Gabriele
olo pochi mesi prima la vita m’aveva messo alla prova sferrandomi un colpo durissimo, un’esperienza dolorosa e imprevedibile che preferisco non rivelare a nessuno e cercare di rimuovere del tutto dalla memoria.
Nonostante la fondamentale svolta verificatasi nel mio cammino professionale che, trasformatosi in una sorta di telelavoro svolto tra le pareti domestiche , mi dispensava da eccessivi passivi, continuavo in ogni caso a trovarmi periodicamente in bolletta, così quando la mia fedele compagna mi confidò il suo desiderio di una nuova maternità rimasi da principio fortemente perplesso.
Crescere un figlio all’età giusta piuttosto per diventare nonno, non mi sembrava uno scherzo, ciò nonostante un’ulteriore vigorosa sterzata al consueto tran tran di ogni giorno non posso negare mi stuzzicasse alquanto.
Il mio ubbidiente sottoposto non si fece pregare e in men che non si dica irrorò, al momento giusto, l’ancor feconda e navigata ovaia gonfiando come un palloncino nel giro di un paio di mesi la fiorente gestante.
La prima ecografia mostrò un esserino non più grande di un dito mignolo , per questo motivo al nascituro fu affibbiato dalla madre il vezzoso soprannome di mignolino , con tale nome venne chiamato da tutti noi durante i nove mesi di gestazione.
Ma ora lasciamo trascorrere i nove mesi di gestazione e passiamo ad occuparci d’altro , torneremo dalla dolce mamma in attesa e dalla sua turbolenta creaturina nell’imminenza del parto.
Vi ho raccontato qualche passaggio più indietro del mio difficile rapporto con il Gulliver rimandandovi a più tardi per la drammatica conclusione di quella relazione, ebbene fu proprio nel periodo di quest’ultima gestazione che mi schiantai contro una gigantesca Volvo 240, precisamente il mattino del 23 maggio 2000.
Era più o meno l’ora di pranzo, prima di andare come sempre a prendere Roberto a scuola , la Massimo d’Azeglio di via Asmara, avevo ancora un affare da sbrigare in via Lariana, percorrevo quindi via Nemorense in una splendida giornata di sole quando all’altezza di una curva cieca mi trovai improvvisamente di fronte l’automobile di grossa cilindrata dello sbadato Dott. Miti Gianluca che procedeva in discesa nell’altro senso e , completamente contro mano, invadeva la sede stradale riservata alla circolazione in senso opposto, la mia appunto . Il frontale , violentissimo, fu inevitabile, il ciclomotore perse gli ultimi pezzi , io le ultime possibilità di sopportare decentemente l’umidità della stagione delle grandi pioggie.
Mi rialzai da terra frastornato ma più o meno integro, un dolore lancinante alla spalla , escoriazioni su braccia e ginocchia e collo indolenzito, ancora una volta m’era andata piuttosto bene vista la dinamica del sinistro.
Intorno al luogo dell’incidente si riunì il solito capannello di curiosi e, dopo il rituale scambio di generalità tra me e l’investitore per la denuncia alle assicurazioni, qualcuno mi aiutò a sollevare il motorino . Trascinandolo a braccia – di accendersi non ne voleva più sapere – riuscii faticosamente a riportarlo in garage.
Considerando lo stato interessante della padrona di casa tentai al mio ritorno di tenere nascosto quanto era accaduto, ma le condizioni della giacca a vento stracciata sul petto , il mio incedere claudicante e sofferente e lo sguardo da miracolato sollecitarono la curiosità della mia consorte che , capita al volo la situazione , mi sottopose ad un inesorabile terzo grado. Cercai di imbastire una storiella appena credibile, fantasticando di una mia sfortunata scivolata sulla rampa dell’autorimessa, ma l’astuta detective, atteggiamento inquisitorio ed espressione disincantata , non la bevve neanche per un istante , così, rassegnato, mi decisi a confessarle la verità.
Sembrò insolitamente comprensiva , quasi arrendevole , s’infilò la giacca , prese le chiavi dell’auto e m’ accompagnò ancora una volta al Pronto Soccorso per le cure del caso. Al ritorno a casa però gettò la maschera e fissandomi in volto m’intimò il suo terribile ultimatum : se non volevo perdere lei dovevo abbandonare per sempre le mie pericolose pratiche da centauro .
Per il momento non mi restò che acconsentire , se ne sarebbe parlato – pensai - dopo il parto, regalai quel che restava dell’Aprilia ad un amico in grado di ripararlo e riesumai dal fondo del cassetto della scrivania chiavi e libretto impolverato della nostra seconda macchina.
Sarebbero passati due lunghi anni prima di rimontare su un motorino, prigioniero del traffico sulla mia ingombrante utilitaria rischiai più volte il travaso di bile, poi finalmente Alessandro conseguì la patente, Gabriele ammorbidì il caratteraccio di mia moglie e il tempo scolorì i suoi preoccupanti ricordi, consentendomi di tornare in sella allo Zip che nel frattempo il mio primogenito si era fatto regalare per i fatidici diciott’anni, proprio il mese scorso a distanza di 4 interminabili anni ho finalmente pagato l’ultima rata .
Anche questa volta i quattrini dell’assicurazione – la controparte provò oltretutto, senza successo, a mettermi i bastoni tra le ruote negando ogni responsabilità nel sinistro - mi furono necessari per pagare il consueto pizzo di Stato. Purtroppo da allora nessuno tentò più di farmi fuori e , dovendo raschiare il fondo del barile per versare tasse e contributi, mi vidi costretto a spolpare il mio conto corrente che dapprima entrò in riserva , poi finì per assumere i toni e le sfumature di un rosso profondo.
Le banconote , come vi ho appena rivelato, erano ormai diventate una specie in via d’estinzione nel mio territorio e il portafoglio, pur mantenendone l’odore, ne aveva dimenticato persino l’accattivante aspetto , tuttavia , ispezionando accuratamente le tasche , riuscivo ancora a trovare qualche spicciolo per acquistare il giornale al mattino . Mio padre aveva sempre spulciato Il Tempo, io , nonostante avessi idee politiche antitetiche, ne avevo seguito per abitudine le orme. Era un periodo nel quale mi rodeva particolarmente il culo , le palle giravano a ventola e non mi andava bene niente, così , scorrendo le righe della rubrica dedicata alla posta dei lettori, mi venne un’incontenibile voglia di polemizzare contro tutto e tutti, e , avviato il pentium presi d’assalto la tastiera e cominciai a digitare pistolotti a ripetizione da faxare a chi di dovere. Per oltre due anni , tra il febbraio 2000 e il novembre 2002, il celebre quotidiano romano pubblicò tutte le mie lettere spedite in redazione, più di 40, poi i solerti censori dell’editore cominciarono a dedicarsi al taglio e al cucito se non addirittura a lavorare di cesoia travisando il più delle volte il significato di quanto scrivevo . M’incazzai di brutto e decisi di chiudere lì , riposi i verbi nel cervello, aggettivi e sostantivi nel cuore, spensi l’ IBM e li mandai tutti a fare in culo .
Che volete? A Prodi, chiamato a Bruxelles per guidare la nuova commissione alleata di controllo con il suo vice Amato, era subentrato Berlusconi , e se all’attuale direttore andava bene che me la prendessi con la sinistra non era altrettanto disposto a pubblicare le mie filippiche contro la destra , avrebbe dovuto sputare nel piatto in cui mangiava.
Se desiderate leggere quelle mie sfuriate in punta di penna le troverete pubblicate sul mio sito http// members.xoom.it.virgilio/tiddi, dalla home page andate su enter, aspettate che carichi la seconda pagina poi cliccate su Lettere al Direttore e buon divertimento.
Se venite a trovarmi non
dimenticate di firmare il guest book.
La mia vita e i suoi riti stavano per cambiare proprio mentre il vecchio millennio si accingeva a lasciare il passo al nuovo, facciamo una rapida corsa attraverso il 2000, poi accompagneremo insieme la mia paffuta consorte in sala parto.
La sera di San Silvestro del 1999 il mondo intero riunito nelle piazze, nelle case o nei locali sta per salutare il vecchio secolo e brindare al nuovo ma il sottoscritto, intontito da un febbrone da cavallo senza precedenti , non è certo in grado di partecipare ai festeggiamenti, beve un brodino caldo, prende un’aspirina e si abbandona a tante ninne sante , per celebrare il millennio ci sarà tempo domani sperando che l’influenza tolga l’incomodo.
A gennaio scompare in Tunisia – in Italia l’aveva già fatto qualche anno prima – Bettino Craxi , è l’anno del Giubileo, Roma è un cantiere a cielo aperto , come previsto i lavori non sono finiti in tempo, il Pontefice accoglie a Tor Vergata una marea di giovani con la nostalgia dell’oratorio.
