Partorito nell’anno della
marcia su Roma è già un miracolo che il piccolo Walter non fosse stato
battezzato con il nome di Benito, ciò
nondimeno venne certamente educato nel culto della figura del Cavalier
Mussolini.
Considerato che Fernanda
nasceva cinque anni prima, allo scoppiare della rivoluzione bolscevica,
incuriosisce riflettere su come una coppia nata sotto tanto diversi auspici
avrebbe mai potuto andare d’accordo.
Piuttosto taccagno,
secchione e facilmente impressionabile ebbe però rispetto ai suoi fratelli la
volontà e l’intelligenza che gli avrebbero consentito qualche anno più tardi di laurearsi in Giurisprudenza.
Visse i primi anni nella città
natale e solo nel 1929 la famiglia si
trasferì a Roma nella signorile casa del quartiere Prati.
Erano gli anni del consenso
, a Roma come nel resto d’Italia brillava lo stellone del Duce che
apponeva la sua firma sui patti lateranensi
e trionfava nel plebiscito del 24 marzo
mentre a New York la borsa crollava di schianto.
I gemelli , l’uno portato
per le materie umanistiche, l’altro per quelle scientifiche, si somigliavano
come due gocce d’acqua , favoleggiava papà su tale circostanza raccontando che in occasione di un paio di esami riuscirono persino ad ingannare i professori
scambiandosi le parti per superare la prova di latino e matematica. Non so se
tale episodio sia realmente accaduto , comunque mi piace crederlo.
Un bel giorno, almeno per me
, che altrimenti non sarei mai venuto al mondo, il giovane Walter incontrò una
bella ragazza, se ne innamorò e cominciò a farle una serrata corte al limite
del parossismo.
Fernanda era andata via dal
paesello natio immerso tra i monti della Marsica , Pagliara dei Marsi , dove era nata e cresciuta, per cercare
miglior fortuna a Roma.
Orfana tra orfani dopo aver
lavorato in un collegio di bambini appena più piccoli di lei, aveva trovato
lavoro presso un istituto religioso, il
San Michele, lì mentre le suore si occupavano dei bimbi in età scolare, alcuni
giovanotti facevano da istitutori ai più grandicelli,
uno di loro era il mio dotto genitore.
Chi si occupava di servire a
tavola questi precettori era proprio mia madre, stando al racconto di papà si trattò di un vero colpo di fulmine.
Il timido insegnante in
fatto di donne era un vero disastro – purtroppo avrebbe tramandato tale rovinosa eredità al figlio minore - e non sapendo come comportarsi per rompere il ghiaccio e attaccare
bottone con la leggiadra fanciulla non trovò altro sistema se non quello di
scrivere un caramelloso biglietto d’amore da
nascondere nel cestino del pane.
Quando la giovane sparecchiò
la tavola trovò la lettera e , scorse le parole che quel ragazzo di buona
famiglia le aveva dedicato , arrossì,
preferì tuttavia non farsi illusioni,
era diffidente nei confronti di quel signorino troppo al di sopra della sua
condizione sociale , nei giorni seguenti evitò persino d’incrociare lo sguardo
con l'ardente corteggiatore.
Le proposte indecenti del
satiro di via Pompeo Magno si fecero più insistenti e la ragazza cominciò a cedere giorno dopo giorno al fascino di quello che sarebbe diventato
il padre di cotanto latin lover. Non
aveva scampo, lo sapeva, ne parlò con Suor Teresa , sua amica e
confidente, la religiosa le consigliò di provare.
Era perduta!
Mentì spudoratamente alla madre superiore dell’istituto e ,con la scusa di andare a trovare la sorella Maria, allora residente a Tivoli, andò all’appuntamento che lo sciupafemmine del quartiere Prati le aveva dato in un parco nelle vicinanze del San Michele.
Il poveraccio al primo
appuntamento rimediò una sonora buca ciò nonostante continuò a corteggiarla ,
tornando, testardo come un mulo più volte alla carica , finché, durante una lunga passeggiata all’ombra del
Colosseo , la pulzella, finalmente persuasa sulle reali intenzioni del suo
vischioso spasimante, capitolò.
Un forte grido, “Hurrà!” ,venne giù dal cielo: eravamo
noi, futura prole, che scalpitavamo nell’impazienza di venire al mondo.
Nell’anno accademico
1945-1946 Walter si presentò all’appuntamento con la laurea presentando una tesi su La
tutela penale del sentimento religioso , l’argomento aveva l’aria di
rivelarsi piuttosto soporifero , il relatore Prof. Jannitti Piromallo Alfredo
evitò così di leggerla e il 26/7/1946 gli rilasciò il dottorato.
Sulla prima pagina del
volumetto rilegato la doverosa dedica del neolaureato alla promessa sposa:
A Nanda mia che, allietando le ore buie e temperando con la sua
serenità gli attimi di entusiasmo, concorse per metà al nostro primo successo
con infinito affetto Walter.
