Capitolo 7
La sera era fredda, i tralci
di vite gelavano sulle colline, un vento polare soffiava forte portando con sé
un leggero sentore di mentuccia e spiccava dai rami le foglie già verdi
sorprese dalla stagione . Ad ampie spirali volteggiavano nell'aria fino a
posarsi con un ultima piroetta sul terreno umido. Il tramonto aveva filato in
cielo una seta rossastra e , nella luce
spettrale del crepuscolo, i pastori esausti facevano ritorno in paese scendendo
dalla mulattiera del monte Girifalco o attraversando lo stretto sentiero che
dal bivio , tracciando una linea retta , tagliava in due il prato dei pianili e
raggiungeva la via della Madonna .
Avvolti in ampi mantelli conducevano le bestie alle stalle
impugnando tra le mani, arrossate e intirizzite, lunghi bastoni nodosi con i quali massaggiavano il dorso di quelle povere
bestie troppo pigre o troppo stanche per proseguire il cammino. La sera ancora
una volta lasciò il posto all'oscurità della notte e al silenzio cadenzato dal
canto dei grilli.
Barbara sollevò le coperte e
s'alzò lentamente dal letto cercando di fare piano ma il cigolio della rete
accompagnò l'intera , seppur accorta,
manovra. Cercò con la punta dei piedi le pantofole traforate nascoste sotto
il comodino e , scovatele, le calzò. Allacciati rapidamente i nastri di
seta rosa, s'accostò con cautela alla porta della sua stanza e attraversò
il lungo corridoio, presidiato da quadri tristi e scuri
appesantiti da pesanti cornici dorate , che conduceva al soggiorno.
Arredata con mobili d'epoca
la grande sala era opprimente e allo stesso tempo bizzarra . Alla solennità dei
grandi dipinti appesi alla parete di destra faceva da contraltare la semplicità
di quella opposta,quasi scarna, al centro della quale era annidato un grezzo camino
in muratura. Il muro portante ospitava la finestra che affacciava sul cortile e
due pesanti cassettoni che la contornavano, accanto a questi ticchettava
nervosa un antica pendola. Un gigantesco arazzo , tessuto da fili di lana e
seta intrecciati, tratteggiava un
paesaggio rupestre dai colori tenui e occupava l'intera parete rimasta. Il
soffitto era alto, sostenuto da forti traverse di castagno .
La ragazzina avanzava adagio
badando a non fare rumore ma il pavimento di legno scricchiolava ad ogni passo.
Quando fu finalmente di fronte al busto in gesso dello zio tirò un
sospiro di sollievo, si guardò ancora una volta intorno con aria furtiva poi lo
sollevò ed estrasse dal vano della
colonna cava un mucchietto di banconote.
Le contò, ne infilò una parte nella tasca della camicia da notte e
ripose le altre al loro posto, ricollocò con cautela la scultura , sgranò di
nuovo gli occhi e cominciò il cammino inverso per tornarsene in camera .
Dalla parte opposta
procedeva frattanto circospetta un'ombra che percorreva a ritroso lo stesso
corridoio , Barbara, che avanzava nella
semioscurità con il braccio teso nel tentativo di scandagliare eventuali ostacoli , s’ imbatté all’improvviso nella
schiena del nuovo arrivato. Un grido
simultaneo, poi , passata la prima sorpresa, i due si scrutarono l'un l'altro.
La nipote riconosciuto lo
zio ammutolì.
"Cosa ci fai qui?"
Domandò a bassa voce l’uomo.
"Nulla…"balbettò
"non avevo sonno e così…"
"Storie!"Sentenziò
con piglio severo arricciando i lunghi
mustacchi "Hai la coscienza pulita
quanto me!"
La nipote abbassò lo sguardo
ma, scorta la bottiglia che Lo zio stringeva
nella mano, tornò a fissarlo con aria divertita.
Zi’ maestro, vistosi
scoperto, l’ammonì.
"Non importa cosa
facevi o stavi per fare." Poi , con fare complice, aggiunse quasi bisbigliando "Tu non dici niente alla zia ed io farò lo stesso. Ci stai?"
La ragazzina annuì col capo.
"Bene. Ed ora a letto!
Battiamocela! Le grida avranno svegliato tutta la casa!"
Una rapida corsa permise ai
due di raggiungere le rispettive stanze un attimo prima che l'intera villa
s'animasse come per incanto , i passi
affrettati della servitù che percorreva
affannata i lunghi corridoi destarono anche la signora . Preoccupata
indossò la lunga vestaglia di seta ed uscì dalla sua camera per raggiungere la
sala da pranzo.
"Cosa succede
ancora?"Esclamò esasperata in cima allo scalone. "Cosa si vuole
ancora da una povera donna?"