A giugno muore Vittorio Gasman e in pieno agosto i notiziari ci rovinano le vacanze angustiandoci con la tragedia del sommergibile russo Kursk e l’agonia del suo sfortunato equipaggio, ma quel che è peggio , il Milan di Berlusconi dopo aver largamente dominato la prima parte del campionato dilapida in poche giornate il vantaggio acquisito e consegna proprio nell’ultimo turno il tricolore ad un incredula Lazio.
Ci si consola con la Ferrari che dopo ventun’ anni risale finalmente sul tetto del mondo , l’8 ottobre Michael Schumacher vince il mondiale di Formula 1, in America intanto tornano alla vittoria i repubblicani e il 14 dicembre George W. Bush diventa il nuovo presidente degli Usa.
Aldo Giovanni e Giacomo dominano i palinsesti televisivi e le sale di prima visione, Jerry Scotti la fascia preserale d’intrattenimento con Passaparola, I Simpson - singolare cartone animato per adulti - un’ inconsueta prima serata . Prosegue senza intoppi la scalata dei coniugi Costanzo alla vetta dell’auditel, Maurizio resta l’incontrastato sovrano delle ore piccole con l’omonimo talkshow e la sua affezionata corte dei miracoli , Maria s’impadronisce di una fetta della scaletta serale annunciando orgogliosa agli ospiti presenti in sala : C’è posta per te.
Consorti atapirate e fidanzate gelose osservano con preoccupazione la curiosa metamorfosi dei propri partner quando questi , occhi fuori dalle orbite e bava alla bocca , fissano il loro sguardo allupato sulle sinuose movenze della mora Elisabetta Canalis e della bionda Maddalena Corvaglia seguendo a bocca spalancata i loro provocanti stacchetti , il gustoso Tg satirico di Antonio Ricci trainato dalle belle veline fa registrare nuovi ascolti record .
Ma ora possiamo tornare in sala parto come promesso.
A nove mesi dall’inseminazione , superati indenne frequenti episodi di nausea e vomito,la signora Liotta in Tiddi entrò in sala travaglio, questa volta al Policlinico Umberto I°, per dare alla luce il suo terzo gioiello.
Le regole bacchettone dell’ ospedale selezionato per la nascita dei due precedenti eredi non mi avevano consentito l’ingresso in sala di regia , ma stavolta era diverso non potevo assolutamente mancare, avevo prenotato un posto in prima fila.
Nel primo pomeriggio di quel 20 luglio di fine millennio raggiunsi la mia signora già ricoverata da qualche giorno per motivi di carattere prudenziale - il cordone ombelicale si era stretto attorno al tenero collo dell’irrequieto pargolo – nella seconda clinica ostetrica del nosocomio di viale Regina Margherita.
Indossati camice e mascherina verde accostai una sedia al lettino collocato in sala travaglio e attendemmo insieme senza particolari patemi l’arrivo della cicogna certi che ormai conoscesse la strada.
La lancetta più lunga del mio orologio da polso non aveva ancora effettuato un giro completo attorno al quadrante quando le contrazioni si fecero più ravvicinate e dolorose, capimmo che era arrivato il momento.
Traslocammo in sala parto dove in un primo tempo seguii alla lettera le inflessibili disposizioni del personale medico, sedendomi accanto alla protagonista femminile dello show per tenerle amorevolmente la mano e assisterla nella respirazione. In seguito, nell’attesa, trovai anche il modo per proporre ad un’attenta e interessata infermiera ,incuriosita dalla mia professione, un conveniente piano di previdenza integrativa ma ,aspramente interrotto e redarguito dall’ostetrica di turno, dovetti desistere.
Improvvisa sopraggiunse l’ inquietante metamorfosi della mia adorata panzona che corrugò la fronte , contrasse quel suo visetto fino ad un momento prima tanto dolce e delicato in una smorfia di dolore poi, stringendo i denti e prendendomi a parolacce, mi conficcò le unghie nel palmo delle mani . Mi parve di assistere ad una sequenza dell’ Esorcista .
Il piccolo era sulla rampa di lancio, mi consigliarono di alzarmi in piedi per non perdermi lo spettacolo senza però smettere d’incitare Linda Blair con un tifo da stadio.
D’un tratto mi parve di veder spuntare dal buio della tana - taglio modello taxi driver - una sottile peluria, un attimo dopo la testolina fece capolino ma venne subito risucchiata nel buio della caverna. Ripreso fiato riaffiorò,e sottraendosi finalmente a quella implacabile morsa, sgusciò fuori, gelatinosa come un’ anguilla, seguita da tutto il resto.
Le esperte mani della levatrice a quel punto lo agguantarono per le caviglie e le spalle e ,con un agile piroetta, lo liberarono da quel pericoloso nodo scorsoio prontamente reciso e riannodato.
Un attimo dopo Gabriele, livido e tremante , teneramente adagiato sul ventre della rinsavita mamma, gli occhietti socchiusi i pugni stretti, osservava smarrito quello strano mondo esterno di cui aveva tanto sentito parlare chiuso nel suo rassicurante guscio durante quegli interminabili nove mesi di gestazione.
L’annoiato ginecologo parve finalmente scuotersi e ,alzatosi dalla sedia in fondo alla sala dove aveva assistito indolente al parto, s’avvicinò per visitare il cucciolo. Lo sottrasse allo sguardo fiero e intenerito della madre e, seguito passo passo dal padre commosso e ansioso, lo pose sulla bilancia , ascoltò il suo cuoricino e, rifilate un paio di schicchere sotto la pianta di quei morbidi piedini,sollevò lo sguardo e lo riconsegnò con un sorriso rassicurante alla sua assistente.
Ebbi appena il tempo di carezzargli la manina poi tornai dalla mia afflosciata palletta ,le trasmisi il conforto di quel sorriso e la ringraziai con un tenero bacio.
Ancora il 20 luglio, una data ricorrente : trentun ’anni dopo ero tornato, stavolta in sede di regia, a provare le emozioni del primo affascinante spettacolo cui avevo assistito da bambino quando nel mio paesello, incollato al piccolo televisore sistemato accanto al tavolo di cucina, avevo assistito alle mirabolanti imprese di Aquila e del suo equipaggio.
Pochi giorni dopo rientrammo a casa e tenendolo
accostato al petto, una mano a proteggere la testina ,l’altra a cucchiaio sul
culetto,tornai, dopo tanti anni ,ad avvertire la tenerezza di un batuffolo di
ciccia calda che mi si accoccolava addosso come un gomitolo credendo di
ritornare nella pancia della sua mamma.
Rapito ascoltavo quei vagiti da micio che ancora non
sapevano ridere ma avrebbero tanto voluto farlo. Carezzai la sua pelle delicata
e profumata, percepii il suo respiro mentre i suoi occhioni si sollevavano e mi
guardavano fisso ,poi, inebriato da quella sua fragranza di latte e biscotti lo
riposi con cura in carrozzina sfiorando
quelle manine che si agitavano come volessero afferrarmi e abbracciarmi forte
forte .
Padre di nuovo alla bella età di 43 anni, pizzetto
professionale corto e ben curato ma inevitabilmente grigio, due figli ormai grandi e la carretta da
tirare avanti ,tanti problemi, tante pene ma l'infinita gioia, la commozione
indicibile di un bimbo da crescere insieme a mamma e ai fratelloni. Presto la
mia casa sarebbe tornata nuovamente a riempirsi di soldatini e macchinine .
Anche il 2000 stava per tirare le cuoia, taluni
sostengono , probabilmente non a torto
, che solo alla mezzanotte del 31 dicembre di quell’anno poteva dirsi concluso
il secolo, ma a noi questo interessa poco, a svelare l’arcano penseranno i
sofisti dell’ultima ora, non ci
pensate, alzatevi e andate a prendere
un sorso d’acqua, sto per somministrarvi ancora qualche pillola di storia, le
ultime dosi , state tranquilli, la terapia è ormai agli sgoccioli.
Il 2001 è l’anno della mucca pazza, nella Penisola
il primo caso del terribile morbo
viene riscontrato il 13 gennaio a
Brescia , molti rinunceranno alla fettina , altri
preferiranno correre il rischio .
A febbraio
stampa e telegiornali affliggono
gli italiani con gli sviluppi
dell’atroce delitto di Novi Ligure dove
due fidanzatini, Erika e Omar, hanno
deliberatamente ucciso a coltellate la madre
e il fratellino della ragazza, per mesi non si parlerà d’altro. Il 13
maggio si tengono le elezioni per decidere chi sarà il nostro padrone per i
prossimi cinque anni , il Polo trionfa
sull’Ulivo e Silvio Berlusconi smette di frequentare le aule di giustizia per
rientrare a Palazzo Chigi, la claque
di potere applaude ,i calabraghe della sinistra fanno il mea culpa e continuano a litigare tra di
loro cercando nel mazzo una faccia più presentabile e meno sfigata di quella di Fassino . Purtroppo
l’arrogante presidente imprenditore è ancora lì, sarà difficile toglierlo di
mezzo, al suo seguito è tornata in
Italia la V Armata e le speranze di defenestrare il nuovo minculpop sono ormai
ridotte al lumicino.