La guerra
era appena finita, la capitale riprendeva a vivere , nell’ex sede del soppresso ministero delle Corporazioni si era
installata la commissione alleata di controllo – già AGM , Allied Government of
Enemy Territory - è qui che il neolaureato trovò il suo primo vero impiego
presso l’ufficio archivio, accanto a lui un ragazzo che diventerà uno dei suoi
più cari amici, Romolo Mattiello.
Divideranno
per circa un anno la stessa scrivania sistemata nel gigantesco androne posto
oltre la caratteristica facciata di via Veneto all’angolo con via Molise. Nel
monumentale palazzo per anni sede del ministero dell’Industria , diventato oggi
ministero delle attività produttive,
affluivano centinaia di fascicoli che si occupavano di Resistenza,
situazione politica e civile e ricostruzione politica ed economica , mappe e
documenti dell’occupazione alleata da esaminare . Ai due amici era affidato
l’importante compito di operare un’oculata
cernita di quelli da conservare e trasmettere allo Stato Italiano per quando la
commissione avrebbe chiuso i battenti e
il nostro Paese sarebbe stato in grado di tornare a camminare con le proprie
gambe.
Dopo il
lavoro Romolo e la sua fidanzata Rita accompagnavano papà alla stazione
Termini, piazza Esedra per la precisione, era quello il tradizionale luogo
d’appuntamento con mia madre .
Ma anche per l’esercito d’occupazione arrivò il momento di tornare a casa , l’ottava armata lasciò la città eterna e Washington smise d’occuparsi dei fatti nostri lasciando all’assemblea costituente la scelta della forma di governo da adottare dopo la Liberazione , così la ACC si sciolse e papà perse il lavoro.
Non gli restò che trasferirsi a Milano dove nel frattempo aveva trovato un posto di lavoro presso le assicurazioni Generali lasciando a malincuore la sua morosa a Roma . Trascorse ancora qualche mese poi Fernanda dovette sottoporsi ad un appendicectomia e preferì andare a trascorrere la convalescenza a Tivoli ospite di zia Maria e zio Gino.
Il focoso spasimante, sempre
più impaziente , aveva ormai deciso di
saltare il fosso ma prima di appendere i preservativi al chiodo
volle raggiungerla nella maleodorante cittadina laziale per
conoscere i suoi parenti più cari , questi ricambiarono quella curiosa
invadenza con uno di quei pranzi tipicamente abruzzesi, abbondanti genuini e
innaffiati da buon vino e cortesia.
Quel saltapicchio mingherlino, tutto nervi e carattere, piacque
moltissimo ai due che, approvata la scelta della congiunta , diedero la loro
benedizione all’unione . Intendiamoci: non che mia madre ne sentisse il
bisogno.
Rimessasi dopo l’intervento
Ferandella sarebbe dovuta tornare al lavoro
ma non ne ebbe il modo , il promesso sposo non perse altro tempo e nel
giro di pochi mesi la condusse all’altare.
Il 24 aprile 1948 in Assisi
i due convolarono a giuste nozze , pochi giorni prima, il 18 aprile, le
elezioni politiche avevano decretato la vittoria della Democrazia Cristiana di
De Gasperi , zio Gino e il piccolo
Lello gli invitati della sposa - zia
Maria non andò perché aveva Mimmi di appena sei mesi - zio William e zia
Adriana quelli dello sposo.
Gino aveva con sé una
valigia piena di fettuccine, abbacchio e buon vino: il pranzo di nozze. Nessun
abito da cerimonia ,un sobrio tailleur
per lei, il vestito delle feste per
lui. I genitori di lei parteciparono alla cerimonia dal Paradiso, quelli di lui
rimasero a casa, nonno Caio avrebbe voluto esserci ma l’acidula consorte non aveva voluto sentir ragioni e ,ancora una volta, per il quieto vivere preferì
rinunciare anche lui.
Il viaggio di nozze non
ebbero né il tempo né i quattrini per farlo.
Cominciò così l’
avventura dei coniugi Tiddi-Bellizi , un legame indissolubile che
li vedrà affrontare insieme un lungo
cammino irto di tribolazioni e difficoltà non scevro comunque da una certa dose di soddisfazioni , più o meno
una ogni quattro anni .
I due impiegheranno però ben nove anni prima di
mettere a segno il loro colpo migliore , fornendo l’uno seme di prima qualità,
l’altra un ovulo di gran classe
genereranno nell’aprile del ‘57 il genio del millennio , ma diamo tempo al
tempo.
Dopo la liberazione il
centro vitale della ripresa economica è Milano e proprio nel capoluogo lombardo
Walter trova un lavoro presso le assicurazioni Generali
grazie ai buoni uffici di papà Caio.
Comincia la sua carriera
come impiegato all’ufficio arretrati , da allora quello sarà il suo destino: in
un modo o nell’altro correre dietro agli assicurati che non vogliono pagare i premi o far causa alle assicurazioni
che non intendono risarcire i danni.
