Avrò avuto sì e no una decina d’anni quando domandai
a mio padre, seduto come al solito alla
scrivania del suo studio , cosa occorresse per scrivere un libro , comporre un
vero romanzo insomma è sempre stato il mio sogno nel cassetto.
Mi aspettava un noioso pomeriggio di pioggia con il viso incollato ai vetri della grande
finestra a parete della mia camera a contare le auto in transito tra piazza
Gondar e viale Libia . Ma il traffico sembrava scarso , probabilmente era
domenica.
Papà era completamente assorto nel suo lavoro -
aveva sempre avuto la pessima abitudine di non ascoltarmi – mi vidi pertanto
costretto a riformulare la domanda.
Stavolta mi sentì. Sollevò lo sguardo, posò la
matita ben temperata sul foglio protocollo e mi fissò . Aveva un’espressione
compiaciuta , restò pensoso a carezzarsi il mento come a cercare la risposta
più adeguata, poi, finalmente , si decise:
“Una penna biro , un quaderno e tanta fantasia”.
Da quel giorno
sono trascorsi quarant’anni , la penna per schizzare il brogliaccio l’
ho impugnata centinaia di volte ed altrettante
è finita nel cassetto restandoci per anni , lo stesso è capitato al quaderno , la fantasia poi l’ ho persa
quando al posto dei fumetti e dei libri di testo ho cominciato a leggere tariffe, manuali e circolari.
La prima stesura di questo mio racconto risale al
lontano 1974 , allora ero un ragazzino con la testa piena di idee strampalate
che studiava Orazio, Socrate e Manzoni, ascoltava musica rock , strimpellava la
chitarra e si sparava qualche canna di straforo. La traccia è rimasta quella ,
ho preferito conservarla , ed è chiaro
che il componimento risente del candore di un adolescente non ancora svezzato
dalla vita.
Lo offro a Voi con i suoi tanti difetti ,disordine formale, uso eccessivo di aggettivi , stile pomposo ed irritante , e quei pochi pregi che spero avrete la bontà d’individuare nello sproloquio di un dilettante.
Ringrazio mia madre che m’ ha portato a Pagliara ad appena due mesi per respirare l’aria pulita della Marsica facendomi così innamorare dei suoi monti . Ringrazio mio padre per quel suo lapidario quanto prezioso consiglio. Ringrazio Dario di Marzio e Don Ezio del Grosso per i numerosi spunti trovati nei loro saggi , indispensabili per chi , troppo giovane per conoscere a fondo la storia e gli aneddoti del suo paese d’adozione, deve spulciare nei racconti dell’infanzia per dare una mano alla fantasia.
A questo punto, doverosamente grato anche a mia moglie che , in occasione delle vacanze
pasquali, mi ha concesso tre giorni di
libera uscita dandomi così modo di
rifugiarmi nella cucina di villetta Fernandella per completare questo mio
lavoro, non mi resta che augurare una
buona lettura a chi avrà la pazienza di sfogliare queste pagine .
lunedì 12 aprile 2004