Il 20 luglio è il primo compleanno di Gabriele, una
piccola torta in una casa in affitto a Ladispoli con mamma, papà, i fratelli e
nonna Livia, un copione che si ripeterà per lui probabilmente fino alla
maggiore età, i suoi piccoli amici in
questo periodo sono in vacanza come tutti , per festeggiare restano solo i
propri noiosi congiunti. Quello stesso giorno non si scende in spiaggia , fuori
c’è un vento indiavolato, tutti davanti alla tivù per la diretta, a Genova è prevista la manifestazione dei no
global contro il G8.
Negli scontri muore un giovane , Carlo Giuliani, un
morticino appena e addio ai sogni di gloria , chi credeva di fare la
rivoluzione senza l’inevitabile tributo di lacrime e sangue ci ripensa e torna
a casa con la coda tra le gambe. Le piazze si svuotano , si chiude la
brevissima stagione della disobbedienza civile mentre i grandi della terra,
seduti gomito a gomito in qualche elegante sala continuano a decidere le sorti
del mondo sorseggiando Coca Cola e
spiluccando patatine.
L’11 settembre tuttavia accade qualcosa d’imprevisto
, si torna alle antiche guerre di religione , gli integralisti islamici di
Osama Bin Laden sferrano lo spettacolare attacco contro le torri gemelle di New
York, oltre 3.000 persone restano sotto le macerie, l’America è colpita al
cuore, e mentre si prepara la nuova Crociata
contro gli infedeli una nuova
sciagura colpisce il nostro Paese ,
allo scalo milanese di Linate due aerei si scontrano sulla pista , 118
passeggeri moriranno tra le fiamme.
La tivù è alla frutta , i guardoni spiano la casa del Grande Fratello per riuscire a seguire il sospirato amplesso tra la
bella Cristina e il selvaggio Taricone , neanche la magistrale interpretazione
di Sergio Castellitto in Padre Pio
riuscirà ad allontanare quegli sguardi arrapati dal buco della serratura.
Ma il 2001 è soprattutto l’anno del terzo scudetto
romanista e questa volta a seguire
passo passo il trionfale cammino dello
squadrone giallorosso fino al fatidico pomeriggio del 17 giugno 2001 ci sarà
anche il sottoscritto grazie alla parabola installata per l’occasione in via
Collalto Sabino 134 e alla squisita
ospitalità di casa Simoncini.
Dopo la prova
incolore dell’ argentino Bianchi, le spettacolari ma improduttive tattiche suicide del taciturno Zeman e il
giudizio del verace Mazzone, nel 2000 è arrivato sulla panchina della Roma Don
Fabio Capello reduce dai trionfi in terra di Spagna .
Il primo anno il friulano ha gettato i semi della
rinascita , ora è tempo di raccoglierne i frutti, intanto dopo Vincenzino Montella è arrivato alla
corte di Franco Sensi anche il prolifico Re Leone , finalmente affrancato dal
rude Cecchi Gori , pronto ad imbracciare la mitraglia per il tripudio del
popolo di fede giallorossa.
Si comincia subito alla grande, all’esordio, il 1° ottobre 2000 , la Roma regola il Bologna
all’Olimpico per 2-0 , apre le marcature
Totti al 47’, poi, dopo un
funambolico batti e ribatti in area rossoblù, l’autorete di Castellini chiude
la partita. Quindici giorni più tardi
si va a Lecce , gli uomini di Capello
inizialmente faticano per chiudere in vantaggio il primo tempo grazie al goal di Batistuta, ma alla ripresa
del gioco rientrano in campo con ben altro piglio e dilagano con un devastante
0-4 , a segno Tommasi, ancora re Leone e il capitano dal dischetto. Altri tre
punti incamerati in casa contro il Vicenza , 3-1, Totti, Montella, Batistuta.
La prima sconfitta arriva alla quarta giornata, al
Meazza l’Inter s’impone per 2-0 , marcatori Hakan Sukur e Recoba, la squadra
capitolina si rifa immediatamente al turno successivo a spese del Brescia di
Carletto Mazzone, vantaggio di Candela e tripletta di Bati, 2-4, il 12 novembre
tocca alla Reggina cadere sotto i colpi di Totti e Montella, 2-1 e la Roma
torna da sola in testa alla classifica.
La successiva trasferta di Verona si mette subito
male, a passare per prima è la squadra scaligera, ma a sistemare le cose ci
pensano Candela, Totti e Batistuta, 1 – 4 . Il 26 novembre Re Leone affronta la
sua ex squadra , l’affonda con una splendida rete dal limite dell’aria ma non
esulta , lo fanno i tifosi della Nord, l’incontro finisce 1-0 ed altri tre
punti finiscono nel paniere.
A Perugia finisce a reti inviolate, il primo pareggio
rallenta la corsa dei giallorossi , ma
ad incrementare il vantaggio sulla seconda nella gara successiva ci pensano ancora Batistuta al 20’ e Totti al 33’
, dopo aver sbagliato un calcio di rigore
, una splendida mina al volo da
sinistra , un goal da manuale del calcio
che gonfia la rete avversaria e
fa esplodere l’Olimpico, vittima designata l’Udinese di De Canio che capitola
per 2-1. Il 17 dicembre arriva il derby d’andata , la cornice di pubblico
lascia senza fiato, a regalare i tre punti alla Magica un autogol di Negro, la
Juventus, seconda, è a sei punti. Proprio i bianconeri scendono a Roma il 22
dicembre,partita nervosa, 0-0, e il
distacco non muta di una virgola, a Bergamo contro l’Atalanta occorre
allungare, se ne occupano Del Vecchio e Tommasi, 0 - 2 , i torinesi pareggiano
, il vantaggio sale ad otto punto. A fermare la capofila tocca all’ultima della
classe, il Bari di Fascetti , il 14 gennaio Totti e compagni non vanno oltre l’ 1 – 1 e solo un tiro
dagli undici metri concesso dall’arbitro e trasformato dal capitano alla
mezzora della ripresa evita una clamorosa sconfitta.
La squadra dopo gli ultimi due pareggi appare in
crisi , la sconfitta è nell’aria e
arriva puntuale sette giorni dopo,
ancora una volta ad opera di una milanese, il Milan vince 3-2 nonostante due
sigilli di capitan Totti. Non ci si perde d’animo, e dopo la vittoria sul campo amico per tre a zero contro il
Napoli, Del vecchio,Totti, Batistuta, la Roma imponendosi al Tardini sul Parma
per 1-2 con doppietta di Batistuta conquista il titolo di campione d’inverno.
Al giro di boa l’undici di Capello torna a vincere in
trasferta, 1 – 2 al Dallara , mette al sicuro il risultato nel primo tempo con
le reti di Bati ed Emerson su penalty concesso dall’arbitro Racalbuto, stringe
i denti dopo il break di Brioschi, infine porta a casa altri tre punti preziosi.
Il 18 febbraio all’Olimpico sbarca il Lecce, mancano Totti e Cafu, a risolvere
il compitino ci pensa l’argentino Samuel nelle inconsueti vesti di goleador, 1
–0 , in attesa della difficile trasferta di Vicenza . E’ il 25 febbraio,
Batistuta è infortunato ma Vincenzino Montello è pronto a sostituirlo , al 25’ l’aeroplanino spicca il volo, al 29’
il brasiliano Emerson raddoppia, 0- 2, la Roma vola.
Arriva il giorno del riscatto, la formazione
capitolina ospita l’Inter di Tardelli che ne ha frenato la corsa imponendogli
il primo stop nel girone d’andata, al 20’ Assuncao pareggia i conti su
punizione dopo il bruciante goal in avvio di Vieri, al 28’ Montella porta in
vantaggio la squadra capitolina che si fa però raggiungere nei minuti di
recupero dal solito Vieri. Solo al 42’ del secondo tempo Vincenzino torna ad
aprire le ali e regala i tre punti alla sua squadra, è la fine di un incubo, 3-
2, giallorossi finora a punteggio pieno nel girone di ritorno.
Il successivo 3-1 , con goal di Assuncao e doppietta
di Vincenzino Montella , contro il Brescia all’Olimpico è una semplice
formalità, a frenare l’invincibile armata di Franco Sensi ancora una piccola, la Reggina di Colomba, 0-0 a Reggio Calabria,
tredici punti in più rispetto al campionato precedente . Dopo un primo tempo da
dimenticare dove va sotto di un goal la Roma regola la pratica Verona nella
ripresa , ancora un 3-1 , dopo la provvidenziale autorete di Apolloni apre le
danze Batistuta, chiude i giochi Montella.