Proviamo ora a disegnare uno
spaccato di quell’Italia con le pezze al culo
appena uscita malconcia dalla guerra.
Nelle città si coabita a
causa della penuria di alloggi, le giacche si rivoltano infinite volte e i
cappotti vengono cuciti con le coperte militari alleate tinte di marrone per
far sparire i gradi e le mostrine.
Al governo Parri, il primo
dopo la liberazione, segue il I° Governo De Gasperi, proprio l’uomo di punta
della Democrazia Cristiana, insieme a Nenni e Togliatti muove le fila della
ricostruzione.
Sulle macerie dei
bombardamenti si comincia a rimettere mattone su mattone, all’orizzonte
s’affaccia il neorealismo di Roberto Rossellini di “Roma città aperta”.
Si scioglie il Partito
d’Azione , l’Italia va alle urne, il 2 giugno1946 sceglie la Repubblica al
compromesso regime monarchico. Il re di maggio parte per l’esilio, gli succede
sul trono repubblicano Enrico De Nicola, mentre De Gasperi continua a mietere
quei successi che lo manterranno al governo, sia pure in diversi rimpasti di
gabinetto, fino al luglio del 1953,dopo
il suo ottavo governo, poco prima della sua morte.
Gli abitanti delle grandi
città tornano a fare la villeggiatura.
L’idroscalo di Milano è la
meta delle vacanze dei miei genitori in
quei primi anni di matrimonio, Varedo è infatti la località a trenta chilometri
da Milano dove mettono su casa, una camera ammobiliata di una villetta di
proprietà di una vedova.
Walter guadagna 21.000 lire
al mese e 8.500 se ne vanno in un
baleno per l’affitto, di lì a poco oltretutto la coppia sarà costretta a fare le valigie : Piero sta per
nascere e la padrona di casa, appena saputo della cicogna in arrivo , intima lo
sfratto ai due languidi sposini.
E già, Walteruccio e Nandina
si mettono subito al lavoro e il 25
gennaio 1949 la trentaduenne Fernandella – non certo una ragazzina di primo
pelo - da alla luce in una gelida
Milano il primo dei suoi gioielli :
l’inesperienza non aiuta , la nebbia fa il resto e il risultato è quello che
tutti possono vedere sbirciando tra le imposte di via Tembien 15.
E’ la prova generale, con il secondo aggiustano il tiro ma
esagerano in fase di allungo , con il
quarto infine , considerando la terza un tragico incidente di percorso ,
chiudono il cerchio portando a termine
l’ indiscusso capolavoro.
All’inizio il primogenito
sembra essere un bel bambino , ma purtroppo si tratta di semplici allucinazioni
dovute con ogni probabilità all’endemica
malnutrizione del periodo , col
tempo infatti l’evidenza salta agli occhi
, la coppia vacilla, la tentazione di legarlo ad una pietra miliare
lungo la consolare e svignarsela sembra
prendere il sopravvento , poi , consapevole del fatto che si tratta pur sempre
di sangue del proprio sangue, decide
di tenerlo.
Dopo la nascita di Piero i
miei fanno fagotto e lasciata Varedo si stabiliscono in città , un piccolo sottotetto in Piazza Cordusio di
fronte agli uffici delle Assicurazioni Generali , il fabbricato è lo stesso
dove lavora il capo famiglia.
L’appartamentino è privo di
gabinetto ,per andare in bagno occorre attraversare un lungo corridoio e
aspettare che si liberi perché sullo stesso piano abita anche la famiglia
Tonolini e un giovanotto trasferitosi nel capoluogo lombardo per motivi di
studio.
La domenica sera il novello
padre di famiglia per integrare il
magro salario si reca al Totocalcio per
lo spoglio delle schedine , spesso
rincasa tardi, la consorte , sola nell’oscurità di un freddo abbaino in cima a
quell’anonimo e spettrale palazzone , stringe forte il suo Pierino cercando di
vincere la paura e dormire un poco, poi
scosta la copertina dal viso della sua creatura, la osserva attentamente
e fugge terrorizzata in cerca di aiuto.
La fitta nebbia che avvolge
la metropoli meneghina tende , è vero,
a celare gli sgraziati – e dico poco - lineamenti del piccolo, rende tuttavia ancor più sinistri quei
lunghi inverni , così Walter si da da
fare – da da? Bruttino.
E’ vero . Vedete un po’ voi se trovate qualcosa di meglio – per
traslocare e chiede ed ottiene dall’Ina -
casa come dipendente del Leone di Trieste un nuovo alloggio in locazione.
Il 27 febbraio del 1951
viene finalmente invitato a scegliere l’appartamento e il 2 marzo successivo
gli viene assegnato quello di via Diomede 30.
