadere su una delle sedie
dell’ingresso , la più confortevole, quella con i braccioli , lo
schienale alto e il fondo di soffice velluto colorato . Versati tre cucchiaini
colmi di zucchero nella tazzina,
mescolò a lungo l’intruglio
facendo tintinnare il cucchiaino sul bordo della tazzina , poi sorseggiando con calma quella stucchevole
bevanda fumante , sollevò lo sguardo ,
rivolse gli occhi chiari verso i
padroni di casa e lisciandosi i baffi
domandò:
“Manca qualcosa?”
“Niente.”
Risposero contemporaneamente
zi’ maestro e la sorella guardandosi
ancora una volta intorno come a cercar conferma a quella affermazione.
“Volete sporgere denuncia?”
I due si rivolsero
un’occhiata, l’uomo preferì tagliare
corto , fece segno alla sorella di lasciar perdere e , rivolto un rapido gesto di saluto all’ ufficiale
, si voltò per tornare nel suo studio.
Il maresciallo s’alzò a
malincuore da quella sedia così comoda ,
posò la tazzina sul tavolino che
gli era accanto , salutò la Signora e ,
accompagnato al portone da Linda, s’accomiatò varcando il cancello che distava
pochi passi . Rimontato in bicicletta congedò i suoi uomini rimasti ad
aspettarlo in strada e s’allontanò
sparendo poco dopo alla vista oltre la curva che portava in paese.
Barbara, che aveva osservato
preoccupata la scena all’ombra del portico, poté finalmente tirare un sospiro di sollievo.
Gabriele, rientrato in casa
solo poche ore prima, quando sentì bussare alla porta esitò poi ,riconosciuta
la voce dell’amico che gli ripeteva di aprire, dischiuse l’uscio , sgranò gli
occhi per guardarsi attorno e accertarsi che nessun altro potesse spiarli , e finalmente lo lasciò entrare. Con fare guardingo prese Luca per un braccio ,
e, badando bene a non insospettire mamma Lucia che nel frattempo rassettava la
cucina, lo condusse nell’orto attraverso la porticina sul retro.
“Hai toccato niente?”
Domandò angosciato l’ospite.
“Non ne ho avuto il tempo.”
“Dio sia ringraziato! Ma che
ti è saltato in testa?”
L’altro non rispose ,
seguitò ad attingere l’acqua dal pozzo.
“Ohe! Dico a te!” Incalzò
l’amico.
A questo punto Gabriele
perse il controllo.
“Cosa dovrei fare?Vuoi bene
a Barbara? Se non potessi più vederla? Se qualcuno…se qualcosa ti impedisse di
amarla?”
Luca esitò smarrito.
“Si chiama Miseria
l’ostacolo!”Continuò “Maria se n’è andata! Ancora una volta…ed io …io non ho
neanche i quattrini per raggiungerla… per fargli vedere che qualcosa valgo
anch’io!Non posso perderla!”
“Non è questo il modo…” .
“Dove li trovo i soldi per
il viaggio?”
“Calmati! Ne parlerò con
Barbara. Vedremo cosa si può fare. Tu nel frattempo comportati come se nulla
fosse accaduto.”
“Ma sì…ma sì…” rispose
rassegnato Gabriele.
“Animo!Animo! Vedrai! Tutto
s’aggiusta!”
Strizzando L’occhio gli
strinse energicamente la mano e attraversando di nuovo la cucina salutò mamma
Lucia:
“Buon giorno zi’ Luci’!”
La donna asciugava con uno strofinaccio un tegame di
coccio , lo vide passare ma non ebbe neanche il tempo di ricambiare il saluto,
guardò verso la finestra cercando
l’espressione tormentata del
figlio, ne intuì la presenza accanto al pozzo ma non gli chiese nulla, riprese
a strofinare pentole e stoviglie.
Luca uscì dalla casa
dell’amico con passo allegro come liberato di un peso, passando accanto alla bottega
fece attenzione alle chiacchiere della gente . Non si parlava d’altro che dell’
irruzione notturna al villino ma del furfante nessuna traccia. Rincuorato
lasciò il paese dirigendosi verso il luogo dell’appuntamento con Barbara.
