Otto e trenta del mattino,cielo plumbeo gonfio di pioggia.
oscuri presagi in viale Libia.
Arrivo trafelato alla fermata di Piazza Gimma per prenderlo al volo,ma il primo "86"
mi passa sotto il naso,lo raggiungo pochi metri più in là,tentativo di corrompere il
conducente fermo al semaforo,sguardo da animale ferito,tutto inutile,freddo,implacabile,
mi guarda e al verde sfreccia via.
"Aspetterò il prossimo..."sospiro rassegnato.
Attesa 28 minuti,spesa a fissare l'orologio e a passeggiare nervosamente sotto la
pioggia che si è fatta più insistente...poi finalmente appare,s'avvicina pian piano
l'inconfondibile sagoma arancione,si ferma,apre le fauci...decine di utenti inscatolati
o appesi al mostro come salami stagionati.Uno sguardo attonito all'orologio,poi la
decisione fulminea,critica ma inevitabile.Salto su attaccandomi alle terga del malcapitato
di turno appiccicandomi come una mosca alla carta moschicida.Tento un inconsapevole amplesso
mentre le porte nel chiudersi tentano di stritolarmi...un colpo di reni,un ombrello attenta
alla mia verginità,mi divincolo contorcendomi su me stesso,gomitata stile Simeone ad un distinto
impiegato,testata al volto,modello Zidane,ad una sudata massaia,tentativo di violenza carnale
ad un'innocua vecchina curva sulla schiena.
Un pensiero improvviso...il biglietto? L'obliteratrice è lì a pochi passi ma sembra lontana,
inarrivabile. Rotolo sotto l'ascella di un omone,gli effluvi sono asfissianti,ma resisto...
ancora pochi metri...il braccio s'allunga...sfioro le tette di un'avvenente studentessa,
un'occhiata di rimprovero..."per carità,non volevo..."tenta di giustificare il mio sguardo
smarrito.Un varco! Mi raggomitolo chinando il capo...ci sono! Infilo le mani in tasca,
sperando siano le mie,estraggo il biglietto,l'infilo nella macchinetta...niente...tento di
nuovo...ancora niente...una voce greve da sotto coperta: "Nun c'è l'inchiostro!" Dovrei
raggiugere l'autista per avvertirlo...impresa ardua anzi missione impossibile.
Nel frattempo arrivo alla meta,riesco a scendere facendomi largo con le braccia,faccio
scempio di passeggeri percossi e calpestati.
Sono a terra,sconvolto, la giacca sgualcita,cravatta intono al collo,camicia fuori dai
pantaloni saliti sopra le ginocchia.
Mezzi pubblici? No grazie,preferisco vivere.
(Marco Tiddi)
Pubblicata in data 7/11/2000 sul quotidiano "il Tempo"
-Lettere alla Cronaca-