Di lì a poco però Caio
- che di nascosto dalla moglie continua
ad aiutare figlio, nuora e nipotino
- riesce a far trasferire Walter
all’ombra del Cupolone , adesso occorre
far presto ad affittare la casa di via Diomede , prima di tornare nella
capitale per trovare una nuova dimora.
Tra papà e l’Ina - casa
inizia a questo punto una sorta di querelle , la società proprietaria
dell'immobile tenta infatti d'impedirgli di affittare l’appartamento
accusandolo di speculazione , una fitta corrispondenza intercorre tra le due
parti in conflitto , alla fine dei
giochi sarà il dott. Tiddi a spuntarla e tramite il caro amico Rino, un collega di lavoro, riuscirà a locare
l'appartamento ammobiliato al sig. Aristide Vignaga per un canone di 20.000
lire al mese , allo stesso sarà venduta per 5.000 lire anche la famosa biciclètta del piccolo Piero.
Nel frattempo la
famigliola varca l’Appennino e prende a pigione dalla signora
Teresa Grillo in Di Vincenzo , per 8.000 lire al mese, un nuovo alloggio in Trastevere , al civico 14 di via Garibaldi . E’ il 1
agosto 1952 , l’abitazione è composta da tre camere, un ingresso la cucina e il
gabinetto al secondo piano interno 11.
La famiglia Tiddi comincia a
passarsela un po’ meglio e il patriarca indiscusso del clan ad intraprendere una brillante carriera, anche se per lavoro è spesso costretto a vagabondare
tra l’Abruzzo e l’Umbria.
Il lavoro comincia a
piacergli, un po’ meno alla consorte che spesso resta sola ma almeno non è più
costretta ad aspettare il ritorno del marito nel gelo e nell’oscurità di via Cordusio .
Nella nuova casa nasce il
giorno 11 maggio del 1953 Paolo.
Il caso vuole che in quello
stesso giorno venga inaugurato con fuochi d’artificio e grandi feste l’Olimpico, il nuovo stadio ristrutturato della capitale futura cattedrale
del tifo giallorosso.
E’ bene puntualizzare che i
due coniugi non aspettano affatto Paolo
ma Aurora , se è vero come è
vero che l’amico Milani scrive quattro giorni dopo il lieto evento, non avendo evidentemente
ancora avuto la buona novella:
“la mia cara Bice sta terminando i due corpettini per Aurora e in
questi giorni te li faremo avere con pacchettino postale. Fai alla tua Nanda
tutti i nostri più cari e affettuosi auguri per un parto sano e felice che
porti nuova gioia e serenità alla tua famiglia e che Pierino e Aurora siano la
vostra consolazione e la gioia della vostra vita.”
Le premesse non sono tali da
consentire alla coppia di nutrire grandi speranze sulla riuscita del nuovo
prodotto eppure il nuovo arrivato, anche se fornito di un pistolino dalle dimensioni piuttosto ridotte diventa ben presto il cocco di papà ,
forse in virtù del fatto che , meno piagnone
del fratello, si dimostra più disposto a girare l’Italia insieme all’impavido
genitore croce e delizia delle varie
amministrazioni comunali del centro sud ma soprattutto affezionato cliente degli incorruttibili
pizzardoni dell' urbe.
A questo proposito
permettetemi di fare un balzo in avanti
di una trentina d’anni . Ahiò! La mia povera schiena!
Sintomatiche della scarsa
attenzione prestata dall’avvocato Tiddi
al codice della strada le condizioni del paraurti del leggendario Cinquecento nero, che, parcheggiato
invariabilmente sotto casa e appoggiato a un alberello nel periodo a cavallo
tra la seconda metà degli anni settanta
e il tramonto degli anni ottanta,
finirà per assumerne i precisi
contorni: il culo dell’auto
ovviamente sporgeva , la multa pertanto era
sempre in agguato.
In questo caso c’era poco da discutere l’incauto automobilista
non poteva che metter mano al portafogli e pagare , diverso era viceversa
l’atteggiamento del nostro Nuvolari
dell’africano quando, pizzicato in
acrobatiche conversioni ad U o
sorpreso a passare con il rosso – non ravvisava soverchie differenze tra un
semaforo e un albero di Natale – si vedeva recapitare dal postino o
dall’ufficiale giudiziario si turno tonnellate di contravvenzioni.
Mostrando una spiccata
originalità nell’interpretazione delle
leggi sosteneva - anticipando
in questo il celebre assunto
di Vujadin Boscov “Rigore
è quando arbitro fischia!” - che “ Multa è quando vigile fischia!”, munito pertanto di
foglio extra-strong, carta velina, carta carbone –rigorosamente
riciclata - e olivetti 32 sedeva alla sua
scrivania e compilava l’immancabile ricorso da spedire in Prefettura:
Questa la lettera tipo:
Il sottoscritto Tiddi Walter abitante a Roma, Piazza Gondar 14,
proprietario dell’autovettura Fiat 500 targata Roma E99978, chiede
l’annullamento del verbale n. … redatto il ...
e allegato in originale in quanto l’agente operante non ha specificato i
motivi per i quali non ha intimato l’ALT al conducente ai sensi dell’art.141
C.S.