Prima di arrivare in fondo
al paese voltò all’ultima viuzza in salita sulla sinistra dove si trovava la
canonica e, attraverso la stretta mulattiera che s’inerpicava lungo la
montagna, cominciò a salire il monte.
Oltrepassò il boschetto di querce, poi, raggiunta la diramazione a stento
riconoscibile, dove il sentiero si
separa scendendo verso il bottino dell’acqua o salendo verso l’Arcigalante,
imboccò quest’ultimo tratto e , superata
la cava di rena abbandonata,
raggiunse la Cona che sorvegliava dall’alto la vasta conca del Fucino.
Era questo un luogo
prodigioso per gli abitanti del borgo, i vecchi raccontavano che, durante i
lavori di ristrutturazione di un’abitazione, i proprietari , originari di un
paesino limitrofo, rinvennero in una parete un quadro della Madonna e decisero
di portarlo a dorso di mulo al loro villaggio attraverso la montagna.
L’animale però raggiunto il
varco al confine tra le due contrade , là dove l’antica rocca domina la vallata
dalla cima più alta , non volle andare
oltre. Ogni sforzo per farlo proseguire risultò vano .
Per i fedeli era il segno
innegabile che il dipinto della Madonna dovesse restare in paese ,il
proprietario non si oppose e lo donò al parroco della Chiesa che lo collocò
sull’altare maggiore.
Nel luogo del miracolo, a
testimonianza dell’episodio, fu
edificata un’ edicola e ,all’interno di questa, dipinta l’immagine di S. Liberato scelto dai
paesani quale protettore del varco miracoloso.
La nicchia era ormai poco
più di un rudere e all’interno solo qualche residuo di colore risparmiato dal
tempo lasciava intuire i resti dell’antico dipinto. Accovacciata accanto a quei
resti Barbara non appena intravide la snella figura di Luca che spuntava
dall’ultima curva della pista
ombreggiata dalla vetta dell’Arcigalante saltò giù per andargli incontro.
“Allora?” Domandò la
ragazza, scrollando con una mano il terriccio dalla gonna .
“Tutto a posto! Non l’ha
visto nessuno.”
“Gli hai parlato?”
“Certo! E’ sconvolto, vuole
raggiungere Maria a Roma.”
“Ma se tua zia non ne vuole
sapere?”
“Chissà?Gabriele ha la testa
dura…”
“E allora?”
“Ha bisogno di soldi.”
Accostò la mano per
carezzarle la guancia, Barbara ripiegò la testa per sentirlo più vicino, poi
continuò.
“Dobbiamo fare qualcosa.”
“Quanto gli occorre?”
“I soldi per il biglietto
del treno e il necessario per tirare avanti finché non troverà un lavoro.”
La ragazzina rimase
silenziosa per qualche istante poi riprese:
“Un’idea ce l’avrei.”
“Quale?”
“Ho sorpreso la zia che
nascondeva del denaro nel busto cavo dello zio…”
“Quale busto?” La interruppe
Luca.
“Ma dai! Non ricordi? Il
busto di gesso, l’autoritratto che mio
zio ha scolpito, quello sulla
colonna accanto al camino del salone grande!”
Poi proseguì:
“Questa notte . Quando tutti
dormiranno….”
“Sei impazzita anche tu?
Vuoi rubare? E proprio a tuo zio!”
“Rubare…rubare…” ribatté con
stizza Barbara “ rubare è una parola grossa! Prenderemo semplicemente in
prestito la somma necessaria per aiutare Gabriele, poi si vedrà…in qualche modo
restituiremo il mal tolto.”
“Quattrini che dopo tutto
sono stati sottratti alla povera gente del paese!” Aggiunse Luca.
Il bel volto della ragazza
s’adombrò “Poche chiacchiere!” tagliò corto “Acqua in bocca anche con Gabriele
piuttosto!”Poi prese per mano il fidanzato ed insieme percorsero a ritroso il
cammino che conduceva in paese