Da + 9 a + 4 in due settimane, prima Chiesa castiga
una Roma distratta e consegna la
vittoria alla Fiorentina per 3-1 , poi il Perugia rischia di vincere
all’Olimpico e solo un’autogoal di Tedesco allo scadere salva i primi della
classe dalla seconda sconfitta di fila fissando il risultato sul 2-2.
Ma la squadra c’è,
lo dimostra il 3-1 inflitto in trasferta all’Udinese con reti di
Montella, Tommasi e Nakata. Torna il
derby, questa volta non si va oltre il 2-2 , alle reti di Batistuta e Del
Vecchio rispondono prima Nedved, poi , nelle briciole di recupero, al 50’
Castroman . Identico risultato la giornata successiva a Torino nell’incontro al
vertice con la Juve, prima Del Piero poi Zidane infilano Antonioli , Nakata
riapre la partita , infine, quando i giochi per la formazione di Ancelotti sembrano
fatti , Montella fissa il punteggio sul 2-2 .
Contro l’Atalanta in casa segna ancora l’aeroplanino,
1- 0 , tre punti d’oro, lo scudetto è a un passo, 67 punti all’attivo dopo 30 gare. La goleada successiva a spese del Bari, 1-4 con reti di Candela,
Batistuta, Cafu e ancora Batistuta avvicinano il sogno, 270 minuti alla fine,
la Lazio è a 5 punti, la Juve a 6. Una Roma cinica e sorniona ospita il Milan
nel posticipo, al goal di Coco nel recupero del primo tempo risponde ancora una
volta l’aeroplanino al 19’ della ripresa, 1-1 . Ancora un pareggio nella
trasferta di Napoli , penultimo impegno di campionato, potrebbe essere la gara scudetto , Amoruso porta in vantaggio i partenopei,
Batistuta acciuffa il pari cinque minuti dopo, Totti fa sognare i tifosi , Pecchia rimanda la festa per gli uomini di
Capello: Roma 72, Juve 70, Lazio 69, ad una giornata dal termine tre squadre
sono ancora in lizza per il titolo.
Al termine di una stagione esaltante i tifosi
giallorossi si preparano a far festa ,
l’ultimo ostacolo è il Parma di Ulivieri ormai appagato dell’approdo in Champions League e praticamente in disarmo dopo la finale di Coppa
Italia persa una settimana prima. All’appuntamento col tricolore mancano però ancora 90 minuti, occorre
grinta e concentrazione.
L’incontro è iniziato da pochi minuti e da Torino
arrivano subito brutte notizie, la Juventus è già passata in vantaggio,sugli
spalti e davanti ai teleschermi ci si adopera alacremente per gli scongiuri di
rito, a tranquillizzare tutti ci pensa capitan Totti che al 19’ insacca
sfruttando al meglio un cross basso di Vincent Candela. Al 39’ l’aeroplanino
raddoppia dopo un’ azione insistita di Gabriel Batistuta sotto porta , la
squadra emiliana scompare dal campo e si accontenta di una modesta parte da
comprimario nell’ultima parte della gara ritoccata al 78’ dal terzo sigillo
giallorosso messo a segno da Re Leone che evita Cannavaro e supera Buffon con
un secco fendente, all’82’ il goal della bandiera del gialloblu Di Vaio non cambia la sostanza , i tifosi
sono già pronti ad irrompere sul
terreno per i festeggiamenti di rito . L’atmosfera è carica di emozione,
all’85’ la marea a bordocampo dilaga in
anticipo sui tempi, l’arbitro Braschi è costretto a sospendere la partita per
dieci minuti, alla ripresa del gioco molti giocatori in campo indossano maglie
piuttosto singolari, poi il fischio finale e l’apoteosi , viene giù il Cupolone
e la Roma dopo un lungo calvario durato la bellezza di diciott’anni è
nuovamente campione d’Italia.
Questa la formazione in campo quello storico
pomeriggio: Antonioli, Zebina (dal 65’ Mangone), Samuel, Zago, Cafu, Tommasi,
Emerson, Candela, Totti, Montella (dall’80’ Nakata), Batistuta (dall’80’) Del
Vecchio.
Più di un milione di persone festeggiano per le vie
della Capitale, un mese più tardi ci si ritroverà al Circo Massimo per il
concerto di Antonello Venditti e l’annunciato strip-tease promesso in caso di
vittoria dalla conturbante Sabrina Ferilli. Gradimento per le note del
cantautore romano , delusione per il casto spogliarello della popolare attrice
che resterà in body e calzamaglia e lascerà milioni di maschietti giallorossi
con la bava alla bocca e la nerchia a mezz’asta.
Il piccolo Gabriele , a poco più di 11 mesi di
vita, avvolto dai colori della Magica sale in passeggino e insieme al padre
raggiante scende in strada per unirsi
ai cori di giubilo dei tifosi che affollano le piazze e i marciapiede
del quartiere africano . La madre
sconcertata allibisce e si arrende all’evidenza : anche l’ultimo pargolo appena partorito appartiene alla
fiera razza dei lupetti giallorossi , le perniciose influenze bianco azzurre
che avrebbero potuto perderlo per sempre -
era nato l’anno dello scudetto laziale
- non ne avevano minimamente fiaccato la fede romanista inoculatagli dal
sottoscritto - all’epoca
perfettamente trombante - al momento
del concepimento. E’ di tutta evidenza
che se la benedetta creatura , oltre
che bionda e incomprensibilmente tanto poco somigliante al padre, fosse venuta pure laziale non avrebbe potuto
certo evitare di sottoporsi al test del d.n.a. più volte minacciato da chi vi
tedia con tutta questa laboriosa sintassi da umanista part time disseminata d’errori d’ortografia.
Chiudiamo la gloriosa parentesi sportiva e torniamo a
percorrere queste ultime righe di word occupandoci del poco che resta.
Pochi mesi prima , era il febbraio del 2001 , anche
zio Enrico aveva deciso di arrendersi
al cancro ai polmoni che lo tormentava ormai da più di un decennio, tornai così
nella villetta di Morena per rendergli l’estremo saluto e respirare nuovamente
quell’ atmosfera calda e familiare di tanti anni prima quando insieme a mamma e
papà andavamo a trovare zia Mimma e in
compagnia dei mie cugini cantavamo a
squarciagola le canzoni di De Andrè .
Tenere in piedi la mia piccola baracca nell’era della
globalizzazione intanto si faceva per me sempre più complicato, la concorrenza
affinava le armi e sferrava poderose spallate contro la porta dell’Agenzia .
Gli squali pronti a divorarmi in un sol boccone erano nel fossato oltre il
ponte levatoio, resistere era tuttavia
indispensabile , non un passo indietro, né la perdita di un solo
assicurato , questo il coraggioso motto della ditta.
Ad assestarmi una nuova energica mazzata provvide tra l’altro proprio quell’anno la Direzione Tecnica Privati Ambito Assunzione Auto di Axa che elaborò tariffe a dir poco demenziali , create ad arte per rosicchiare ampie fette del mio sudato portafoglio.
Come potrei dimenticare il dono arrivato da Milano in occasione del mio quarantaquattresimo compleanno elegantemente rilegato con un grazioso cartoncino rosa ? Me lo consegnò a domicilio la Sda : era la nuova , devastante tabella premi RCAuto , contribuì in maniera determinante ad aggravare la mia gastrite e quella dei miei affezionati assicurati.
Rischiai un travaso di bile, il sangue mi salì agli occhi, respirai a fondo , ingoiai lentamente poi , presa carta , penna e calamaio vomitai addosso via fax ai principali funzionari della Compagnia quanto leggerete tra poco, una mossa tanto coraggiosa quanto pericolosa che , col tempo, avrebbe comunque finito per dare i suoi frutti.
Questo il testo della lettera :
Oggetto: Tariffa Rcauto 6/2001
Riceviamo in punto quanto sopra con allegata la farneticante nuova
tariffa che dovrebbe allietare i nostri giorni dal prossimo giugno.
E’ assolutamente superfluo entrare nel merito dei nuovi premi che non
meritano commenti tanto sono “fuori mercato” , la metafora è, spero, evidente.
Se è intenzione della Compagnia farci chiudere bottega basta parlare
chiaro, pagare il giusto e arrivederci , se invece si tratta di un errore –
come auspicabile - sarebbe bene
controllare prima di far partire la corrispondenza con il rischio di causare
infarti spalmati su tutto il territorio.