Le sanzioni pecuniarie, il
cui importo era nel frattempo raddoppiato, diventavano così un titolo esecutivo
che l’oppositore era regolarmente costretto a pagare , ciò nonostante l’ Avvo non abbandonerà mai
tale bislacca pratica.
Gli ultimi verbali
arriveranno a grappoli dopo la sua morte
prontamente saldate dagli increduli eredi.
E’ di questi giorni la notizia che un prefetto ha accolto il ricorso di un suo emulo che si è rifiutato di pagare una contravvenzione perché non è stato fermato dal pizzardone : che precursore mio padre! Incredibile. Ha sempre avuto ragione lui !
Ma torniamo ai favolosi anni
cinquanta, proprio in quegli anni il nostro provetto guidatore acquista la prima fiammante utilitaria ad
uso e consumo della famigliola , una magnifica giardinetta verde e nera
orgoglio e vanto di casa Tiddi , nel frattempo scade però il contratto
d’affitto di via Garibaldi e i nostri eroi
sono di nuovo costretti a fare le valigie .
Il 28 marzo dell’anno del
Signore 1955 firmano una montagna di cambiali
al commendator Vittorio Miconi per comprare l’appartamento di via Gaetano Capocci 24 composto da tre camere,
bagno e cucina , l’acquisto verrà perfezionato il 17 aprile 1956.
La nuova casa sorge in
periferia, un rione tranquillo e scarsamente popolato che diventerà in poco
tempo una zona commerciale tra le più frequentate della capitale , quel quartiere
africano nato ai tempi della guerra d’Africa.
In quel territorio fino a
pochi anni prima c’era stato ben poco ,
solo rane, campi e fossati che convergendo a piazza Annibaliano, dove c’era il
cinema Trieste, formavano una
marana.
Proseguendo s’incontrava
viale Eritrea , lì nel 1932 era stato costruito , con il contributo del
Vaticano , un primo lotto di modeste
abitazioni senza bagno né ascensore.
Percorrendo il lungo
viale si arrivava a piazza Santa
Emerenziana , al posto della chiesa, costruita solo nel 1942 , c’era un grande
prato con al centro una fontana attorniata da nugoli di galline .
Oltre la piazza cominciava
viale Libia, una lunga teoria di prati fatti a buche che una volta riempite formeranno le fondamenta delle
case in una delle quali abito oggi, le
prime furono costruite nel 1945 .
Intorno ai palazzi in
costruzione di piazza Vescovio le antiche ville che costeggiano villa Ada , le
casupole popolari abbattute una dopo l’altra per allargare via Salaria e gli
eleganti palazzi di via di Priscilla, piazza Verbano e viale Regina Margherita.
Per prendere il primo
autobus per il centro occorreva portarsi su via Nomentana e raggiungere Porta
Pia , tra via Lago di Lesina e via Sirte sorgeva il mercato che nel 1935 era
stato trasferito da via Chiana , le
bancarelle arrivavano fino a piazza Annibaliano, nel 1960 sarà spostato in via Massaciuccoli e solo nel 1966 verrà edificato l’attuale mercato
coperto di via Dire Daua.
Oltre viale Somalia e viale
Libia il deserto , ed è proprio in quelle
lande desolate tutto prato e canneti tra il quartiere africano e quello delle
Valli , non ancora collegato dal lungo
viadotto , che all’imbrunire dei ruggenti anni ‘50 gli operai della
Cooperativa Gondar lavorano alacremente.
Ci arriveremo tra breve.
Intanto da Milano
l’inquilino di via Diomede , il sig. Vignaga,
si trasferisce a Bergamo e papà , grazie alla collaborazione del solito
Rino Milani, riesce ad affittare di nuovo l’abitazione di via Diomede - divenuta
nel frattempo via Terragni - al sig. Alberto Redi, alias Carmelo Rapisarda .
Mai decisione si dimostra
più infelice , il nuovo inquilino infatti, disattento e tardivo nei pagamenti,
mette a dura prova la pazienza del padrone di casa , per farsene un’idea
basterebbe dare un rapido sguardo alla
pila di telegrammi di sollecito che quest'ultimo è sistematicamente costretto
ad inviargli ogni fine mese.
Un importante cliente delle
assicurazioni Generali con il quale Walter ha spesso contatti di lavoro è
Pietro Zeppieri, razza padrona e rude proprietario di un’ autolinea
extraurbana. Quest’uomo, spiccio nelle scelte e rude nei modi, avrà di lì a
poco un ruolo decisivo nella carriera del giovane procuratore legale, è presto
per parlarne, ci basti per ora sapere che l’imprenditore in questione dirige
anche una compagnia d’assicurazioni e
,a conoscenza delle indubbie capacità professionali del Dottor Tiddi si è messo
in testa di metterlo a capo dell’ufficio sinistri .