"La porta è chiusa
dall'esterno." Tentò di tranquillizzarla Linda ."Non può essere
entrato nessuno!"
Nel frattempo, allarmato
dal clamore, anche Luca aveva raggiunto il salone e cercava in quella ressa
l’esile figura di Barbara.
Questa , come se nulla fosse
accaduto, si presentò poco dopo e, scambiato un cenno d'intesa con
il ragazzo , s'avvicinò premurosa alla zia che minacciava di svenire da un
momento all'altro.
Aiutata da Linda dapprima la
sostenne poi la fece distendere sul
sofà. La vecchia megera , pallida in viso, lo sguardo perso nel vuoto come una
santa prossima al martirio, pronunciava parole senza senso alternando preghiere
a imprecazioni .
"Su zia calmati! Va
tutto bene! Non è successo niente!”Provò a confortarla affettuosa la
nipotina."Non ti affaticare. E' tutto a posto."
Ma quella ormai non l'ascoltava più, il volto cereo aveva assunto
un'espressione dubbiosa , gli occhietti diffidenti notato la più che sospetta assenza di qualcuno.
Come miracolata s'alzò di
scatto dal divano e scandagliò attentamente il salone, un attimo dopo era in
cima allo scalone che conduceva alla stanza
del fratello.
Indugiò sulla soglia prima
d'entrare, poi s'avvicinò al letto dove
il presunto colpevole sembrava dormire
profondamente . Lo fissò a lungo manipolando il mento tra le dita, sondò le coperte e annusò
l'aria , tentò di svegliarlo scuotendolo per le spalle. Tutto inutile, quasi
fosse in catalessi zi’ maestro non dava segni di vita.
"Maledetta
impicciona" pensò tra se e se imitando il sonno della pernice che tiene un
occhio aperto mentre l’altro riposa "ma te ne vuoi andare!"
Nel frattempo sotto il cuscino
serrava tra le mani, quasi fossero tenaglie, la bottiglia arraffata, deciso a
difenderla con le unghie e con i denti.
Qualche minuto dopo la
sorella, dopo un ultimo, inutile
tentativo di svegliarlo, lo lasciò
finalmente in pace e uscì dalla stanza .
Appena sentì l'uscio
chiudersi la sagoma distesa nel letto s'animò, una mano sollevò lentamente la
coperta, apparvero guardinghi i lunghi basettoni seguiti poco dopo dai baffi
arricciati infine fece capolino l'occhio attento e prudente dell'uomo . Ancora
un'occhiata intorno, poi si mise a sedere sul letto.
Rincuorato tirò fuori il
bottino, svitò lentamente il tappo e l'annusò , portò il collo della bottiglia
alle labbra e ne assaporò l'aroma. Il
lungo cerimoniale stava per entrare nel vivo .
Si voltò verso il comodino, aprì
lo sportello e ne trasse un bicchiere, un rapido strofinio attorno al bordo con il lembo del lenzuolo, poi lo
riempì fino all'orlo tenendolo tra
il pollice e l'indice della mano sporgendo in alto il mignolo. Tracannò il contenuto d'un sol fiato, sospirò soddisfatto poi avvicinò la bottiglia agli occhi
,esaminò attentamente l’etichetta e con
un cenno d i compiacimento tornò a
colmare il calice.
Il medico da tempo gli aveva
tassativamente vietato bevande alcoliche ma se n'era sempre infischiato e, per
sfuggire alle accurate ispezioni e ai
pedanti controlli della dispotica investigatrice , aveva preso l'abitudine di
nascondere nei posti più impensati vinelli d'annata e sfiziosi liquorini.
Frattanto gli uomini che
erano usciti per controllare in giardino erano rientrati.
"Allora?" Chiese
ansiosa la signora .
"Annànzi a la casa non
c’è nissune!" Rispose togliendosi il cappellaccio il vecchio Giobbe, poi
accostatolo al petto si grattò la
fronte rugosa e proseguì "Fori ci stevano solo le cavaglie e gli arigli! Nè
zèncari , nè varzitti. No lo saccio che è successe."
"Lo so io!"Esclamò
la donna."Lo so io!" Ripeté furibonda."Ora tutti a
dormire!”Aggiunse con un imperioso schiocco delle dita.”Domattina ci sarà da
lavorare!"
Pian piano la sala si svuotò
, il vocio smorzato di commento sull'accaduto proseguì per qualche minuto poi
l'ultima porta si chiuse, l'ultimo lume
si spense e il silenzio tornò a far compagnia
all'oscurità della notte.
Il mattino dopo si respirava
l'aria intrisa dell'acre odore dei
caminetti accesi, i lunghi fusti degli alberi
presidiavano il bosco a guardia della fredda luce che ristagnava tutt'
attorno specchiandosi nelle pozze d’acqua rimaste sul fondo fangoso.