Un paio d’esempi : un ciclomotore su Roma passa da £. 635.00
dell’aprile 2001 a £. 2.088.000, un’autovettura di 15 CV in classe d’ingresso,
sempre nella capitale, per un maschio di 24 anni da £. 2.321.000 a £.
6.749.969, somme improponibili da un agente senza indossare un passamontagna.
Cifre assurde per chiunque, figurarsi per chi come noi ha riportato un
s/p nel ramo, nel corso del 2000, del 35%.
Risulta evidente il tentativo di elusione all’obbligo di contrarre e
non intendiamo certo renderci complici di tale reato.
In attesa di un Vs. cortese e immediato riscontro distintamente Vi
salutiamo.
Marco Tiddi
Roma, 5/4/2001
La risposta arrivò puntuale con una risentita e.mail del responsabile che prometteva fuoco e fiamme definendo la posizione da me assunta gravissima . In seguito tuttavia il collerico funzionario , probabilmente consigliato da qualcuno più in alto di lui , preferì rinfoderare gli artigli , far sbollire la rabbia e rivedere il tutto.
Non pretendo certo che un miracolo di tal portata sia stato solo opera mia, ma mi piace credere che quella polemica missiva abbia comunque contribuito al repentino dietrofront dei cosiddetti tecnici. Le tariffe aumentarono lo stesso ma in misura meno esagerata e furono introdotti alcuni correttivi che mi permisero di guardare avanti con un pizzico d’entusiasmo e di ottimismo in più e soprattutto salvare gran parte del parco clienti, un lavoro certosino di ricerca e fidelizzazione portato avanti per anni con pazienza e fatica in coppia con mio padre.
Smisi di pensare alle difficoltà economiche e ai guai di lavoro quando altre preoccupazioni più serie cominciarono a mettere a dura prova fegato e coronarie.
L’ultimo nato , curato dalla mamma e coccolato dal papà e dai fratelli più grandi , cresceva giorno dopo giorno sano e robusto , dava tuttavia da pensare quella sua strana predisposizione a mangiare come un uccellino e cacare come una vacca.
Una dose di 250 gr di latte e biscotti corrispondeva più o meno a mezza tonnellata di merda giornaliera. Ora , per quanto possa ritenersi benedetta o santa quella dei bambini, è naturale che una tale smisurata produzione di escrementi potesse destare un certo allarme negli attoniti genitori.
Al ritorno dalle ferie le scariche cominciarono a farsi più frequenti e la principale occupazione dei familiari divenne ad un certo punto quella di annotarne il numero , controllarne il colore, saggiarne la densità, fiutarne l’odore, l’ingrato compito diventò col tempo, è ovvio, piuttosto disgustoso.
La situazione col tempo , nonostante i preziosi consigli della paziente Dottoressa Covini , anziché migliorare cominciò a precipitare , così , prima che il quotidiano salasso per l’acquisto dei pannolini necessari a tamponare la proliferazione di feci cominciasse a farsi insostenibile e finisse per mandare l‘intera famiglia sul lastrico, alla pediatra , incapace di fermare quella marea di cacca con i comuni farmaci, non restò che proporci due alternative: o mostrare le prodezze del piccolo a Moira Orfei perché potesse trasformare quelle mostruose performance in una fantastica attrazione da circo o ricoverare la strana creatura in ospedale.
Sebbene io insistessi per la prima soluzione che avrebbe potuto dare, se ben gestita, anche un proficuo ritorno in termini economici, la madre preferì accompagnare l’esagerato poppante al reparto pediatrico dell’Umberto I° dove venne curato con una particolare dieta che ci consentì di riportarcelo a casa un paio di settimane più tardi.
Fu dura, soprattutto per mia moglie che non volle sentir ragioni e restò insonne accanto al figlio tutte quelle lunghe notti d’ottobre rifiutando sdegnosamente le mie istintive offerte di darle il cambio , ma anche per me che dovetti continuare a lavorare con la morte nel cuore ed il pensiero fisso rivolto a quella stanzetta d’ospedale dove né giganteschi limoni, né ettolitri di thè sembravano in grado di arrestare l’avanzare del nauseabondo magma.
Il lupetto in quei giorni aveva una gran fame ma non poteva mangiare che un rivoltante pastone d’agnello, così, quando ci avvicinavamo al locale cucina durante l’abituale struscio nel corridoio del reparto , mi indicava le fette biscottate disposte in un cesto accanto alla porta e con due occhioni da cerbiatto m’implorava di rubarne una per lui . Per quanto mi sforzarsi di farlo non ero certo in grado di resistere a quelle tenere suppliche ed eludendo la sorveglianza delle arcigne infermiere indossavo i panni di Arsenio Lupin e cercavo di accontentarlo.
A mio parere quegli illustri clinici non ci capirono granché e a provocare quella montagna di diarrea fu con ogni probabilità uno dei tanti, misteriosi virus contro i quali la medicina è oggi pressoché disarmata , odiosi animaletti con i quali dobbiamo ormai, nostro malgrado, abituarci a convivere.
Anche quella pena comunque ebbe termine e lasciata quella piccola camera a due passi da viale Regina Margherita ce ne tornammo con un’abbondante scorta di pappone e pannolini in viale Libia . Dopo le sospirate dimissioni preferimmo comunque aspettare che il piccolo convalescente si rimettesse completamente prima di farlo rientrare all’asilo nido e decidemmo così di affidarlo per un paio di mesi ad una coscienziosa tata, la florida e premurosa Monica, alla quale Gabriele, teneramente ricambiato, s’affezionò moltissimo.
Il resto è dietro l’angolo. Il 1° gennaio 2002 l’euro entra nei nostri portafogli – anzi nel borsellino acquistato per l’occasione - ci svegliamo dopo i bagordi del 31 e ci rendiamo conto – pochi in verità ne avevano dubitato – che il costo della vita è raddoppiato come per incanto durante la notte di San Silvestro.
Per mandare i nostri bimbi sulle giostre si pretendono 50 centesimi al posto delle vecchie 500 lire necessarie solo il giorno prima , pucciare il cornetto nel cappuccino ci sosta almeno il 50% in più e per acquistare pane e latte è necessario aprire un mutuo .
Il 30 gennaio ancora un omicidio, questa volta in Val d’Aosta , a Cogne, vittima un bambino, Samuele, unica sospettata la madre.
Il 19 marzo, come si fossero svegliati da un lungo sonno, tornano a farsi vivi i terroristi delle Brigate Rosse, a Bologna uccidono un economista, Marco Biagi, evidentemente volano bassi oppure sono manovrati, in Afghanistan intanto è caccia aperta ai talebani.
Ad aprile si teme di possano rivivere gli orrori delle torri gemelle quando a Milano un piccolo aereo si schianta contro il grattacielo Pirelli, ma qui i morti sono soltanto tre e il pilota non è un terrorista, forse un malore, forse un attimo di follia.
L’Italia è al capolinea, dopo tutti i principali colossi dell’economia nostrana alza bandiera bianca anche la Fiat, dai nostri confini settentrionali arrivano i nuovi barbari , portafoglio gonfio e voglia di shopping, da noi si aprono i saldi, si svende tutto al miglior offerente.
Indimenticabile il posticipo del 10 marzo , è la ventiseiesima giornata di campionato, la nona di ritorno , all’Olimpico è di scena il derby capitolino, fin dall’inizio dell’incontro c’è solo la Roma in campo , Vincenzino Montella fa poker annichilendo il povero Nesta al 13’, 29’, 36’ e 63’ , il capitano chiude i giochi al 71’ irridendo gli avversari con un delizioso pallonetto, Stankovich al 54’ salva i cugini dal cappotto ma non dalla figuraccia, Lazio – Roma 1- 5 .
I mondiali di calcio patrocinati in tandem da Corea e Giappone vinti per la quinta volta dai verde oro ci vedono protagonisti solo fino agli ottavi dove incontriamo i padroni di casa della Corea del Sud, poi l’arbitro Moreno e l’eccessiva prudenza del Trap ci dispensano dal proseguire per il resto del torneo . Dopo quello subito nella finale degli europei del 2000 contro la Francia è ancora un golden gol a farci fuori, lo segna al 12’ del secondo tempo supplementare un certo Ahn ma gran parte del merito dell’eliminazione della squadra azzurra va senza dubbio attribuito alla direzione di gara dell’ineffabile arbitro ecuadoregno. Per dovere di cronaca questi i giocatori azzurri scesi in campo nella spedizione asiatica per la vittoria sull’ Ecuador per 1-0, la sconfitta con la Croazia a reti invertite , il pareggio per 1-1 con il Messico ed il definitivo disastro per 2-1 contro la Corea negli ottavi: Buffon, Panucci, Iuliano, Maldini, Coco, Tommasi, Zanetti, Zambrotta, Di Livio, Totti, Del Piero, Gattuso, Vieri, Doni, Nesta , Di Biagio, Materazzi , Cannavaro, Inzaghi.