L’allegra famigliola che
fino a quel momento si è recata in
villeggiatura a Pagliara ospite di
nonna Giulia - sorella della povera Aurora -
o di zia Maria, decide di acquistare una casetta in paese, è il 1955.
A dire il vero un alloggio l’hanno già adocchiato alla periferia del paese , Pagliaterra appunto, e induce in tentazione anche l’acquisto di una villa adiacente la strada provinciale in località Fontinova per sole 600.000 lire, ma il capo famiglia preferisce una collocazione più centrale per il villino di famiglia e finisce per decidere altrimenti, viene così acquistato per un costo di 40 lire al metro quadro un pezzetto di terra sotto Piazza San Salvatore , su di esso con una spesa totale di 900.000 lire verrà costruita poco dopo “Villetta Fernandella”.
Nel frattempo sta maturando nel ventre di mamma quel che da insigni storici e valenti scienziati è indicato come il capolavoro indiscusso ed irripetibile delle lascive e tempestose notti dei due focosi amanti .
Anche il sottoscritto non è molto atteso, si desidera infatti
completare la nutrita figliolanza e
chiudere definitivamente la serie con una dolce e graziosa femminuccia che possa impreziosire il gruppo con un
tocco di grazia e avvenenza , doti del tutto estranee ai due maschiacci già in
formazione.
E’ il 5 aprile 1957 , un
venerdì mattina , il prodigio si compie: il quartogenito di Walter Tiddi,
giovane dottore in legge , e Fernanda Bellizi, zelante massaia quarantenne alla
ricerca del non plus ultra alla sua finora insoddisfatta vocazione
materna , scorgendo la luce in fondo al tunnel, approfitta astutamente della
situazione e della comprensibile disattenzione del personale medico teneramente
distratto dalla capofila, e di
soppiatto s’accoda alla sorella.
Pochi giorni prima, il 25
marzo per l’esattezza , a Roma vengono firmati i trattati istitutivi della CEE
, sono i prodromi della nefasta unità economica europea che porterà 43 anni più tardi alla iattura
dell’introduzione nei paesi membri della maledettissima moneta unica .
Il commento dello storico
evento – non quello appena menzionato,
sto parlando della nascita dell’autore
di questo diario - affidato
all’inconfondibile verve di Nicolò
Carosio terrà incollati alla radio in
quei radiosi giorni di aprile milioni e milioni di italiani.
“Signori e signore buongiorno,
sono le sette del mattino di venerdì 5 aprile e nella clinica “Regina Elena” di
viale Giulio Cesare in Roma, la gentile signora Fernanda sta per dare alla luce
la sua creatura.
Sarà la tanto sospirata femminuccia?”
Interrompiamo un attimo la
radiocronaca per puntualizzare che in realtà
il parto gemellare era già previsto, il dott. Gastone Ambesi infatti nel
relazionare la radiografia effettuata dalla gestante il 25 febbraio di
quell’anno annotava:
“L’indagine radiografica diretta dell’addome mostra presenza di
gravidanza gemellare con feti all’ottavo mese circa ben ossificati.”
La ghiotta notizia non era tuttavia trapelata perché il servizio di quello straordinario avvenimento era stato concesso in esclusiva alla Rai.
Torniamo ad ascoltare la
voce del commentatore.
“ Mi sembra di udire un vagito...proviene dalla sala parto...ma sì ora è
chiaro e distinto...abbiamo qui il padre, non osiamo intervistarlo è in
trepidante attesa...un momento...chi sta uscendo? Ma sì è l’infermiera! Cosa
dice? E’ una bambina! Evviva! Sig. Tiddi...Sig. Tiddi....macché è già
lontano...raggiante. Dov’è andato? A telefonare? Ma sì certo vorrà avvertire
parenti ed amici. Auguroni!
Cari ascoltatori, finalmente in casa Tiddi è nata la tanto sospirata
Aurora...ma...un momento...cosa? Pazientate un momento... siamo ancora in collegamento
diretto con la sala parto. Un nostro collaboratore è dentro per noi...sì
’...capisco...ti passo la linea!
Gentili ascoltatori, sembra ci siano novità passo la linea al collega.”
“Buongiorno, perdonerete l’emozione, ma pare...anzi è certo! Sta per
nascere un secondo bambino!
L’ostetrica sente al tatto qualcosa di duro. Sarà un maschio! Sì...sì
non è affatto divertente...ma cos’è che sta venendo fuori? Cosa! Non credo ai
miei occhi...un paio di occhiali! Incredibile signore e signori per ora son venuti
alla luce soltanto un paio di occhialoni con lenti piuttosto spesse...ma...un
istante...e adesso? Eccolo! Fa capolino...è un maschietto...un pupetto con gli
occhiali!?