I rami intrecciati
oscillavano sferzati da un vento gelido,
mentre la brina si cristallizzava sulle foglie color zafferano
sparpagliate sul terreno viscoso calpestate dai rapidi passi di Barbara e del
suo compagno che percorrevano il lungo
sentiero che portava alla baracca di Gabriele.
Giunti in vista della meta
Luca si fermò e chiamò a gran voce l'amico. Questi, chino sull'orto , spiccava con colpi precisi di falce mucchi
d’erbacce che , sormontati i gradini,
s'erano arrampicate fin quasi
all'ingresso. Alzò il capo, piantò in
terra con un secco fendente l'arnese e , tergendosi la fronte con
l'avambraccio, diresse verso i due
amici lo sguardo offuscato da un sole
pallido che tentava di farsi largo tra la nebbia ancora fitta,.
"Ciao ragazzi! Qual
buon vento?" Domandò.
"Ciao!" rispose
spavaldo Luca "Vento di partenza! Prepara di corsa la valigia!"
Gabriele studiò perplesso il
dolce sorriso affiorato come d’incanto sul bel viso della ragazza e quello
furbo e compiaciuto dell'amico, un' insolita espressione di serenità distese
quei lineamenti accigliati, fu un breve attimo poi immusonì di nuovo.
"Cosa vuoi dire?"
"Abbiamo i soldi!"
Esclamò felice Luca.
"Quali soldi?" L'
ammutolì rabbioso."Non voglio quattrini da nessuno! L'elemosina si fa ai
pezzenti! Portateli per l'obolo in chiesa!"
"Di quale elemosina vai
cianciando?"Lo interruppe incredulo l’amico. "Ce li renderai. Poco alla volta! Quando potrai."
"Non li voglio! Andatevene!"Ribadì l’altro alzando le
spalle , poi si chinò ,strappò la falce dal terreno limaccioso e tornò a
tormentare cardi, fiori ed arbusti che, sconsiderati, gli capitavano a tiro.
A quel punto Barbara , che
fino ad allora era rimasta zitta ad ascoltare in disparte, s'avvicinò . Il tono
si fece serio.
"Ascoltami
attentamente! " Esclamò " Non pretendo che tu faccia salti di gioia,
ma per aiutarti abbiamo rischiato grosso, non meritiamo questo trattamento! Non
sopporto quest'atteggiamento da villano!"
Prese per mano il compagno e
si voltò per andarsene ma Gabriele la trattenne per un braccio.
"Scusate amici"
Sospirò come un ragazzino sorpreso a rubare la marmellata "Vi ringrazio di
cuore,ma sapete bene che non potrò mai restituirvi tutto quel denaro. Non posso
accettarlo"
"Tu invece li
prendi!" intervenne Luca." E te ne parti senza tante storie per
Roma!"
"Ma …mia madre…"
"Ci prenderemo cura noi
di mamma Lucia" lo rinfrancò Luca, poi volgendosi verso la compagna:
"Vero Barbara?"
"Certo! Non darti pena,
penseremo a tutto noi."
Gabriele accettò dalla mano
tesa dell'amico il fascio di banconote, li abbracciò entrambi e, dopo un ultimo rapido saluto, entrò in casa.
I due attesero che la porta
si richiudesse poi soddisfatti tornarono sui loro passi. Percorso il viottolo
che costeggiava la casa sparirono alla vista ingoiati dal fitto della macchia
delle macerine.
Ancora poche centinaia di
metri e gli alberi diradarono lasciando il posto a larghe chiazze di pascoli
erbosi. Il sole aveva tagliato la
nebbia e scaldato l'aria, niente di meglio che distendersi sull'erba soffice
del prato lì accanto per godersi quel piacevole tepore.
Luca sedette e appoggiò la schiena ad un grande masso che
affiorava dal terreno, Barbara si distese sull'erba adagiando la testa sul
ventre del ragazzo.
Sul pendio di fronte era
cresciuta una densa vegetazione, ciuffi di muschio verde scuro disegnavano un
raffinato tappeto coricato alle radici di pini maestosi. La grazia del dipinto
era perfezionata dai folti grappoli di fiori color porpora e oro . In cima ai
solidi tronchi di quelle stesse piante le chiome arabescate dai rami contorti
ombreggiavano le rupi scoscese che precipitavano a strapiombo sulle case del
paese.