Ma l’avvenimento sportivo dell’anno si svolge altrove, allo stadio Mirage di Tor di Quinto, si tratta dell’incontro di calcio valido per l’assegnazione del Primo Trofeo Tiddi disputato domenica 22 settembre 2002 , eccovi il commento della partita riportato in prima pagina sul Corriere dello Sport del giorno dopo :
Nella suggestiva cornice dello Stadio Mirage di via del Baiardo si è disputato alle 10,30
antimeridiane di domenica 22 settembre 2002 l’avvincente incontro tra le
selezioni dei Tiddi One e Two , in palio la prestigiosa Coppa Tiddi Football
club 2002.
Spettatori presenti una quindicina, paganti nessuno - in campo tutti - tappeto di gioco in
perfette condizioni, temperatura mite e,nonostante allarmanti previsioni di tempo instabile, un tiepido
sole solo a tratti velato da nubi alte
e stratificate ad illuminare la scena.
In tribuna oltre all’esperto Piero , vittima di un rovinoso incidente
con la sua Ferrari 50 cc - frattura scomposta dell’omero sinistro con
prognosi di 25 gg. s.c. - ancora indisponibili l’eclettico Fabio,
costretto ad un forzato riposo per il riacutizzarsi di una fastidiosa pubalgia
ed il gladiatorio Marco Simoncini,
ancora alle prese con i capricci del menisco recentemente operato.
Inspiegabilmente fuori dal rettangolo di gioco Marco Lupo! Il robusto difensore
ha dato forfait pochi minuti prima del fischio d’inizio.
Arbitro dell’incontro, vista l’indisponibilità a scendere in campo,
l’incorruttibile Piero.
A disposizione dei calciatori flebo, bombole d’ossigeno, bambole
gonfiabili e conturbanti massaggiatrici
asiatiche.
In campo le due formazioni non si sono certo risparmiate tanto che
qualcuno ha ipotizzato un massiccio uso di nandrolone. Saranno le analisi ,
prontamente predisposte dalla magistratura sportiva ed effettuate ,subito dopo
l’incontro, negli spogliatoi dell’impianto dalla paziente équipe sanitaria accorsa sul posto –
comprensibile una certa ritrosia delle sedici lumachine ad uscire dal guscio
dopo quei massacranti 50 minuti di gioco - a chiarire i contorni di questa
oscura vicenda.
La squadra capitanata da Flavio
è scesa in campo con gatto Roberto a guardia dei pali, pendolino
Alessandro, e il dinamico Paolo Papini -
uno dei due
extra-consanguinei presenti sul
terreno- a presidio delle due fasce, il
roccioso Paolo, inamovibile baluardo, al centro della difesa; a centro campo a
smistare il gioco, il generoso capitano , a supporto, in posizione appena più
avanzata, il veloce e intraprendente
Willy; in attacco, devastante
mina vagante nel reparto difensivo avversario , il funambolico Marco, infallibile cecchino o disinvolto
rifinitore pronto ad innescare l’agile e scattante Andrea Simoncini punta avanzata dello schieramento offensivo.
Dall’altra parte del campo , schierata a zona con uno spregiudicato
3-1-4, la formazione avversaria: in
porta, attento e concentrato il capitano ,Saracinesca Furio, esterni di
difesa, ai lati del grintoso Gerardo,
il solido Zonfrilli e l’arcigno Andrea Papini ; in posizione centrale, teso a
disegnare lanci millimetrici per il reparto
offensivo dei fucilieri in maglia chiara, lo sfrontato Fabrizio , a far
da raccordo tra attacco e reparto arretrato
l’attento Valerio, diga insormontabile di centrocampo , sulle corsie
esterne il rapido Andrea e
l’autorevole Chiara, nell’abituale
ruolo d’incontrista arretrato , a finalizzare le azioni d’attacco , saettante e
preciso, l’impertinente Daniele.
Il nove di Furio paga subito un approccio alla gara troppo disinvolto,
ad aprire le marcature Alessandro che dopo una lunga sgroppata sulla fascia
sinistra con un preciso diagonale fulmina l’incolpevole Furio. Fulminea la
replica avversaria ad opera di Andrea Papini che pareggia i conti con un
potente tiro da fuori che il pur bravo Roberto intercetta ma non trattiene.
C’è appena il tempo di collocare il
pallone sul dischetto di centrocampo e Marco pesca Flavio sulla destra ,il
capitano con un preciso cross libera il cognato Paolo che concretizza alla sua
maniera.
Il Paolo che presidia l’altra area, spintosi incredibilmente in avanti,
spreca poco dopo una ghiotta occasione
quando, approfittando di uno svarione della difesa, si trova a tu per tu
con Furio ma spreca con un tiro impreciso.
Un improvviso black-out della difesa in maglia scura consente ai chiari
prima di pareggiare con un maligno
diagonale di Valerio, sul quale il portiere, pur allungandosi verso il palo di
sinistra non può fare nulla, e subito dopo di passare in vantaggio con lo
stesso micidiale attaccante che, ripresa una corta respinta dell’imbambolata
difesa , insacca con un abile colpo sotto alle spalle dell’estremo difensore.
Il primo tempo sembra avviarsi alla fine con il risultato di 3 a 2
quando una rapida incursione sulla destra di Flavio trova libero Marco ,
con un tocco delizioso il poderoso
centrattacco libera il folletto Simoncini che con un tiro angolato sorprende
l’amareggiato Furio ,questa volta colpevolmente fuori posizione.
Alla ripresa del gioco a dar man forte agli scuri, in inferiorità
numerica fin dall’inizio del match , entrano in campo Francesco e Federico,
acclamati gemellini del goal. Secondo
minuto, Flavio prende la mira ma calcia malamente alto dal limite dell’area
dopo un pregevole uno-due con Marco.
Pochi minuti e Daniele ruba palla ad Alessandro sulla linea di fondo,
mette al centro per Andrea Tiddi che si libera dalla marcatura asfissiante di
Paolo e tira fuori dal cilindro un morbido pallonetto che supera ancora una
volta Roberto , 4 a 3 . Ad impinguare il bottino ci pensa poco dopo una potente
bordata di Mario che s’insacca sibilando all’incrocio dei pali.
Chiara si trova a tu per tu con Roberto : il portiere ipnotizza
l’attaccante e devia sul palo la conclusione a colpo sicuro.
La squadra di Flavio si scuote, splendida giocata di Andrea Simoncini
che finta il tiro su Andrea Papini rientra ma viene anticipato da Chiara al
momento del tiro.
A metà della ripresa cross di Alessandro dal fondo , la difesa libera
alla viva il Parroco e Marco alza al volo sulla traversa.
Sembra finita ma a questo punto sale in cattedra il professor Flavio
che con un'ubriacante serpentina riesce
a seminare l’intera retroguardia e, sia pure con la lingua pencolante e gli
occhi fuori dalle orbite , dopo aver saltato anche l’acrobatico goalkeeper ,
inutilmente proteso a chiudergli lo specchio della porta, riesce a piazzare un
preciso rasoterra tra palo e portiere: 5 a 4.
Girata di Daniele su traversone di Fabrizio: debole e centrale ,
Roberto, sicuro, blocca.
Il gioco si fa duro, in campo non si fanno complimenti , Marco sbaglia clamorosamente di testa a
pochi passi dalla porta .Dalla parte opposta Andrea Papini interviene di piatto
destro su corner calciato da Fabrizio:
fuori di poco.
Contropiede fulminante dei giocatori in maglia scura nei minuti di
recupero, Andrea Simoncini , su prezioso assist di Paolo Papini,sfodera un tiro
dei suoi dal limite, Andrea Papini intercetta con il braccio nell’area piccola
e l’attento Piero fischia il giusto penalty.
Si accende una rissa furibonda in campo ma il fischietto milanese,
imperturbabile, non sente ragioni.
La massima punizione - dopo
un’accesa lite tra Flavio e Andrea Simoncini
che non nasconde il suo disappunto verso l’iniqua, a suo dire, decisione
di non fargli battere il rigore
procurato - viene affidata al destro del capitano che si prepara a
battere agli undici metri. Sullo stadio cala un silenzio carico di tensione ma
l’emozione gioca un brutto scherzo al forte centrocampista di Rignano Flaminio
che, dopo una breve rincorsa, esplode
una fucilata indirizzata al sette che s’infrange sulla traversa . Novello Di Biagio, la mano
tra i capelli, inconsolabile il capitano coraggioso cade in ginocchio , a
questo punto interviene
prontamente il direttore di gara che afferra il pallone
dalle mani di un incredulo Fabrizio –
momentaneamente passato a difendere i pali della porta - e lo pone nuovamente
sul dischetto per la sacrosanta ripetizione. Decisione ineccepibile, il portiere muovendosi prima del tiro ha
impedito al giocatore di calciare con la giusta concentrazione.