Tentiamo d’intervistarlo! Solo un istante...ci dica qualcosa...un
commento prego…"
“Ma me volete rida’ l’occhiali! Nun vedo ‘n tubo!”
Bello, grande e grosso
inforcai le lenti ,socchiusi gli occhietti becalini tentando di dare
un’occhiata nei paraggi , poi, intuito
un albo di Tex sul comodino, cominciai
a sfogliarlo per leggere avidamente le palpitanti avventure
dell’intrepido ranger senza macchia e senza paura meglio noto come Aquila della Notte.
Tornai a casa, questa volta
fuori dalla sacca, pochi giorni dopo e, considerando che sin da allora i dicci mi stavano sulle palle, il 6
maggio feci cadere il governo Segni.
A questo punto vorrei illustrare una mia interessante teoria che spiegherà a tutti voi, e in particolare alla mia petulante consorte , per quale ragione non mi è possibile indossare indumenti attillati e in particolare pantaloni aderenti che d’altra parte renderebbero ancor più evidenti all’altezza del cavallo le mie doti da instancabile stallone. Il motivo è presto detto: mentre si galleggiava nel ventre materno, l’invadente sorellina si era impadronita dell’intero sacco amniotico, lasciandomi relegato in un cantuccio angusto e maleodorante nei pressi della parte terminale dell’intestino.
Perciò, cara la mia Lety, prima di lamentarti perché sembra che io indossi gli abiti di mio fratello maggiore, rifletti attentamente e pensa alle sofferenze e al disagio di quei nove mesi in condominio forzato.
Bando agli scherzi.
Torniamo a bomba. Boom! Mamma mia che cazzata!
Il 25 settembre di quell’anno il sig. Redi, nell'ennesima lettera di scuse dove tenta di giustificare il consueto ritardo nella rimessa dell’affitto dell’appartamento meneghino , definisce me e la mia invadente compagna di viaggio “due splendidi gemelli”. Naturalmente lo scaltro locatario si riferisce soltanto al magnifico esemplare maschio del parto plurimo ma preferisce estendere tale apprezzamento all’interezza della coppia non volendo fare un torto alla mia ex - coinquilina che correrebbe il concreto rischio in caso contrario di crescere con gravi turbe psicologiche , diretta conseguenza del trauma che fatalmente le deriverebbe dal prendere coscienza della sua pochezza al mio confronto.
Pericolo scongiurato per Piero e Paolo che hanno già capito con chi avranno a che fare e rincuorati dai premurosi genitori riescono a superare indenni il crudele impatto con l’inconfutabile verità : era nato er mejo ! Autentico prodigio di bellezza, vigoria fisica ed intelligenza.
Ora mi sono rotto i coglioni di coniugare al presente , è impegnativo e mi tocca modificare l’intero edificio sintattico già predisposto , mi affiderò pertanto al passato remoto, tutt’al più a quello prossimo, per raccontarvi il seguito dell’intrigante saga familiare in versione patinata che mi vede nel ruolo dell’affascinante protagonista. Torneremo a volgere i tempi al presente quando si tratterà di rileggere le vicende e le pagine di storia intersecate a questo mio lungo racconto, insomma a contestualizzare come dicono i letterati. Siete d’accordo? Ok! Tanto decido io, rassegnatavi quindi a bere ancora qualche sorso di questa tisana soporifera imbevuta di cloroformio.
Tipici prodotti del benessere e del miracolo economico crescemmo come molti bambini dell’epoca - oggi adulti disoccupati o , in casi più fortunati, precari senza arte né parte - divorando intere scatole di omogeneizzati e pappine al Plasmon che finivano fatalmente spalmate sui moderni pannolini usa e getta disperdendo nell’aria odori nauseabondi. Belli , paffuti e floridi ma con scarsissima attitudine alla lotta , come spesso accade ai nati nel tuorlo dell’uovo , io particolarmente belloccio, come d’altronde sono ancora oggi, Aurora un po’ piagnona e fija de’...,come d’altra parte è ancora oggi.
Per darvi un’idea della conflittualità insita nel nostro menage di gemellini e dell’arrogante prepotenza di mia sorella mi basterà raccontarvi uno dei tanti episodi cui molti hanno potuto assistere osservando increduli quanto accadeva al crepuscolo degli anni cinquanta lungo il marciapiede assolato di viale Somalia .
Prima dell’ora di pranzo o dopo il riposino pomeridiano si era soliti andare a spasso con la mamma o con la balia a bordo del nostro passeggino biposto , ovviamente la dispotica femmina s’accomodava sul sedile di destra lasciandomi in balia dei micidiali fumi delle auto che sfrecciavano lungo la strada , ma quel che è peggio s’impadroniva del biberon, che da contratto avremmo dovuto equamente dividere, e se lo scolava tutto lasciandomi digiuno e disperato a meditare sulle ingiustizie della vita.