Là dove lo sguardo arrivava
appena prima di perdersi alla curva dell'orizzonte, sottili alberelli dai
colori pallidi , quasi smorti, sbadigliavano arroccati sulla roccia, tutto
intorno aghi di pino e foglie secche. Un raggio di sole s'adagiò sul volto
della ragazza , il profumo dei suoi capelli eccitò il desiderio di Luca
che, preso il viso della ragazza tra le
dita , cominciò ad accarezzarlo . Schiuse le labbra e, dopo averle scoperto delicatamente una
spalla, le sfiorò con un bacio il collo . Barbara socchiuse gli occhi e si
lasciò andare.
Incoraggiato le scostò il cappotto e raggiunse il
vestitino di cotone rosso , lo sbottonò adagio e le scoprì i seni bianchi , lei
, colta da un fremito , l'abbracciò
forte.
Era diversa dalle altre, più
sincera, più vera. Non aveva paura, "non c'è niente di male se ci si vuol
bene " ripeteva spesso quasi a voler convincere se stessa."
Ma Luca sapeva quando fermarsi, conosceva la
mentalità della gente, sapeva bene che se tutto fosse finito un fiore colto non
sarebbe stato più buono per nessuno.
Inebriato dal profumo di
quella pelle liscia come il velluto non seppe far altro, posò il capo sul
grembo della compagna e s'abbandonò appagato a quell'intensa emozione di
serenità.
"Mi vuoi davvero
bene?"Chiese dolcemente la ragazza .
"C'è da
chiederlo?"Rispose Luca sfiorandole con le dita le labbra.
"Dicono che la guerra
stia per finire…"
"E con
questo?"Proruppe il ragazzo balzando in piedi con gli occhi stralunati
sotto le spesse lenti.
"Lo sai bene,i miei
vogliono tornare in città appena possibile, qui non hanno niente da rimpiangere
, nessun motivo per restare."
"Presto…molto presto,
tra un paio di settimane al massimo."
"E tu?"
"Cosa vuoi che faccia?
Dovrò partire con loro."
"Ma allora? Tutto
finito? Tutto svanito come non fosse mai successo niente?"
"Perché mai? Potresti
venire a Roma anche tu. Cercare un lavoro."
A queste parole Luca
irrigidì il volto, si sentì lacerare dentro, tacque. I suoi occhi , dietro quel
freddo vetro che s'appannava di pianto,
cercarono quelli di Barbara ,lo sguardo scivolò sul suo corpo snello,
poi rotolò nel fango.
Lo stomaco si contrasse fino a mordere, quella bruciante
sensazione di dolore cominciò a perforargli il petto come una sottile lama,
ingoiò il boccone amaro e, ripreso fiato, continuò:
"Mi
dimenticherai?"
"Come potrei?"
Rispose lei con voce tremante, poi
aggiunse"Ogni momento penserò a te, e forse un giorno…"
"Zitta per
carità!"La interruppe bruscamente ponendole la mano sulla bocca."Non
illudermi ancora! Fa male."
I due si guardarono
teneramente poi Barbara si sdraiò tirando
a se il ragazzo che le asciugò le lacrime scivolate sulle guance. La
baciò, la strinse al petto e intrufolò ancora una volta lo sguardo tra le
pieghe della veste sollevata .
S'era ormai prossimi all'ora
di pranzo quando si alzarono da quel
soffice giaciglio. Sistemati gli abiti stropicciati si ripulirono l'un l'altro
delle foglie secche appiccicate ai vestiti.
"I tuoi sospettano
qualcosa?"Domandò Luca
incamminandosi.
"Non se ne parla mai,
ma l'avranno pensato chissà quante volte. In fondo che c'importa?"Rispose
la ragazzina inghiottendo le ultime lacrime e sistemandosi i riccioli sulle
spalle.
"Già…tanto ormai."Balbettò
il compagno infilando le mani nelle larghe saccocce dei calzoni.
"Cosa vuol dire
ormai?" Rimbrottò spazientita quella arrestandosi di colpo."Sei tu
che non vuoi lasciare il paese!"
"Non potrei mai
farlo."
Tirò fuori le mani dalle
tasche , le prese la mano poi, riprendendo il cammino, continuò:
"Non ce la farei mai a
lasciare questi posti."
Barbara lo guardò con
tenerezza e lo rassicurò:
"Non ti perderò amore
mio.” Il tono si fece sommesso, il fiato corto, un po’ di batticuore, poi
continuò : ” Sono certa che ci ritroveremo."
La primavera guarniva di fiori poliformi i bordi della
strada bianca, miriadi d’insetti assediavano i cespugli tutt’intorno, i colori
si erano fatti brillanti, il cielo di un azzurro intenso.
Una curiosa simbiosi di
alghe e funghi era cresciuta a chiazze sulle rocce coprendo quasi interamente
con un soffice tappeto rossiccio quelle più prossime alle falde del monte.
Proseguirono in silenzio,
abbracciati.