Un nuovo bolide e questa volta non c’è scampo per l’esordiente portiere
in maglia biancoceleste , inutili le accese e reiterate proteste della panchina
: 5 a 5 e tutti sotto la doccia!
Giusto il pareggio e parenti come prima.
Ed ora cambiamo argomento.
Al luglio 2002 risale l’ultima brutta avventura in auto.
Tornavo insieme ad Alessandro da Ladispoli dopo il solito fine settimana trascorso allo stabilimento Columbia ad impigrire al sole - perduta la casa di via Spoleto avevo abbandonato anche il solito ombrellone al Miami decisamente troppo distante dal nuovo appartamento affittato in viale Italia - erano le 6 del mattino di una giornata piovosa, il cielo era ancora scuro, ad aiutarmi nel difficile cammino solo i catarifrangenti ai bordi della statale Aurelia e le mie lenti a contatto nuove di zecca.
Non volevo trovare traffico, per questo era partito così presto, non avevo considerato che a quell’ora il sole ancora dormiva della grossa. La pioggia sempre più insistente cominciò a martellare sulla carrozzeria , sembrava volesse penetrare le lamiere. L’ oscurità pressoché totale , il temporale e la mia proverbiale miopia m’impedivano di vedere oltre il mio naso . Procedevo a tastoni verso le luci della capitale, mai così lontana , intuendo curve e rettilinei quando all’improvviso i tergicristalli si bloccarono , picchiai più volte sul parabrezza ma non vollero saperne di riprendere il loro monotono ma prezioso lavoro, sudavo freddo, il mio compagno di viaggio era spaventatissimo , il diluvio si fece se possibile ancora più violento e la luce del sole non voleva saperne di affacciarsi al di là dei nuvoloni scuri. Non vedevo assolutamente niente, per non finire fuori strada non mi restò che aprire il finestrino e mettere la testa fuori per controllare dove andassi , il nubifragio mi rigava il viso impedendomi di tenere gli occhi aperti. Con la mano destra tenevo il volante con l’altra fuori dell’abitacolo, munita del pupazzo di stoffa a forma di maialino trovato nel cruscotto , cercavo di portar via le secchiate d’acqua che Domineddio continuava a rovesciare sulla statale Aurelia, i fari a raggiera delle auto che venivano in senso opposto si trasformavano in lame taglienti che ferivano la mia retina prossima al tracollo.
Se non fossi stato un pazzo incosciente mi sarei dovuto fermare al primo distributore ed aspettare che l’ acquazzone cessasse o almeno diminuisse d’intensità, ma la fretta d’arrivare ancora una volta fu cattiva consigliera . Il mio angelo custode , dimenticato tanti anni prima nel cassetto del comodino della stanzetta di piazza Gondar, si ricordò di me e , non so come, m’accompagnò fino all’incrocio con il raccordo anulare, scorsi un sole ancora acerbo fare capolino oltre le nubi , l’orizzonte si fece più chiaro , l’ irruenza del temporale cominciò a scemare e finalmente, quando ero ormai arrivato alle porte della città, raggiunsi un distributore di carburante in fase d’apertura . L’omino controllò il guasto che si rivelò meno grave del previsto : i tergicristalli si erano semplicemente allentati bastò un cacciavite affidato a mani esperte , una robusta avvitata a viti e bulloni e tornarono a danzare allegramente sul parabrezza spazzando via l’acqua e lo spavento, il malcapitato passeggero riprese colore, il conducente tranquillità , filammo via senza altri intoppi verso casa.
Quel giorno diedi un pessimo esempio a mio figlio, per di più fresco di patente, rischiammo seriamente di spiaccicarci contro qualche tir o di finire in un burrone , ma , ringraziando il Padreterno, riuscimmo a tornare a viale Libia tutti d’un pezzo, un bel cappuccino, la fragranza di un cornetto appena sfornato ed eravamo pronti a rimetterci al lavoro io, alla play station lui.
Ed ora eccomi qui intento a setacciare parole che
possano concludere questo fumettone
cosparso di melassa che procede interminabile di capitolo in capitolo nel quale
ho avuto la supponenza di raccontarmi, pigramente seduto al tavolino della
cucina al piano superiore della mia adorata villetta Fernandella, attorno ad essa ruotano in quest’ultimo giorno di
villeggiatura le nostre vite.
Presto si tornerà in città, latitudine nord
41°53’33’,5”, longitudine est 12° 29’ 31” , nel frattempo il piccolo dorme
accanto al solito serraglio di animali di pezza e alla sua mamma stremata da un
altro giorno di vacanza che vacanza non è, Alessandro, ipnotizzato, guida
abilmente sullo schermo il rombo assordante di una bianca coupè tra le curve e
i rettilinei della sua pista di poligoni colorati , Roberto è già uscito alla
ricerca della pregiata selvaggina a due tette del luogo che un tempo cacciava
suo padre.
Oltre la finestra, minacciose, le nuvole stanno
montando nel cielo di fine agosto di questo mio regno incantato, una fitta
nebbia sta per nascondere al mio sguardo i monti di Pianezze, già s’avverte l’odore
di terra bagnata.
Una nuova fitta alla bocca dello stomaco,
probabilmente questa volta non si tratta di magone ma del riacutizzarsi
dell’ulcera appena diagnosticatami . Le squisite fettuccine all’uovo del pranzo
domenicale sono rimaste ferme in ascensore,
bloccate come il traffico sul raccordo anulare nell’ora di punta. Anche
l’ernia iatale dovevo beccarmi!
Il micidiale cocktail di dispiaceri, rospi da
ingoiare, buffi da scontare e rogne da grattare mi è stato fatale, puntuali ed
inesorabili sono arrivati anche per me gli acciacchi di quando ci si fa vecchi
aggravati da un bagaglio doloroso di ricordi che comincia a pesare sul cuore.
Credevo d’essere invulnerabile. Sbagliavo.
E’ inevitabile che cominci ad accusare i tipici
malesseri dell’età di mezzo , sono ormai approdato al giro di boa , non mi dispiacerebbe arrivare a
novant’anni e poter trascorrere allegramente le rimanenti quarantacinque
primavere nella speranza che un imbarazzante obnubilamento non mi guasti la
festa .
Tale augurio resterà, con ogni
probabilità, una pia illusione
visto che la data di scadenza è
chiaramente visibile nel D.n.a degli
esemplari maschi della casata che non hanno mai raggiunto i settanta - il bisnonno Pietro è spippato a 62 , il
figlio Caio alla stessa età , zio William a 67 e papà a 69 -
ciò nonostante non dispero di battere
il record di durata prima di girare a destra e percorrere gli inevitabili
ultimi trenta metri che mi separano
dall’estrema dimora dopo aver varcato a bordo di una station wagon nera l’ingresso
Portonaccio del cimitero
monumentale del Verano.
Un tempo adoravo la malinconia e il freddo pungente
del mattino che odora di brina e vapore
, prediligevo le tonalità sfumate dell’autunno e le piogge torrenziali
dell’inverno, oggi già ad ottobre non vedo l’ora che arrivi la bella stagione e con lei il sole malato di marzo .
Poi aspetto con ansia che si scaldi un
po’ e mi porti il calore tiepido della
primavera e i colori chiassosi dell’estate.
Dopo aver tagliato
la folta barba che mi ha coperto metà del viso per almeno un paio di
decenni, ho rasato anche il pizzetto
ormai ingrigito , con il nuovo look - dicono, bontà loro - sembro più giovane . Missione compiuta! Si
dice che la vita comincia a
cinquant’anni, bhè, il traguardo è ormai a poche lunghezze , cinque anni
passano in fretta.
Ancora un fine
settimana, l’ultimo, poi si torna al lavoro.
Un momento…aspettate…Gabriele s’è svegliato e mi sta chiedendo qualcosa.
”Che c’è ? Che tenti di dirmi ? Che cavolo farfugli? Di-di-di-di!? Ah! Capisco. Ok! Andiamo!”
Abbiate pazienza ma Gabricucciolo – come lo chiama teneramente il primogenito - sente il suono delle campane provenire dalla piazza , devo fare un salto su per mostrargliele , le loro voci squillanti e vigorose arrivano limpide alle nostre orecchie visto che ci troviamo proprio sotto il campanile, è un concerto allegro , gagliardo, supera il rumore del vento e raggiunge i confini del paese, per noi è la solita musica, per il piccolo un’emozionante sinfonia.
Eccomi di ritorno. Ho fatto presto no?