Nonostante i patimenti e le prevaricazioni che da allora avrei dovuto subire il fatto veramente essenziale fu che da allora i “doppareji “ diventarono una solida realtà, il copione che ci avevano assegnato era ambizioso , in un primo tempo una cupa storia di solitudini parallele, in seguito la trama avrebbe assunto i contorni di un variopinto affresco colmo di amori ardenti e briose peripezie vissute al ritmo sfrenato di un videoclip.
Ma che cazzo sto a di’? Devo aver mangiato pesante…forse le melanzana alla parmigiana con contorno di peperoni .
La produzione incontrollata
di pervicaci spermatozoi tra le lenzuola del talamo nuziale rese intanto le
dimensioni dell'appartamento di via Capocci non più adeguate ad ospitare la
numerosa prole , ergo si
prospettò ancora una volta la necessità
di traslocare .
Poco lontano stavano
innalzando un nuovo edificio a due passi
dalle sponde dell’Aniene – ricordate? – là dove il fiume
sfiora i binari della ferrovia
e solleva al mattino la bruna che lambisce oggi il fianco del viadotto
delle Valli - senti che poesia - è
lì , al numero civico 14, che una volta terminata la costruzione, la famigliola
si trasferirà poco dopo , la prima rata
sarà pagata il 22 novembre 1958.
Il nuovo alloggio costerà in
tutto 12 milioni, finiranno di pagarlo a prezzo di duri sacrifici e
indispensabili rinunce diversi anni più tardi .
Con la famiglia al completo
e il nuovo appartamento si apriva intanto il nuovo decennio , trascorse
l’inverno, seguì la primavera poi , nel luglio del 1960 , avvenne un fatto nuovo.
Trascorrevamo le vacanze estive a Ladispoli , papà ci raggiungeva nel fine settimana e il lunedì se ne tornava in città per riprendere il lavoro. Una mattina , rientrando a casa, trovò ad aspettarlo nella cassetta delle poste una raccomandata delle assicurazioni Generali nella quale , per ragioni mai chiarite, si annunciava il suo trasferimento ad altro incarico.
Una rapida scorsa alla
lettera gli bastò per capire che era
già tempo di levare le tende, così,
accusato il colpo , l'impulsivo genitore non ci pensò più di tanto e
preferì presentare le formali
dimissioni per emigrare alla Torino assicurazioni.
Nel frattempo però il
Commendator Pietro Zeppieri , quello scontroso imprenditore di cui abbiamo
parlato qualche riga più indietro, non s’era perso d’animo e aveva perseverato
nel corteggiare l'irrequieto manager nel tentativo di convincerlo ad entrare
nella sua azienda stuzzicandolo con le melliflue lusinghe di una folgorante carriera.
Il dr. Tiddi nonostante alla Torino percepisse un lauto
stipendio non era per nulla soddisfatto
del nuovo lavoro perciò, non riuscendo
ad ottenere quelle che egli considerava doverose gratifiche, liberò di nuovo la
scrivania e si trasferì alla corte del padroncino reatino presso la società d’assicurazioni
L’Edera anticipando così di quarant'anni l’epoca della
flessibilità nel mondo del lavoro tanto in voga al giorno d’oggi che recita più
o meno :
” lavori finché mi servi, poi puoi pure andare a fare in culo.”
A quei tempi però le cose andavano diversamente, se valevi
qualcosa non avevi difficoltà a trovare in breve tempo una nuova occupazione.
Una volta all’opera il novello dirigente organizzò l’intero
ufficio sinistri, ma aveva ormai aperto le vorticose danze e dato inizio al
capriccioso valzer che l’avrebbe visto congiungersi ad una mezza dozzina
di compagnie d'assicurazione -
a dire il vero se lo litigavano - senza riuscire a sposarne alcuna.
Anche la collaborazione con
il burbero Zeppieri aveva d’altronde ,
sin dall’inizio, i giorni contati, minata com’era da un assoluta
incompatibilità di caratteri . Se è vero infatti che il neo assunto dirigeva
l’intero servizio ed era secondo soltanto al padrone delle ferriere, è
altrettanto vero che il rude temperamento di quest’ultimo non era in sintonia
con quello indipendente di Walter Tiddi che
se decideva di liquidare un sinistro per 60.000 lire si vedere
respingere l’istanza dall’intransigente
principale convinto che ne sarebbero bastate 30.000.
Il solerte funzionario stava
per abbandonare di nuovo la barca in cerca di nuovi lidi dove gettare l’ancora,
ma prima di tornare alle mirabolanti peripezie della famiglia Tiddi, facciamo
un passo indietro e diamo un’occhiata a quel che era avvenuto nel frattempo in
Italia.
Diversi avvenimenti avevano segnato a caratteri ora cupi ora rosa i contorni di una nazione che rinasceva dalle ceneri della guerra, elenchiamo ora quelli che più di altri caratterizzarono quei giorni.