“Leeety! Sì ho quasi finito! Prendilo un attimo! Si’…ok….ti giuro… tra poco me ne occupo io! Ancora cinque minuti , poi spengo il p.c.! Graaazie. ”
Si diventa grandi, da
qualche mese il primogenito , che si è dimostrato un vero buongustaio , ha
portato a casa una splendida biondina, Silvia, ormai è una di noi , se tutto
andrà come mi auguro tra qualche anno sarò nonno, magari di quella femminuccia
che non sono riuscito a regalare a mia moglie, ma è presto per fare progetti.
Chi vivrà vedrà.
Santo Dio quanto ho corso rovistando nelle tasche di questi ultimi anni ! Ora , effettuato il back-up dei ricordi, è necessario resettare la memoria per far spazio ai giorni che verranno e lasciare gli ultimi neuroni a piede libero perché possano ricaricarsi.
Se lo desiderate potremo tornare ad incontrarci tra qualche anno, sempre che la retina a penzoloni me ne dia la possibilità e non preferiate lasciare al tempo il triste incarico di coprire per sempre nelle sue pieghe le nostre persone, le nostre azioni e i nostri ricordi. D’altronde non avete scampo, amo troppo scrivere e continuerò a farlo finché avrò vista negli occhi e inchiostro nella stampante – qualche anno fa avrei detto “nella penna”.
Inevitabilmente in queste mie pagine manca qualcosa, non troverete mai il mio mondo segreto, quello è riserva di caccia esclusiva dei miei pensieri. Parlo di quelle insolite sensazioni, quei segreti inconfessabili , quelle particolari emozioni che ti prendono all’angolo di una via in un pomeriggio di pioggia quando il cielo è imbronciato e pare stia per rovinarti addosso , brevi, indicibili momenti nei quali ritrovi a tratti, quasi per caso, la commozione che credevi d’aver perduto per sempre.
E’ questo il tuo mondo segreto, un guazzabuglio di rimpianti, nostalgie ed occasioni perdute, non lo dividerai mai con nessuno e, solo, ti darà la forza di tirare avanti quando anche le ultime forze sembreranno abbandonarti.
Devo smetterla di sniffare Vinavil .
E’ arrivato il momento dei saluti, mi perdonerà il lettore se a volte, ingigantendo i miei meriti e i difetti degli altri , ho trasfigurato la mia vita nell’epopea di una sorta d’eroe del quotidiano , occorre sempre diffidare dei biografi, figurarsi degli autobiografi.
Troppo poco è stato il tempo che sono riuscito a ritagliare tra un esame e l’altro, un incasso e un foglio cassa, un pannolino e una minestrina per portare a termine questo mio diario, ho spesso seguito sentieri che portavano da tutt’altra parte per condurvi dove volevo io, è comprensibile, ho solo appagato i miei desideri, la prossima volta , se vi va , voi scriverete, io leggerò.
Ed ora, dopo avervi manifestato il dovuto ringraziamento per l’inesauribile pazienza e il coraggio dimostrato nel tenervi a galla in questo mare d’inchiostro e di melassa - il rischio di restare aggrovigliati in estrosità lessicali ,acrobazie sintattiche , subordinate ed incisi era veramente serio - non mi resta che salutarvi , ma prima voglio svelarvi l’arcano, vi chiederete infatti , alla fine di questo lungo viaggio , perché ho bighellonato tanto a lungo seguendo i binari della memoria ?
Semplice , se è vero
infatti – come afferma il divo Claudio
– che la vita è adesso è altrettanto
vero che la felicità è il ricordo di ieri
e l’attesa del domani .
Sono certo perdonerete la trascrizione dell’ingenuo pensierino scaturito dalla penna bic di un adolescente di quarto ginnasio annotato sul diario Vitt di quell’anno trovato nel baule dei ricordi , ma che volete? Non potevo proprio farne a meno di chiudere senza una bella frase ad effetto.
Avete ragione : sono proprio incorreggibile.
La pallina è finita in buca , siamo all’inevitabile game over….
… ancora un momento per favore!
Prima di chiudere queste pagine e riporre il libro sul comodino abbiate ancora un attimo di pazienza, c’è una triste novità.
Alle prime luci dell’alba di oggi , 15 maggio 2003, anche nonna Fernandella, mia madre, la donna che tutti credevamo indistruttibile, si è dovuta arrendere. Proprio in queste ore si è conclusa la sua dolorosa via crucis, un interminabile calvario di logoranti ricoveri e devastanti interventi chirurgici, spesso inutili a volte persino maldestri, lungo nove anni.
Come se non le fossero bastate tante sofferenze e tribolazioni anche l’agonia è stata lunga e penosa, sei giorni, accanto a lei la tenerezza di Aurora, la rabbia di Paolo, la rassegnazione di Piero.
Nelle sue ultime ore di vita l’ ho sentita invocare nomi che credevo avesse ormai dimenticato , l’ho sentita conversare con i suoi cari , quelli che l’hanno preceduta tanti anni prima , forse di ricordi comuni, le parole erano quasi impercettibili , il senso spesso oscuro , eppure chiara e limpida è risuonata una frase che le ho sentito pronunciare quasi sorridendo quando non era già tra noi ma non aveva ancora imboccato il sentiero finale : “…tanto tutti dobbiamo morire…” Con chi stava parlando ? Non lo sapremo mai.
Più volte dalla sedia d’alluminio accostata al letto 55 carezzando quelle sue manone gonfie e tumefatte ho tentato di soffiarle via l’ultimo alito di vita per non vederla più soffrire e darle finalmente la pace che da tanto tempo cercava, niente da fare , si è spenta solo quando , per la prima volta, abbiamo deciso di lasciarla sola .
Un’ insanabile insufficienza renale ha concluso l’iter fatale di quel tumore che nessuno ha saputo diagnosticare con certezza . Mentre combatteva la sua ultima battaglia con la dignità di sempre nessun familiare era presente , eravamo tornati tutti a casa , non era prevista una fine imminente , all’alba solo un’infermiera accortasi del trapasso le ha chiuso gli occhi mettendo fine a quella sofferenza . Ora se n’è andata, avrà incontrato papà , saranno andati a mangiarsi un bel piatto di fettuccine in Paradiso.
Aveva sempre avuto un temperamento irascibile e invecchiando, come spesso accade a chi è dotato di una forte personalità , quel carattere indomito era diventato un caratteraccio , spesso era ostile, a volte divorata dall’astio, non ammetteva mai di avere torto e i suoi giudizi sugli altri erano spesso negativi, sempre comunque perentori.
Ciò nonostante negli ultimi mesi la malattia l’aveva addolcita , sembrava rassegnata, persino il tono della voce s’era intenerito, unici passatempi la lista della spesa per Alina , un po’ di tivù – il minimo indispensabile – e le visite di prammatica , ogni giorno più frettolose, di figli sempre nervosi e indaffarati che spesso preferivano impugnare la cornetta del telefono piuttosto che indossare una t-shirt, un paio di Jeans e calzare le scarpe per attraversare la strada. Non certo il massimo, avrebbe certamente meritato di più, ma quel suo incessante gridare al lupo! al lupo! ci aveva reso difficile discernere tra un capriccio e una reale invocazione d’aiuto , impedendoci così di capire che stavolta era veramente arrivata l’ora. Eppure gli indizi erano numerosi, quel curioso impuntarsi nelle frasi, quello stato di torpore tanto insolito, quella inequivocabile stanchezza di vivere .
Durante le mie ultime visite non parlava più , se era stesa sul letto teneva gli occhi chiusi, senza dormire, sepolta dalle coperte con il cuscinetto tra le ginocchia per sostenere quella gambaccia , se era riuscita a farsi trascinare sulla poltrona fissava il panorama del palazzone di fronte senza curarsi di chi le stava accanto.
Sono stato probabilmente quello che gli ha dato più grattacapi , la pecora nera della famiglia, la nostra lunga convivenza , anche dopo il mio matrimonio, ha probabilmente minato quel vulnerabile rapporto madre - figlio fatto di furiosi battibecchi, silenzi imbarazzanti e rapide riappacificazioni. Mi mancherà. Un giorno qualcuno ha detto che gli uomini si formano sulle ginocchia delle madri, senza quel sostegno , anche se ho passato da un pezzo gli anta , immagino sarà comunque dura.
A piazza Gondar è stata abbassata anche l’ultima serranda rimasta aperta fino ad oggi, dalle stanze non arrivano più le voci note , il grande ingresso è buio, i lunghi corridoi deserti, nella semioscurità filtra una luce irreale, fa caldo, è maggio, il sole , testardo, riesce ad insinuarsi tra le luci della persiana , accarezza il comodino, brilla sullo specchio, rischiara la stanza, rantola sul letto vuoto.
Per ora non c’è altro da dire, il dolore lancinante che mi squarcia il petto è troppo giovane per dilungarmi oltre.
Ciao mamma, salutami papà.